Archi del Complesso della Pilotta, Parma

Parma, scrigno di capolavori. Quattro passi in Galleria Nazionale con Simone Verde

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Samantha De Martin
Published in
5 min readJan 12, 2018

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È una guida d’eccezione a schiudere le sale di questo luminoso scrigno di tesori nel cuore di Parma, dove lo spazio architettonico, scettro del potere ducale dei Farnese, parla agli occhi con la stessa autorevolezza delle tele, dei manoscritti, delle collezioni che, da Leonardo a Guttuso, accompagnano i visitatori in un viaggio straordinario nell’arte e nella storia.

Prima di iniziarci alle bellezze della Galleria Nazionale, uno dei luoghi da visitare nei giorni di Mercanteinfiera, Simone Verde, da appena sei mesi direttore del Complesso della Pilotta, del quale la Galleria fa parte, ha una raccomandazione, che è anche il presupposto della nostra visita: non focalizzare l’attenzione soltanto sui capolavori della Galleria, ma allargare lo sguardo all’intero complesso perché, come spiega Verde, «la Pilotta non è solo la Galleria Nazionale, ma è soprattutto l’architettura dell’edificio, un’opera d’arte già di per sé, voluta dai duchi Farnese, e poi dai Borbone, per accogliere i servizi all’altezza di una corte europea».

Perché la Pilotta è anche il Teatro Farnese — probabilmente l’opera d’arte più impressionante di tutto il complesso, oggetto di una recente opera di pulitura — anche il Museo archeologico — istituito nel 1760 per ospitare il materiale proveniente dagli scavi della città romana di Veleia — ed è la Biblioteca Palatina, con il Fondo parmense, la collezione De Rossi — una raccolta di manoscritti e stampati ebraici tra le più importanti al mondo — o ancora il Fondo palatino, la biblioteca privata dei duchi Borbone, che tra i manoscritti più illustri annovera la Bibbia Atlantica ottoniana o il De Prospectiva Pingendi di Piero della Francesca, quest’ultimo — come ci svela in anteprima Verde — prossimamente al centro di una mostra all’Ermitage di San Pietroburgo.

Galleria Nazionale di Parma

In questo viaggio ideale tra i capolavori della Galleria, dalla Madonna di San Girolamo del Correggio alla celebre Scapigliata di Leonardo, dalla sublime Madonna dell’umiltà di Beato Angelico alla Guarigione del nato cieco di El Greco — uno dei pochissimi dipinti, insieme al Ritratto di Paolo III Farnese di Sebastiano del Piombo a essere rimasto a Parma al tempo del trasferimento della raccolta a Napoli da parte di Carlo di Borbone — prima di ammirare la Venere del neolitico, il direttore ci invita a un rapido sguardo allo scalone monumentale del Complesso — recentemente ripulito, prototipo dello scalone monumentale barocco italiano, dalla caratteristica forma a forbice.

Se il Rinascimento trova in Galleria la sua più alta espressione nello Sposalizio mistico di Santa Caterina e nella Schiava turca del Parmigianino — raffinata icona del manierismo europeo — oltre che nell’Incoronazione della Vergine di Correggio, il Barocco fende lo sguardo con gli strali di Pompeo Batoni e con Teti che affida Achille al centauro Chirone, mentre gli appassionati di Novecento troveranno ne La spiaggia di Renato Guttuso le considerazioni amare sui miti del benessere del secondo dopoguerra. Se si aguzza lo sguardo, nella figura centrale di quest’ultima opera, è possibile intravedere la sagoma di Pablo Picasso, ammiccante, ritratto da Guttuso di profilo, con un corpo abbronzato ed un costume hawaiano, mentre strofina su di sé un telo verde, come fosse appena giunto sulla spiaggia dopo lungo bagno in mare.

Antonio Canova, Ritratto di Maria Luigia d’Asburgo in veste di Concordia, 1811–1814 ca.

Impossibile saltare il Ritratto di Maria Luigia d’Asburgo in veste di Concordia, una delle tappe obbligate del nostro percorso in Galleria, capolavoro di Antonio Canova. Il maestro scelse il tema della concordia per realizzare questa raffinata statua in marmo bianco in ricordo del ruolo della sovrana Maria Luigia come pacificatrice tra Francia e Austria. Una riuscitissima fusione tra l’austera nobiltà classica della figura e l’immediatezza parlante e realistica del ritratto.

Quest’opera ebbe una storia rocambolesca se si pensa che la statua era già pronta nel gennaio del 1814, ma il drammatico crollo dell’impero napoleonico ne impedì il trasporto a Parigi. Solo nel 1817, ormai duchessa di Parma e Piacenza, Maria Luigia riuscì a recuperare la scultura rimasta a Roma nello studio dello scultore, decidendo di sistemarla nella reggia di Colorno, dove rimase fino al 1848, quando il suo erede, l’arciduca Leopoldo d’Asburgo, la donò alla città. Da allora il capolavoro fu sistemato nella nicchia della Galleria che la sovrana stessa aveva fatto allestire nel Palazzo della Pilotta, dove tuttora si può ammirare.

«Varcando la porta del Museo Archeologico — prosegue poi Verde, che invita ad allargare lo sguardo anche agli altri edifici del complesso della Pilotta, uno dei pochi musei al mondo ad aver mantenuto la sua forma originaria — ci si trova di fronte alla Tabula alimentaria, un testo legislativo che espone le norme che presiedono alla produzione del territorio e che offre un interessante spaccato relativo all’organizzazione agricola del territorio nel II secolo d.C».

La passeggiata in compagnia del neo-direttore — a capo della Pilotta da poco più di sei mesi, ma già impegnato in un’ambiziosa rivoluzione all’interno del complesso, tra risanemento degli spazi museali, riallestimenti delle sale attraverso un più efficace sistema di illuminazione e interventi di ripulitura — è molto più di un semplice florilegio di opere, bensì un viaggio vivace e appassionato, nella storia di questo fiore all’occhiello della città di Parma, al centro di un totale rinnovamento.

Galleria Nazionale di Parma, Salone Ovale. Credit: Complesso Monumentale della Pilotta

«Abbiamo degli introiti che crescono — spiega Verde che rivela di aver chiuso l’anno con un incasso pari a 500mila euro -. Stiamo ridefinendo i vari percorsi museali e puntando alla riconnessione tra i vari istituti, soprattutto attraverso gli spazi connettivi, caratterizzati da un notevole significato storico e architettonico ed essenziali per la comprensione della originaria struttura della nostra istituzione». Tra gli interventi in programma si inserisce anche la riapertura della Sala moderna, che si appresta a diventare una delle più belle sale museali italiane. Tra gli spazi adesso finalmente accessibili ai visitatori della Pilotta, anche il cortile del Guazzatoio, quello della Cavallerizza e la Galleria dell’Incoronata della Biblioteca Palatina, dove oggi si può ammirare una sinopia di Correggio».

Insomma, la visita a questo prezioso scrigno nel cuore di Parma diventa un’esperienza “totale”, un viaggio che conduce inevitabilmente all’interno degli altri edifici che compongono un monumentale complesso, accesi da un fermento che, da Parma, punta alla Russia e all’Europa.

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