L’Orto Botanico, fin dalla nascita modello di apertura e scambio

Roberto Bottinelli
Roberto Bottinelli
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3 min readApr 14, 2019

Un viaggio in Ateneo

Questo fine settimana sono tornato all’Orto Botanico, per una volta come un normale “turista”, attirato dalla Festa di Primavera, una delle tante manifestazioni organizzate ogni anno, soprattutto da quando è entrato a far parte del sistema museale di Ateneo. Appena entrati si percepisce un’atmosfera fatta di storia, natura, quiete e bellezza in un luogo che appare “sospeso” nel centro di Pavia, come se si nascondesse, giustamente, a chi non ha abbastanza tempo ed emozioni da dedicargli.

L’Orto Botanico mi ha riservato molte sorprese e mi ha permesso di riscoprire informazioni che si erano perse dentro di me. Nacque alla fine del 1700 (1773) come giardino dei “Semplici”. Fu, infatti, dedicato alla coltivazione delle piante medicinali e all’insegnamento di questo argomento presso la facoltà di medicina. Ho riscoperto così che le piante non solo sono state la fonte della maggior parte dei farmaci utilizzati per secoli dalla medicina, ma che ancora oggi il 30% dei farmaci che utilizziamo hanno direttamente o indirettamente origine vegetale. Le piante sono infatti i migliori “chimici organici” del pianeta.

Ho riscoperto che in un’epoca in cui lo scambio culturale può sembrarci limitato e difficile, era vero il contrario. All’atto della sua fondazione, promossa da un plenipotenziario di Maria Teresa d’Austria, l’Orto Botanico beneficiò di importanti contributi dall’Orto Botanico di Padova (1545) e dall’Austria (piantine del giardino di Schönbrunn e del giardino di Vienna). Dal 1777, poi, sotto la direzione di Giovanni Antonio Scopoli stabilì un legame fisso con l’Orto di Padova e Scopoli stesso stabilì corrispondenze con i più grandi botanici europei. Da lì fu un crescendo continuo, un’eredità che è arrivata fino a ora. Così fu per molti altri antichi Istituti dell’Università.

Oggi l’Orto Botanico è parte del Dipartimento di Scienza della Terra e dell’ambiente. Negli edifici annessi insegnano e fanno ricerca su tematiche legate alle scienze naturali molti docenti dell’Ateneo. E’ quindi un luogo antico, aristocratico, quieto, ma vivo, il cui fascino è rimasto intatto anche grazie al lavoro di scienziati, ricercatori, appassionati e di due giardinieri che, con l’aiuto di giovani non strutturati, mantengono in vita più di 2000 specie di piante. Penso ad esempio alla Banca del Germoplasma Vegetale che conserva a lungo termine specie vegetali che per svariati motivi, anche di convenienza economica, sono minacciate e soppiantate da altre specie. Un lavoro che ci ricorda una volta di più come la biodiversità sia in pericolo. Oppure ai 400 tipi di rose presenti nel roseto che vede un mix straordinario di rose antiche e rose moderne, ibride e naturali. E poi peculiarità uniche, come il platano Scopoli che quest’anno compie 241 anni ed è inserito nel catalogo degli alberi monumentali d’Italia.

Infine una sorpresa bella e inaspettata: nella Biblioteca dell’Orto ho potuto ammirare l’esposizione dei libri del ‘700 con disegni originali di vegetali e fiori, pezzi da collezione di valore altissimo, ed infatti non sempre visibili, e di una bellezza rara. Grandi tesori che si “nascondo” nell’Orto Botanico di Pavia. Grandi bellezze che, come gli altri musei di Pavia, non devono rimanere appannaggio di pochi o visibili solo in momenti fortunati.

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Roberto Bottinelli
Roberto Bottinelli

ProRettore alla Ricerca Università degli Studi di Pavia Professor of Physiology Department of Molecular Medicine University of Pavia