Scaramuccia l’Ammazzafeccia 1.11

Elio Marpa
Scaramuccia, l’ammazzafeccia
3 min readSep 16, 2020

00.00 e ancora non aveva scritta una sola parola.

Non gli era mai piaciuto l’esercizio del potere fine a se stesso. Nemmeno quando era di pattuglia e i suoi colleghi si accanivano per noia sul primo sbandato che aveva abbastanza palle per rispondere a tono ai loro piccoli abusi. Un bravo sbirro sa usare la paura e la soggezione a proprio vantaggio, ma se l’unico vantaggio è affermare la propria posizione allora è uno spreco di risorse, oltre che un azzardo. Pestare gli scoppiati solo perché non rispondono al modello di accettabilità dell’agente medio, tra l’altro spesso molto vago e quasi mai incarnato dall’agente stesso, aveva reso gli interventi sempre più difficili nel tempo: per paura di essere brutalizzati senza motivo, i ragazzi avevano cominciato a reagire violentemente pur di non essere fermati, finché molti consumatori di sostanze non erano finiti per procurarsi qualche arma di difesa, magari una di quelle pistole a colpo singolo che puoi stamparti in 3d.

Allo stesso modo, Carrisi non riusciva a darsi una spiegazione logica del tono punitivo con cui quella mezzasega del questore, Da nu ego na Khuy, gli aveva ordinato un rapporto dettagliato per il mattino seguente. Per via della notorietà della vittima l’aveva già convocato di persona per concordare la conferenza stampa, che cazzo di motivo c’era di tenerlo sveglio a scrivere quello che poi gli avrebbe comunque ripetuto a voce? Per la soluzione del caso non era più importante che fosse ben riposato e attivo? Senza contare che era tutto il giorno che i colleghi di Festa piangevano a reti unificate. Tutto quello che era evidente era già stato raccontato: grazie a questa morte bizzarra, Glauco si era garantito un coccodrillo speciale, che sarebbe andato avanti, poteva scommetterci, per giorni e giorni, e sarebbe stato sempre a un passo dal mordere le sue chiappe di sbirro. Chiunque tu sia, caro mattoinculo dell’estate, ti metterò in conto anche questa, sentenziò Carrisi aprendosi una RedBull. Ne ingollò metà lattina, batté il pacchetto sul tavolo, accese una sigaretta e rilanciò il file delle deposizioni saltando al minuto che gli interessava.

Eccola, la famosa Liliana Vallese, in lacrime:

- Ero appena uscita dal bar quando sento il primo scoppio, mi sono affrettata per raggiungere il nostro ombrellone… se ci avessi messo solo qualche secondo di meno…

- Signora ha visto cosa ha provocato la deflagrazione?

- L’ho visto aprirsi come… come una tavoletta di cioccolato… avevo la sua pelle addosso…

- Signora mi rendo conto che sia stata un’esperienza dolorosa e scioccante, ma se potesse fornirci qualsiasi elemento utile a…

- L’ho visto aprirsi come…

Der’mo. Come cazzo aveva fatto? La prima esplosione era stata certamente un diversivo, ma per cosa? Per piazzare la seconda bomba? Senza che nessuno se ne accorgesse? Cosa gli scrivo a quel coglione del questore adesso? Servirebbero i filmati acquisiti, gli esiti delle analisi tecniche e l’autopsia per farsi un’idea che non sia una congettura. Carrisi mise in pausa la giornalista e le sue tette troppo grandi in un’espressione vagamente pornografica: vista in fermo immagine sembrava proprio una di quelle attempate dive hard, un arlecchino di silicone, carne gonfia e miseria umana intorno ad una larga bocca aperta. Vagamente disgustato, si decise per un giro sui principali portali d’informazione, si fece un’idea delle illazioni più popolari e cominciò a scrivere il rapporto:

Sulla base delle rilevazioni preliminari si può ipotizzare che …

Originally published at http://eliomarpa.wordpress.com on September 16, 2020.

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