Pensiero monogamo, terrore poliamoroso

Paola Legrenzi
RompiBolle
Published in
21 min readMay 4, 2020

di Brigitte Vasallo, studiosa indipendente
pubblicato su Sociological Research Online, maggio 2019

Abstract La monogamia non è una pratica, ma un sistema e un modo di pensare. Il pensiero monogamo si estende dalle nostre relazioni romantiche alle nostre identità nazionali, in uno sviluppo storico collegato al capitalismo e al colonialismo. La monogamia è il più recente passaggio nel sistema binario di sesso e genere e deve essere osservato come parte di esso. Seguendo, tra le altre, le opere di Michel Foucault, Arthur Evans e Silvia Federici, così come quelle di Frantz Fanon e Cedric Robinson sul colonialismo, possiamo osservare come l’attuazione della monogamia obbligatoria ha preso piede e dove. Inoltre, quali sono i punti chiave da osservare quando analizziamo forme di non monogamia nel contesto occidentale.

Illustrazione di Señora Milton, dalla copertina di “Pensamiento monógamo, terror poliamoroso” (2018)

Durante i due decenni scorsi, le mie relazioni sessuali ed emotive sono avvenute all’interno di quella che è nota come non-monogamia, un campo in cui sono attivista, teorica, consulente e chissà cos'altro. E, nonostante tutto questo, e nonostante io abbia dedicato corpo, mente, reti emotive e una grossa parte della mia energia alla questione, ancora mi scontro con ripetute difficoltà nel tentare di mantenere relazioni che siano pluralistiche e sane per tutte le persone coinvolte. E non sono solo io. La stessa cosa accade ad altre persone nei contesti sociali in cui sono coinvolta: angoscia, senso di colpa, gelosia, mancanza di comprensione da parte di quell* che ci circondano…e tutti gli altri possibili orrori psicologici. Non sono io e non siamo noi: è il sistema.

Definire il sistema monogamo

La monogamia è considerata come una pratica relazionale, definita come un patto sessuale-emotivo tra due persone specifiche (di solito un uomo e una donna). Questa pratica può essere analizzata in relazione a sistemi come il patriarcato o il capitalismo, ma la monogamia non è vista come un sistema di per sé. Perciò la maggioranza del lavoro correlato alle non-monogamie si focalizza sulla pratica — siano ricerca accademica, libri di auto-aiuto o incontri tra pari — e su come gestire le difficoltà che sorgono da alcune di queste pratiche. Comunque, allo stesso modo in cui è impossibile scardinare il genere senza sapere cosa sia il genere, non possiamo scardinare la monogamia senza comprenderla in maniera più profonda e, seguendo l’esempio di Monique Wittig e la sua teorizzazione del pensiero eterosessuale (Wittig, 1992), non possiamo scardinare la monogamia senza capire come il “sistema monogamo” — un concetto che ho iniziato ad usare nel 2013 per analizzare politicamente queste questioni oltre le pratiche in sé — opera in ogni altra forma di relazione. La monogamia non è una pratica: è un sistema. È una forma obbligatoria di relazione nel mondo occidentale, fino a quando la coscienza pubblica non ne concepirà un altro. La monogamia è l’unico modo legale, legittimo, etico e autentico di relazionarsi ad un livello sessuale ed emotivo, come è mostrato dalle leggi, dai prodotti commerciali e da tutte le narrazioni personali sull’amore trovato e perso. La monogamia ha la sua polizia, i suoi sistemi giuridici e legali e i suoi meccanismi di propaganda — che operano chiaramente in termini biopolitici (Foucault, 1976) — che possono essere analizzati come modelli di relazioni con meccanismi stabiliti per lo scambio di informazioni e controllo sociale, caratteristiche del sistema stesso. Ciascun* di noi ha un panopticon monogamo scolpito nella nostra idea di amore, che è rinforzato dall’intero ambiente e nasce direttamente dal sistema binario di sesso e genere — una catena di cui costituisce l’anello finale.

È impossibile datare esattamente la fondazione del sistema monogamo in Europa. Ci sono, comunque, momenti nella storia medievale del continente che ci danno indizi su una possibile cronologia del suo sviluppo. Sappiamo che è stato soltanto nel XII secolo, con il Decreto di Graziano, che il cattolicesimo stabilì l’indissolubilità del matrimonio, già concepito come un’unione sessuale ed emotiva tra un uomo e una donna. Perciò, fino ad allora, il matrimonio era stato dissolubile. Sappiamo che in epoca medievale numerosi gruppi cristiani sul continente europeo ed asiatico svilupparono forme di relazioni sessuali ed emotive di gruppo; erano definiti eretici e perseguiti dall’Inquisizione, finché non sono totalmente spariti.
Una risorsa molto interessante su questa questione sono i processi condotti dall’Inquisizione. Nonostante la persecuzione, sappiamo che nel XIX secolo non erano ancora riusciti completamente ad imporre il matrimonio come un’istituzione: fino ad allora, funzionava soltanto tra i ceti più elevati. Jacques Donzelot (1977), nel suo studio sulla nascita degli orfanotrofi in Francia, fa un resoconto degli sforzi statali per imporre il matrimonio tra i ceti popolari, anche nel XIX secolo. Secondo i suoi dati, il tasso di concubinaggio variava a seconda della regione, ma andava da un terzo a metà delle unioni tra la classe operaia e più povera. Un’analisi più approfondita di quanto sia possibile in questo testo mostrerebbe come la monogamia, intesa come una relazione riproduttiva di natura permanente tra un uomo e una donna, abbia guadagnato terreno come l’unica forma possibile di relazione nel corso di lunghi secoli nell’Europa medievale, e come si sia scontrata con molte forme di resistenza, organizzate intorno alle comunità più povere, rurali e religiose — le ultime più tardi etichettate come eretiche, come mostrato da Federici (1998) ed Evans (2016) — fino ad essere finalmente imposta in secoli recenti come l’unico sistema di relazione, sia in Europa che, attraverso processi di colonizzazione e colonialismo, in gran parte del mondo.

Ci riferiamo a secoli turbolenti nel vecchio continente, in cui si unirono diversi fattori: l’accumulazione originaria di capitale, definita da Karl Marx come la condizione fondamentale per il capitalismo; una riconfigurazione delle norme di genere attraverso la caccia alle streghe e la persecuzione di donne europee che non si inserivano nei ruoli famigliari imposti da allora in poi; così come la persecuzione di tutte le forme di sessualità ed espressione di genere che differivano dal sistema eterocentrico che si stava costituendo. Tra le cosiddette sette eretiche perseguitate dall’Inquisizione, c’erano innumerevoli pratiche di sesso tra uomini o tra donne, così come travestitismo rituale etc (Evans, 2016). I primi processi e le condanne per sodomia in Catalogna sono datati precisamente nel XIII secolo. Inoltre, per aggiungere l’ultimo asse intersezionale di questa cronologia, in Catalogna il primo processo fu contro un ebreo (accusato da altr* ebre*) e in Aragona contro un musulmano (Riera, 2014). Questi sono anche i secoli in cui il sistema razzista si fortifica nel nuovo sistema sociale. Fino ad allora, secondo Cedric Robinson (1983):

Schiav* tartar*, grec*, armen*, russ*, bulgar*, turch*, circass*, slav*, cretesi, arab*, african* (mor*) e occasionalmente cinesi (catai) — due terzi de* quali erano femmine — si potevano trovare nelle abitazioni di ricche e ‘perfino relativamente modeste famiglie catalane e italiane’” (p.16).

Ma dal XV secolo in poi, il commercio di persone schiavizzate arrivò in Africa sub-sahariana a definitivo sviluppo dei parametri del razzismo contemporaneo.

Perciò, per capire la monogamia in modo sistemico, è necessario osservare il contesto storico della sua fondazione e la relazione che ha mantenuto e ancora mantiene con gli altri sistemi che vennero impiantati simultaneamente: il capitalismo, il sistema binario di sesso e genere e il razzismo.

Il risultato nel combinare tutti questi elementi è un processo di proto-costruzione capitalista in cui vari elementi erano necessari: un sistema di sesso e genere eterocentrico e monogamo che garantisse la filiazione, in modo da assicurare sia la trasmissione patrimoniale che la patria potestà sollevando così le istituzioni dalla responsabilità di bambin* lasciat* in carico a donne sole senza più forme di sussistenza e supporto, possibile in tempi precedenti all’imposizione di ruoli chiaramente definiti all’interno della famiglia nucleare secondo i quali il maschio mantiene economicamente i membri e la femmina se ne prende cura. Le donne furono rimosse dalle funzioni di guadagno, rinchiuse in casa, convertendole così, secondo l’ipotesi molto interessante di Donzelot (1977), in una forza di polizia a controllo degli uomini che venivano gradualmente convertiti in proletari. Gli stessi bambini che restavano fuori dalla nuova legge imposta dal sistema monogamo — i cosiddetti bastardi — vennero recuperati dallo Stato per la sua missione coloniale e, nel caso della Francia, se erano stati istituzionalizzati in degli orfanotrofi venivano poi spediti alle colonie per entrare negli eserciti coloniali. Questo completa la ruota del sistema, collegandosi all’asse razzista implementato durante gli stessi secoli, fornendo lavoro schiavizzato per i progetti imperialisti europei, necessario per lo sviluppo capitalista e industriale del continente. Il punto interessante dell’analisi, a mio parere, non è tanto sapere quale elemento (capitalismo, norme di genere) fosse quello originale o decisivo, ma piuttosto realizzare che la monogamia forma parte di una struttura sistemica correlata direttamente ai maggiori assi dell’analisi sociale e che questi non possono essere totalmente compresi senza prendere in considerazione la monogamia. E, analogamente, non è possibile capire la monogamia senza comprendere la sua funzione all'interno dell’intera struttura sistemica. Ampliare il punto di vista in questo modo ci aiuta a capire — tornando al cuore delle cose e alle nostre esperienze personali — perché le relazioni multiple non saranno sostenibili a meno che non apriremo delle fratture, per usare un termine di John Holloway (2010), in tutti i sistemi che soggiacciono alle nostre relazioni, a prescindere da quante persone siano coinvolte in esse.

La questione numerica: la monogamia come un costrutto razzista

Secondo l’Oxford English Dictionary (2016), “monogamia” si riferisce alla “pratica di sposare o allo stato di essere sposat* con una persona alla volta”. Seguendo il suo percorso attraverso differenti dizionari di lingue europee, ci porta dall’inglese del XVII secolo al francese al greco classico di “monos”, singolo, e “gamia”, matrimonio. La parola “poligamia”, che sembra definire una forma opposta di relazione sessuale-emotiva o matrimonio, appare prima sia in inglese che in francese. Anch’essa ha origine dalle radici del greco classico, la troviamo in francese nel 1558 e in inglese nel 1590, secondo l’edizione del 2005 del dizionario medico-biologico dell’Università di Salamanca.
I dizionari etimologici in spagnolo fanno riferimento a queste due date, un fatto interessante dato che nella penisola iberica c’era una presenza musulmana da 800 anni e ci si sarebbe aspettati che questa parola fosse necessaria nelle cronache medievali cristiane per descrivere il sistema matrimoniale musulmano. Questo non è il caso, visto che “poligamia” non è un termine che appare nel Corano né è una parola che ha una radice nell’arabo, la lingua del Corano. L’unico riferimento nel testo a questa forma relazionale si trova al verso 3 dell’Ayah 4, facente riferimento a quante mogli un uomo può avere in caso ci siano de* orfan* e all’obbligo di comportarti correttamente con tutte le mogli. Al tempo presente, la parola continua a non essere utilizzata nella lingua araba comune, in cui quella che chiamiamo “poligamia” è detta “matrimoni multipli” — che è, in effetti, ciò che sono: matrimoni multipli e simultanei in cui una persona al centro costruisce intorno a sé diverse relazioni monogame con individui che hanno un collegamento sessuale-emozionale con questo centro, ma non tra loro. Quindi aggiungere persone non cambia la struttura. Che ci sia un termine diverso in base a se la struttura contempli due persone o più persone in gruppi di due, è dovuto alla costruzione razzista ed eurocentrica che ha deciso di definirle in questo modo.
Io considero queste questioni rilevanti, perché ci permettono di datare il momento in cui venne considerato necessario in Europa usare diverse parole per definire diverse relazioni matrimoniali sessuali-emozionali secondo il numero di persone coinvolte, e perché non era necessario prima.

La riapparizione di queste parole nei linguaggi europei ha a che fare con gli incontri coloniali di imperi europei con altre realtà sessuali-emozionali e l’inizio della classificazione di queste forme con l’antropologia, dal XVIII secolo in avanti.
Questa disciplina, segnata da parametri che ora comprendiamo essere razzisti, considerava i sistemi normativi dei ceti europei più elevati come la forma avanzata di relazioni maritali. Friedrich Engels (1884), per esempio, nel suo famoso saggio sulla famiglia, descrive la questione così:

Nel ratto di donne, del resto, affiora già una traccia del passaggio alla monogamia perlomeno nella forma di matrimonio di coppia. Se un giovane ha portato via, mediante ratto, una ragazza con l’aiuto dei suoi amici, essa viene posseduta da tutti costoro uno dopo l’altro, ma alla fine viene considerata moglie dell’organizzatore del ratto. E al contrario, se la donna rapita sfugge all’uomo e viene raccolta da un altro, diventa la moglie di quest’ultimo e il primo ha perduto il suo privilegio.
Accanto e all’interno del matrimonio di gruppo che continua, in linea generale, a sussistere, si formano condizioni di esclusività, unioni di coppia di più o meno lunga durata, e la poliginia, cosicché anche il matrimonio di gruppo sta per morire là fuori e ci si domanda solo se, sotto l’influsso europeo, scomparirà per primo il matrimonio di gruppo o gli aborigeni australiani che lo praticano.

Pensare e analizzare forme di parentela come una linea evolutiva dai matrimoni di gruppo alla monogamia (binaria), considerare il primo come barbarico e il secondo come forma civilizzata, segue alla lettera il modello di razzismo universalista, come spiegato da Michel Wieviorka (2002), in cui differenti forme di vita e organizzazione sociale non hanno spazio, con una singola linea evolutiva in cui il narratore si pone come il paradigma della civilizzazione e interpreta tutte le altre forme esistenti come un precedente (e arcaico) passaggio per raggiungere quel risultato civilizzato. Così, per esempio, pensare alla monogamia in termini numerici e vederla come qualcosa di totalmente differenziato dalle forme poligame è un costrutto razzista e coloniale.
Questo modo di guardare alle relazioni, nonostante sia stato criticato nell’antropologia femminista (Mendez, 2007), non è ancora diventato una questione da trattare per attivist* e ricercator* sul poliamore e altre forme di non monogamia. Questo ci porta a credere che la monogamia sia definita esclusivamente dal numero di persone coinvolte e che spezzarla consista solamente nell’aggiungere soggetti al circolo amoroso e analizzare quali strategie seguire per rendere sostenibile questa nuova molteplicità. Tale semplificazione comporta una sfida aggiuntiva per le comunità poliamorose, perché se consideriamo la monogamia come una forma superiore di relazione, dovuta alla sua definizione numerica, la molteplicità delle relazioni può portare le comunità a finire in relazioni meno evolute che sono troppo simili — per i gusti eurocentrici — alla fortemente criminalizzata poligamia.

In altre parole, dal punto di vista di un’evoluzione progressiva e lineare della parentela, troviamo forme di relazioni multiple sia in periodi precedenti alla monogamia che in periodi successivi ad essa. Nei periodi precedenti viene indicata come poligamia e successivamente è chiamata poliamore. Tutto questo crea il bisogno di abbondante purplewashing, un concetto che ho provato a sviluppare allo scopo di indicare la strumentalizzazione del femminismo per promuovere il razzismo (Vasallo, 2014).
Alcun* supportano l’idea della superiorità etica del poliamore, rinforzando il discorso che è una pratica egualitaria perché sia gli uomini che le donne possono accedervi. Questo discorso non prende in considerazione le componenti biopolitiche della monogamia e confonde disciplina e punizione, per riprendere il riferimento a Foucault, aggirando la questione dei meccanismi sociali della repressione della sessualità delle donne e delle persone queer, delle persone con diversità funzionale e così via, rispetto alla sessualizzazione legittimata di altri soggetti, quali gli uomini eterosessuali cisgender normo-abili.

Le comunità poliamorose occidentali fanno sforzi infiniti per provare che il poliamore è superiore alla monogamia, che è più etico, più egualitario, e così via, mentre allo stesso tempo lo presentano come radicalmente opposto alla poligamia, specialmente la poligamia musulmana. Questo porta a forme di islamofobia poliamorosa, in cui i musulmani sono rappresentati come sessisti e barbari per pratiche molto simili, che mostrano i Bianchi Europei come emotivamente maturi ed egualitari.

Ipotesi e qualità esplicative

Prendiamo esempio da Claude Lévi-Strauss (1956) e dai suoi studi sui Tupikawahih del Brasile centrale. Per questo importante antropologo, non c’era differenza sostanziale tra il fatto che un capo potesse sposare diverse sorelle e che una moglie potesse essere prestata ad altri uomini. Per lui eravamo semplicemente di fronte ad un esempio di poliginia e ad un altro di poligamia. Se spostiamo l’attenzione dalla quantità alla forma della relazione, vediamo che la diversa correlazione di forze tra un esempio e un altro significa che rappresentano sistemi di relazioni completamente differenti. Spostando l’attenzione dalla pratica alla struttura, la definizione di monogamia varia sostanzialmente.
Avendo raggiunto questo punto, devo situare il discorso e le idee e chiarificare da dove sto scrivendo e pensando, e perché. Dico spesso che non sono molto interessata alle verità, ma alle bugie. Con bugie intendo le costruzioni sociali e le tecniche della loro penetrazione. Dalla mia posizione di attivista, non cerco verità assolute e non credo nello scientismo. Quello che mi interessa è ciò che Lynn Margulis (1992) ha chiamato “qualità esplicative”. Sono interessata alle ipotesi che possono fare luce sulla nostra esistenza e che possono servire come strumenti per la trasformazione sociale. Se lo sto dicendo in questo preciso momento del testo è perché, da ora in poi, opererò a partire da un’ipotesi che, a mio parere, ha qualità esplicative. Applicherò una definizione alternativa di monogamia e delle possibilità di “hackerare” il sistema monogamo da una prospettiva e da pratiche che non emergono dal contesto monogamo e che non risultano nel rafforzamento del sistema monogamo. Le forme relazionali che abbiamo visto — siano la poligamia, la poliginia o la monogamia — differiscono nei numeri, ma in cosa si assomigliano? Perché sono queste similitudini che definiranno il sistema monogamo, oltre la questione delle pratiche del contesto.

Guardiamo a tre caratteristiche che possiamo trovare in questi tipi di relazioni. La prima: la gerarchia del nucleo. La seconda: le regole di inclusione ed esclusione da quel nucleo. La terza: il confronto nel binarismo tra appartenenza/esclusione.

La gerarchia del nucleo si riferisce alle coppie, che vengono presentate come la forma superiore all’interno dell’intera scala occidentale di relazioni e come forma ideale di relazione: la coppia e i suoi discendenti, seguiti da parenti di sangue e successivamente amic*. Per esempio, capiamo che essere amic* può essere un passaggio precedente ad essere partner, ma non che essere partner sia un passaggio precedente all’essere amic*, e che essere ex-partner che vanno d’accordo è la forma ideale di relazione a cui ciascuno dovrebbe aspirare. Espressioni come “siamo solo amic*” rinforzano questa idea. Aspiriamo a formare quel nucleo; senza quel nucleo siamo incomplet*; la rottura di quel nucleo è un fallimento. Questo nucleo di coppia è definito dall’obiettivo della riproduzione e da tutto ciò che circonda e garantisce quello stesso obiettivo. Una buona motivazione per rompere un matrimonio è l’impossibilità o il rifiuto di riprodursi, mentre una scusa ben nota per continuare relazioni anche violente è il benessere della prole. Come vediamo in Donzelot, nella Francia del XIX secolo divenne chiaro che l’imposizione statale del matrimonio aveva a che fare con la riduzione dell’onere delle istituzioni per gli orfanotrofi, forzando gli uomini ad assumersi responsabilità per la riproduzione. Il fatto di etichettare figli* nat* fuori dal vincolo del matrimonio come bastard*, così come l’intero sistema di privilegi che circonda i cognomi, i nomi di famiglia e le genealogie familiari, sono chiari segnali di questo. La preponderanza della coppia eterosessuale come modello da seguire e la persecuzione di tutte le forme e pratiche sessuali non riproduttive — con la centralità del fallo e dell’eiaculazione nella coscienza collettiva — così come la persecuzione di tutte le pratiche che non avvengono all’interno del contesto del nucleo amoroso, puntano a loro volta in quella direzione. La filiazione è totalmente collegata alla trasmissione patrimoniale, quando c’è del patrimonio, ma funziona anche come indicazione di classe, così come la monogamia funziona anche come organizzatrice verticale delle popolazioni attraverso le generazioni. Questo nucleo, inoltre, è definito in termini di identità: l’ “essere una coppia” rispetto alla possibilità di “avere una relazione”, così come la combinazione dei cognomi, che etichetta sia le persone che sono parte del nucleo sia la loro prole, quale nuova identità combinata tra loro.

La seconda caratteristica del sistema monogamo in questo senso sono le regole di inclusione ed esclusione da questo nucleo. Trovo interessante analizzare il ruolo tradizionale delle amanti come figure presenti nella coscienza collettiva monogama, come parte del sistema stesso ma secondo le etichette di infedeltà o illegittimità. L’esistenza di un’amante non significa la fine della monogamia, ma piuttosto che la persona coinvolta commette un’offesa contro la relazione legittima, che continua ad essere monogama. Ci sono innumerevoli esempi di questa cultura popolare, con la letteratura su donne infedeli e le punizioni, particolarmente rilevanti, che ricevono. Queste opere agiscono come polizia della monogamia, con una specificità di genere molto spiccata. Madame Bovary o Anna Karenina sono buoni esempi: la donna infedele che paga con la sua vita o con l’ostracismo sociale per aver infranto le regole. Il sistema monogamo genera le difficoltà a diventare parte di un nucleo e i meccanismi che legittimano quel nucleo anche di fronte a possibili rotture. La distinzione tra * figli* “legittim*” e quell* nat* fuori dal nucleo è un buon esempio di quanto detto, con tutte le conseguenze in termini di trasmissione patrimoniale e diritti di filiazione.

Infine, restando sul tema, abbiamo il confronto tra l’appartenenza e l’esclusione, rappresentata dalla minaccia posta da potenziali candidat* volt* a smantellare il nucleo monogamo: l’“altro uomo” o l’“altra donna”, che sono sempre presentati con qualità negative, in contrasto con le qualità positive di quell* che formano il nucleo legittimo. Ci sono innumerevoli esempi di questa immagine nella cultura popolare, che ci aiutano a rinforzarla. Nella musica pop occidentale, il tema dell’amore e del cuore spezzato causato dall’arrivo di una terza persona è sempre gestito in termini di abbandono e scontro, mai intorno a forme di cooperazione tra le persone che sono state ingannate contro la persona che le ha ingannate e ha rotto la norma monogama.

In base a quanto detto, possiamo proporre una definizione di monogamia come un sistema di distribuzione delle relazioni che dà priorità al nucleo di riproduzione e trasmissione contro qualsiasi altra forma di relazione, usando la gerarchia delle identità, il confronto e l’esclusione di quegli elementi considerati esogeni al nucleo privilegiato.

Da suddit* a soldat* della monogamia

Questo modo di relazionarsi l’un l’altr* che il sistema monogamo ci insegna e ci impone si diffonde oltre le relazioni sessuali-emotive, per generare un’intera serie di idee attraverso cui costruiamo tutti i nostri raggruppamenti sociali. È il pensiero monogamo che struttura la nazione, i gruppi di attivismo e i gruppi di tifoseria calcistica.
Sappiamo, attraverso opere quali quella di Ochy Curiel (2013), che la nazione è eterosessuale. Ma la nazione è anche monogama, non solo nelle sue fondamenta, non solo perché le sue leggi beneficiano e legittimano solo un tipo di unione, come Pablo Pérez Navarro (2017) ha mostrato bene, ma perché il modo in cui il senso di appartenenza alla nazione è costruito — sia in termini di nazionalismo che di patriottismo — è un diretto risultato del pensiero monogamo nelle sue tre caratteristiche di base: gerarchia, esclusione e confronto.
È sulla gerarchia e la costruzione della relativa identità che la nazione elabora la mistica delle proprie origini e il determinismo storico che collega un popolo ad un territorio. La costruzione di questa idea di popolo è similmente mitica, con la sua epica e le narrazioni storiche. Non tutti i popoli sono organizzati in questo modo: il popolo rom, per esempio, non reclama alcun territorio. Mentre tutte le nazioni lo fanno: la nazione come costrutto ha bisogno di essere abitata da un gruppo di individui che si considerano un popolo. Il modo in cui l’amore per un Paese viene coltivato ha molto in comune con l’amore romantico, e sarebbe utile analizzare questo aspetto più in profondità. La predestinazione e la trascendenza nella narrazione nazionalista sono reminiscenze delle narrazioni romantiche sulle “anime gemelle” e sull’amore eterno. Anche l’identità nazionale è costruita su un nucleo ritenuto superiore a qualsiasi altro nucleo relazionale: l’amore per la patria è superiore anche all’amore per la famiglia, come viene dimostrato in tempo di guerra. Come afferma Frantz Fanon (1952):

Ci sono strette connessioni tra la struttura della famiglia e la struttura della nazione. La militarizzazione e la centralizzazione dell’autorità in un Paese implicano automaticamente una resurrezione dell’autorità del padre. In Europa e in ogni Paese ritenuto civilizzato o in via di civilizzazione, la famiglia è una miniatura della nazione (p.109).

La famiglia è, in effetti, una copia in miniatura della nazione, soggiogata dalla nazione intera. Questo nucleo nazionale è anche il nucleo riproduttivo di un’identità costituente. La nazione deve trasmettere la sua essenza e le sue forme essenziali, ovvero le espressioni culturali, alle generazioni future, preservandole sia dalla scomparsa che dalla contaminazione, in un esercizio di riproduzione e trasmissione per filiazione. Questo terrore della contaminazione non è un’invenzione del nazionalismo, ma piuttosto un retaggio che risulta da una tecnica di sopravvivenza che chiaramente non è più necessaria in questi termini. Almudena Hernando (2012) spiega:

Il mito costituisce un discorso sulle origini che legittima l’idea che la chiave per la sopravvivenza sia l’assenza di cambiamento, il ricorrere eterno del modo di vivere che la sacra istanza ha trasmesso. È il discorso di legittimazione di tutte quelle società che non hanno un alto livello tecnologico e per cui, quindi, il cambiamento rappresenta un rischio che non sono nella posizione di assumersi. (p.70)

Un caso paradigmatico in Europa è quello della popolazione musulmana europea, il cui processo di estraniamento (il ritorno dell’estraniamento — “stranierizzazione” dei cittadini di un paese sulla base della propria etnia N.d.T.) inevitabilmente porta alla mente il caso Dreyfus, che nella Francia alla fine del XIX secolo segnò il definitivo estraniamento delle popolazioni ebraiche europee, fornendo un chiaro esempio di come le idee nazionaliste che emergevano nell’Europa del XIX secolo hanno usato l’omogeneizzazione culturale della popolazione quale strumento fondativo. L’idea di una sola nazione per un solo popolo e i meccanismi per la trasmissione e protezione dell’essenza nazionale sono basati su una gerarchia razzista (nel vasto senso del concetto di razzismo, con differenti implicazioni), secondo cui la propria nazione è superiore al resto, anche moralmente.

Con questa premessa, qualsiasi contaminazione “straniera” delle componenti nazionali essenziali è considerata una perdita, una svalutazione della nazione. Questa è l’idea di fondo dell’integrazione de* stranier* in Europa, a* quali è chiesto di mostrare una dedizione a senso unico verso i cosiddetti “valori europei”.
Allo stesso modo, il pensiero monogamo applicato alla costruzione nazionale genera indicazioni di inclusione ed esclusione in cui i cognomi hanno una posizione centrale, trascinando la questione della famiglia in quella della nazione e viceversa.
Inoltre, tutto questo è costruito sulla base di un confronto con “l’altro”, in un’opposizione binaria tra noi e loro, in cui gli attributi positivi astratti di “noi” hanno il loro contrario negli attributi astratti negativi e collettivi dell’“altro”.

Infine, per chiudere con un’idea finale che non posso ulteriormente sviluppare in questo spazio, la coppia paradigmatica, che è quella eterosessuale, genera una promessa di dedizione e protezione che non solo si basa sulle disparità di genere necessarie per l’eterosessualità, ma finge di superarle attraverso la magia dell’amore. La nazione opera in un modo simile, quando promette di superare le disparità di razza e classe (e, naturalmente, di genere) all’interno del comune interesse rappresentato dalla nazione. Qui, un dettaglio interessante riguarda la presenza di stranier* nell’esercito spagnolo. Anche se rappresentano il 9% del numero totale dei soldat*, la loro presenza nelle missioni militari più pericolose è al 30% (Marco, 2009), a dimostrazione del fatto che, nonostante la promessa di uguaglianza, lo stato di subalternità operi abbastanza allo scoperto nel contesto della nazione.

Terrore poliamoroso

Indubbiamente, i movimenti poliamorosi occidentali sono causa e conseguenza della nozione di “liquidità” indicata da Bauman (1999), che può essere applicata anche alle relazioni sessuali-emozionali. In ogni caso, al contrario della monogamia seriale, dello scambio di partner (“scambio di moglie”) e altre possibilità, il poliamore e alcune forme di non-monogamia hanno un potenziale politico radicale. Comunque, la domanda che dobbiamo porre a noi stess*, come attivist* e pensator* in merito, è: cosa possiamo fare per rendere l’idea politica del poliamore una vera sfida all’idea di monogamia, intesa come sudditanza e subordinazione? Come possiamo diffondere il terrore poliamoroso?

Ogni persona poliamorosa sa che facciamo paura. La nostra presenza scatena la qualunque, da una fascinazione quasi zoologica ad una strana violenza, come se la nostra mera apparizione in un certo spazio potesse far crollare la calma apparente dei nuclei familiari. “Ehi, con tutto lo sforzo che ci è voluto per sistemarci, ora queste persone se ne vengono fuori dicendo che puoi far sesso con chiunque tu voglia e in qualunque modo tu voglia!” (Qualcosa che, almeno nel mio caso, è lontano dalla mia posizione politica e che, soprattutto, ricorda le forme di poliamore più neoliberali). Provochiamo una sorta di terrore poliamoroso e i nostri discorsi, a meno che non raccontino un poliamore fiabesco per le riviste di gossip, scatenano molte risposte violente.

Anche noi sentiamo il terrore poliamoroso. Il terrore di non essere abbastanza brav* nel poliamore, il terrore di fare sbagli, il terrore del dolore, il terrore della perdita e tutto il panico che il sistema ci ha iniettato e che è, in effetti, molto reale. Non è che siamo spaventat* dal finire da sol*, perché il sistema ci ha fatto il lavaggio del cervello: è che nel mondo occidentale, non avere un partner indubbiamente conduce all’isolamento sociale. In ogni caso, ciò che trovo interessante è l’ingovernabilità de* soldat* non-monogam*.
Di noi non ci può fidare, secondo le forme semplicistiche della fiducia: se il poliamore vede l’amore in modi non-identitari, e se crede che le affinità possano essere multiple e mutualmente articolate, allora la nazione ha un problema con noi. Noi siamo * bastard*: siamo * meticc*, quell* che hanno deciso di esserlo, quell* che hanno deciso di occupare uno spazio senza diventare tali, di abitarlo senza appartenervi (Anzaldua, 1987).

Se i soggetti non-monogami rigettano qualunque confronto identitario, sarà difficile inviarci alle frontiere per fermare la minaccia esterna. Come può costruirsi una nazione in guerra senza soldat* monogam*? A mio parere, non può.

Per tutte queste ragioni, il pensiero politico poliamoroso deve smettere di guardarsi l’ombelico e iniziare a pensare oltre i nostri corpi, andando dal micro al macro, dal personale al politico. Rendere la nostra esperienza dell’amore una prospettiva di cambiamento radicale nel modo in cui ci relazioniamo con e all’interno del mondo. Comprendere la monogamia da una prospettiva decoloniale, rivedere le sfumature della sua definizione tradizionale, considerarla finalmente come un sistema e, soprattutto, come un modo di pensare che attraversa tutte le nostre relazioni e tutti i nostri modi di costruire gruppi e identità. Seminare, per davvero, un terrore poliamoroso che rifiuti di servire l’Impero con i nostri amorevoli corpi.

Per ulteriori analisi sull’argomento: Vasallo B. (2018), Pensamiento monógamo, terror poliamoroso, Madrid: Oveja Roja.

Biografia dell’autrice Brigitte Vasallo è una scrittrice e attivista di lungo corso per le non-monogamie, con una prospettiva femminista e decoloniale. Insegna al Master in Genere e Comunicazione dell’Università Autonoma di Barcellona e al programma “Visibilizzare i razzismi” dell’Università di Girona. È studiosa internazionale sulle non-monogamie, con conferenze di rilievo in Portogallo e Brasile e in tutta la Spagna. I suoi articoli sono stati tradotti in inglese, francese, italiano, arabo e portoghese e i suoi libri sono stati pubblicati in Spagna, Argentina e Italia. È stata consulente internazionale per il progetto “Intimate — Cittadinanza, Cura e Scelta: le micropolitiche dell’intimità in Europa Meridionale” del Centro di Studi Sociali (CES) dell’Università di Coimbra. È anche consigliera e formatrice sull’intersezionalità per molte istituzioni spagnole e ha sviluppato laboratori per il Consiglio Europeo.
In italiano è disponibile il suo primo libro, Pornoburka (il Galeone, 2020) e alcuni altri suoi articoli.

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Paola Legrenzi
RompiBolle

Traduco e faccio fruttare la mia laurea all’università della vita. Transfemminista e vegana, peggio di così.