non c’è più l’america di una volta
“…There are eight million stories in the naked city. This has been one of them.”
Cresciuto a caffe latte e telefilm americani, perlopiù polizieschi : nei miei ricordi il più bello in assoluto è “La città in controluce” in inglese “The naked city” (La città nuda)… forse per quei tempi in Italia la parola “nuda” è troppo spinta….
Quelle strade, i grattacieli, la Statua della Libertà e specialmente le auto americane…così grandi, così potenti, così misteriose… Ogni episodio si conclude con il narratore che intona la frase :“There are eight million stories in the naked city. This has been one of them.” (” Ci sono otto milioni di storie nella città nuda. Questa è una di loro.”)
La prima volta in America arrivo a New Orleans proveniente dal Messico nel mio mitico viaggio americano dal Brasile a New York.
l’America mi sembra subito familiare, qualcosa che appartiene alla mia infanzia e non ha quasi nulla di esotico per me, anche se vedere le macchine americane dal vero, specialmente quelle più vecchie con le loro grandi ali, non so perché …mi emoziono…
New Orleans, mi allontano dal quartiere francese, passeggio, un tipo mi ferma, attacca bottone..dopo i convenevoli . “ma che begli occhi hai….ci potresti fare dei bei soldi”. Non capisco. E dico : “Come, scusi” Lui :”French Job”. Io proprio non ci arrivo e chiedo: “cos’è il French Job ?” Lui, mimando un pompino : “Blow job” e aggiunge :“ Nel mio locale notturno, arrivano da tutta l’America, pagano bene” Sono combattuto. “Ma sono sposato” dico- lui:”porta anche tua moglie”…
Se avessi accettato la mia vita sarebbe cambiata drasticamente…anche perché proprio in quell’anno cominciano ad uscire le notizie sulla nuova peste, l’AIDS…
A New Orleans rimango solo pochi giorni, così prendo un autobus Greyhound diretto a New York, il viaggio dura 32 ore e attraversa moltissimi stati americani, durante il viaggio salgono ad ogni tappa nuovi passeggeri e ne scendono altrettanti, io sono l’unico passeggero che parte da New Orleans e arriva a New York,
I paesaggi cambiano continuamente e anche le persone…
Durante la notte è buio e salgono anche personaggi strani, a fianco a me dall’altro lato del corridoio vicino al finestrino c’è una ragazza giovane ed a un certo punto della notte si siede al suo fianco un grassone che dopo poco inizia a molestarla, allunga le mani e tocca qua e là la ragazza che non sembra reagire energicamente e si limita ad allontanare corrucciata le manacce sudaticce, la cosa prosegue per parecchio tempo.
Mi decido e tocco con un dito la spalla del grassone e gli chiedo di smetterla, lui tergiversa mi chiede cosa voglio, io gli ripeto di smetterla, bofonchia qualche offesa ma dopo qualche minuto cambia di posto, la ragazza mi guarda indifferente.
All’alba arriviamo nel New Jersey e nella foschia mattutina si intravede lo skyline di New York che tante volte ho visto nei film e telefilm americani ma sono emozionato lo stesso…
È fatta, l’ultima tappa del mio viaggio è arrivata, a New York rimango due mesi prendo in affitto un piccolissimo appartamento a Soho nel quartiere artistico alla moda in Thompson Street.
Un amico mio venezuelano mi fa queste domande :
Come si chiama qualcuno dal Canada? — Canadese.
Come si chiama qualcuno da Cile? — Cileno.
Come si chiama qualcuno dal Messico? Messicano.
Come si chiama qualcuno dal Brasile? Brasiliano.
Come si chiama qualcuno dal Nicaragua? Nicaraguense.
Come si chiama qualcuno dagli Stati Uniti? Americano.
E aggiunge :“Dall’ Argentina e Cile al Canada siamo tutti americani. Si prega di smettere di chiamare le persone nate in USA americani. Si insulta il resto.”
“Perché” mi domanda. Io rispondo : “Imperialismo culturale”
“Il solito sporco comunista” fa lui, sorridendo…
Da che mondo è mondo è sempre successo così : durante l’Impero Romano lingua e cultura comuni sono romane. Al tempo dell’Unione sovietica nell’Europa orientale la lingua condivisa è il russo e così via. Ora va la cultura americana… Niente di cui scandalizzarsi….
Alla fine dei due mesi a New York prendo un aereo e volo a Caracas, Venezuela a lavorare nello studio fotografico di un amico…
Ora in America non ci sono più le macchine americane…Le automobili sono le stesse che da noi…Così adesso voglio rendere omaggio all’ America che non c’è più :