C’è luce nel bosco

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
Published in
5 min readFeb 20, 2020

Il teatro come luogo di ricerca, interrogativi e confronto. Intervista a Carlotta Corradi, autrice di uno spettacolo che ancora non c’è.

Foto di Tommaso Salamina

La domanda da cui parte questa edizione di Scripta Manent è talmente generica da poter risultare banale: Quale cultura per il pubblico? Per evitare generalizzazione e banalizzazione non resta che scendere in profondità, cercando esempi precisi di come scrittori, drammaturghi, artisti e autori comunichino con il pubblico, sempre che desiderino farlo. Recentemente, in occasione di uno degli appuntamenti della rassegna Wordbox, è andato in scena un percorso di avvicinamento alla messa in scena di “Nel bosco”, spettacolo diretto da Andrea Collavino, ispirato allo scandalo delle “baby squillo” della “Roma bene”. Due ragazze minorenni di quindici e sedici anni coinvolte da un gruppo di adulti in un giro di prostituzione minorile.
Un testo che parte dal fatto di cronaca per raccontarci qualcosa d’altro, finendo per spingerci a ragionare non solo su cosa significhi essere “giovani” oggi, ma anche su temi che riguardano tutti: dal conformismo al femminismo, dall’erotismo al consumismo. Per questo abbiamo intervistato l’autrice di “Nel bosco”, Carlotta Corradi.
Perchè il racconto della formazione di questo testo ci aiuta a comprendere come ci si possa rapportare al pubblico senza facili concessioni e senza troppi condizionamenti.
Perchè “Nel bosco”, pur prendendo spunto dall’attualità, ha tutte le caratteristiche per poter diventare un “classico”, innanzitutto perchè riesce a farci addentrare nella “vaga bruma delle cose vive”. Ci riesce grazie ad una serie di qualità piuttosto rare nel teatro di oggi. Le troverete (quasi) tutte nelle risposte che seguono, ma occorre leggere con attenzione.

Perché hai deciso di occuparti della vicenda delle baby squillo del Parioli?
“Di solito quando scrivo un testo lo faccio per indagare qualcosa che non capisco o che mi spaventa. Letti i primi articoli di cronaca sono rimasta colpita dalla vicinanza (Carlotta Corradi vive a Roma ndr) e dalla domanda: a me sarebbe mai potuto capitare? Avevo già trattato il tema della prostituzione in passato. In particolare mi sono sempre concentrata sulla disgiunzione tra corpo e testa, cosa che io stessa cerco sempre di combattere. Questo caso ha attirato la mia attenzione anche perché non si trattava di schiavitù sessuale e non c’era una grande necessità economica a spingere le ragazze. C’è una importante componente di libertà”.

Nel bosco” ha due protagoniste, una sembra avere un atteggiamento più semplice da comprendere, lo fa per avere l’ultimo gadget alla moda, borsette scarpe etc, l’altra Manu, sembra, invece, vittima di un eccesso di conformismo…
“È vero, Chiara è più simile alla realtà ma dietro a quest’apparenza c’è un profondo malessere. Manu invece potrei definirlo un prodotto teatrale. È una versione edulcorata della realtà, un po’ mi piacerebbe che fosse così… La sua sembra essere una scelta forte seppur folle, per cui fatta questa scelta la porta alla estreme conseguenze. È spaventoso, ma non mi va di pensare a quel personaggio solo come a una vittima. Ha scelto esplicitamente un percorso di crescita non convenzionale, ma che credo vada indagato e raccontato”.

Il fatto di essere adolescenti complica le cose?
“È un fattore di interesse. Io mi sento empatica con quel periodo della vita. So che è un passaggio difficile, per questo mi chiedo se sarebbe potuto succedere a me o a chi mi stava vicino. Se mi è concessa un’esagerazione, ti puoi far comprare da un complimento. Si passa dalla timidezza assoluta fondata su un fortissimo sentimento di inadeguatezza, all’essere al centro degli sguardi dei ragazzi e degli uomini. È un passaggio complicato e delicato”.

Alla protagonista della cronaca hai quindi aggiunto i tuoi ricordi, il tuo vissuto e la tua sensibilità?
“Direi di sì, ho tratto ispirazione dalla mia adolescenza e ho associato personaggi a persone reali per renderli tridimensionali. Non mi interessano le figurine bidimensionali”.

Credo valga anche per i romanzieri, ma nel tuo caso c’è di più, perché a teatro il pubblico te lo ritrovi di fronte.
“Per scrivere bene, non solo i romanzi, occorre vivere molto e soprattutto non bisogna tirarsi indietro di fronte alle sfide della vita. Soffrire è formativo e penso che dare un senso alla sofferenza come ad altri aspetti della vita di ognuno sia uno degli scopi dell’arte”.

E il confronto con il pubblico? Scusa, ma come avrei capito, è un po’ l’ossessione di Scripta Manent…
“Il confronto aiuta in generale e la messa in scena in particolare. Molte cose del testo le ho comprese solo in fase di prove, a Roma e a Bolzano. È stato poi molto interessante il confronto scaturito dopo una mise en espace realizzata a Londra. Lì esiste un sistema teatrale che sostiene i drammaturghi nel loro percorso di crescita. È dato per scontato che il testo non sia perfetto all’inizio, ma l’autore viene aiutato a portarlo avanti dall’intera struttura, da registi, attori e operatori. Per quel che riguarda il confronto col pubblico, se non ti interessa la sua reazione non fai teatro, allora tanto vale limitarsi a scrivere. Quando vedo spettacoli troppo cerebrali sono quasi invidiosa, perché anche io vorrei quella libertà di sfogarmi e basta, dimenticandomi di chi assiste, mi ascolta o legge. Poi penso che la destinazione naturale degli sfoghi personali sia il diario, non il teatro”.

Chiudo con domanda difficile. Perché fai teatro?
“Perché amo il teatro. Quando scrivo sicuramente non voglio insegnare niente a nessuno, non ho le risposte alle mie domande. Infatti mi piace mettere in scena punti di vista che non sono i miei, per provare a comprenderli. Il testo di Nel bosco è partito da questa volontà di capire e ho cercato di farlo con la massima onestà. Più un testo è onesto e autentico e maggiormente funziona, perché emergono sfaccettature e contraddizioni. Non amo colpi o frasi a effetto per impressionare il pubblico. Poi credo che occorra provare a rivolgersi a tutti. Personalmente mi rifaccio a un senso della polis greca che si riuniva per assistere a uno spettacolo che chiama in campo tutti. Sono partita da un fatto di cronaca per raccontare relazioni umane che sono universali”

Ogni opera è una investigazione portata a buon fine.
(Eugène Ionesco)

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.