L’hate speech non è giornalismo
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4 min readJun 23, 2017
a cura di Marco Nurra
- Un report governativo segreto del 2011 contraddice la posizione degli Stati Uniti sui leak di Chelsea Manning. Nei sette anni da quando Wikileaks ha pubblicato il più grande leak di documenti classificati della storia, il governo federale ha sempre sostenuto che quelle rivelazioni hanno causato enormi danni alla sicurezza nazionale. Ma un report segreto di 107 pagine, preparato dal Dipartimento di Difesa nel 2011 e recentemente ottenuto da BuzzFeed News, racconta una storia totalmente diversa: le rivelazioni sono state in gran parte insignificanti e non hanno causato nessun danno reale agli interessi degli USA.
- La copertura mediatica sull’Islam e sui rifugiati contribuisce a creare un’opinione pubblica ostile ai musulmani. In un’analisi dei telegiornali delle tre tv più importanti americane — CBS, Fox e NBC — Meighan Stone, ex presidente di Malala Fund, rivela che tra dal 2015 a oggi non c’è stato un solo mese nel quale le notizie positive sui musulmani abbiano superato come numero quelle negative. La guerra e il terrorismo sono stati l’argomento principale dei servizi trasmessi, con ISIS protagonista nel 75% dei casi. Nei servizi sui musulmani, solo il 3% delle voci ascoltate erano quelle di musulmani, mentre nel 21% dei casi si trattava di dichiarazioni di Trump su di loro. Anche il tono delle storie sui rifugiati è stato ostile nella maggior parte dei casi.
- Il caso Facci sospeso dall’Ordine per un articolo contro i musulmani e la posizione di Mentana (ma anche di altri) in una difesa generica della libertà di espressione. Quello che manca è una forte, trasparente e onesta critica a un giornalismo del genere. Perché quelle “porcate” Facci non le ha dette al bar fra amici, ma le ha scritte su un giornale da giornalista. E questo sì pone una questione enorme sulla qualità e la deontologia. I giornalisti che difendono Facci in queste ore non dovrebbero sottrarsi a una riflessione del genere.
- Le conversazioni online nel Regno Unito rivelano un serio problema di disinformazione. First Draft ha delineato cinque tipi di contenuti problematici: titoli fuorvianti nei media mainstream; esagerazione e disinformazione da parte della stampa radicale; siti radicali e faziosi che attaccano i media mainstream; pagine ufficiali dei partiti politici che distorcono i fatti; false voci che diventano virali prima di poter essere segnalate come false.
- Il direttore del New Yorker parla dell’aumento di notizie false e dei ‘peccati’ dei media tradizionali. David Remnick ha sottolineato che nonostante le nuove piattaforme abbiano esasperato la diffusione di notizie false non sono certo coloro che hanno dato origine a questo problema: “Nessuno dovrebbe romanticizzare i media tradizionali. I peccati, persino quelli dei migliori giornali, sono ben documentati”.
- I giornali italiani perdono lettori. Complessivamente nei primi quattro mesi dell’anno le 59 testate censite da Ads (Accertamenti Diffusione Stampa) hanno venduto un volume complessivo di 299 milioni di copie mentre lo scorso anno erano state 337 milioni, si registra quindi una flessione di circa 38 milioni di copie (-11%).
- Le persone che usano i social media hanno una dieta informativa più diversificata rispetto a quelli che non usano per niente i social media. Contrariamente all’opinione che si è diffusa negli ultimi anni, un report del Reuters Institute mostra che l’uso dei social media è chiaramente associato a una dieta mediatica politicamente diversificata e all’esposizione accidentale a fonti di notizie che le persone diversamente non incontrerebbero.
- Cosa c’è dietro al tracollo dell’edizione americana del Guardian. Pochi anni dopo aver vinto il Pulitzer con la storia di Edward Snowden sul ‘datagate’, il Guardian US ha tagliato i costi e abbandonato i suoi dipendenti.
- L’Economist usa Medium per mostrare ai lettori come lavora la redazione. A dicembre il social media team della rivista ha lanciato Inside The Economist, una pubblicazione su Medium creata per offrire ai lettori un ‘dietro le quinte’ del loro processo di produzione giornalistica: “Se ci concentriamo solo sul traffico, perdiamo per strada la qualità”.
- In Svezia, Blankspot si dedica a coprire storie trascurate dai media mainstream e a promuovere l’alfabetizzazione mediatica. Il giornale apre un gruppo Facebook per ogni storia a cui sta lavorando, per permettere ai lettori di partecipare e contribuire con le loro conoscenze o seguire il lavoro dei giornalisti.
- I pubblicitari investiranno centinaia di milioni in meno negli ads di Google e Facebook quest’anno, per paura che i loro annunci possano apparire associati a contenuti inappropriati come siti estremisti e ‘fake news’.
Il roundup settimanale sul mondo dei media è una rubrica dell’International Journalism Festival, tradotta e pubblicata in italiano da Valigia Blu.