“Il pubblico non è il mio cliente”

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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4 min readMay 1, 2019

Antonio Viganò, direttore artistico del Teatro la Ribalta, invita a non coccolare il pubblico: “Dobbiamo inquietare, non consolare”

Foto Vasco Dell’oro

Per Antonio Viganò, direttore artistico del Teatro La Ribalta, è un buon momento. Le sue produzioni ricevono premi e vengono ospitate in diversi teatri italiani e europei. Questo, però, non lo ha spinto a cambiare atteggiamento: continua a rivendicare un teatro che non insegua i gusti degli spettatori. Tanto che, ancor prima di iniziare con le domande, chiede di potere fare una premessa fondamentale: “Il pubblico (i pubblici), gli spettatori, quelli che invito a vedere i miei spettacoli, non sono i miei clienti. Se fossero tale dovrei obbligatoriamente soddisfare le loro esigenze, le loro voglie e le loro aspettative. Come per qualsiasi merce c’è una domanda che genera l’offerta. E’ una regola economica precisa. Un vero programmatore culturale deve lavorare su altre logiche: non è il gusto del pubblico a determinare stile e contenuti della sua proposta, ma è la visione che vuole mettere in gioco a determinare le scelte. Questo non significa non avere rispetto del pubblico, al contrario, è un modo diverso di porsi rispetto agli spettatori. L’obiettivo non è compiacere il pubblico, ma provare a stimolare nuovi orizzonti e altri punti di vista. Chiamo i miei spettatori a venire a teatro per incontrare lo sconosciuto, per lasciarsi sorprendere, spiazzare per incontrare qualcosa che non trovano in televisione o in un altro luogo. Quel teatro è unico e possibile solo lì. Spero ,in questo modo, che l’incontro con il teatro sia in grado attivare, nello spettatore, una coscienza critica, il gusto per la bellezza, lo stupore del mistero e spero che quel teatro non consoli ma inquieti. Qualcuno può pensare che questo teatro sia noioso, pesante, autoreferenziale, per pochi. Ma non è vero: quando è fatto a regola d’arte, il suo linguaggio è leggero e godibile, divertente, senza per questo essere frivolo. Ripeto, la dimensione del pubblico non può essere il solo e unico metro di giudizio di una qualunque espressione artistica. La storia dell’arte, del teatro e del cinema lo dimostrano”.

Ma il teatro non sopravvive senza pubblico. Come si crea un pubblico che ami la sorpresa e l’inquietudine?
“Credo che il finanziamento pubblico al sistema teatro debba esistere proprio per questo: da una parte per liberare gli artisti dalla logica del commercio, dall’obbligo della logica della domanda e dell’offerta, e dall’altra permettere a tutti, ricchi o poveri, di partecipare alla vita culturale di un paese. Ma mi piacerebbe ragionare anche su un altro dato evidente. Per anni ci è stato detto che la cultura avrebbe evitato certe brutture della politica, avrebbe educato gli spettatori fatto crescere il benessere: bene i numeri ci dicono che il pubblico è in crescita, le attività si moltiplicano, i sipari si alzano anche 4 volte al giorno ma non mi sembra che questo abbia evitato la crescita di un certo imbarbarimento culturale, di nuove forme di chiusura e razzismo”.

Ma è possibile individuare un criterio di valutazione del lavoro culturale? L’artista si autodefinisce tale e non resta che accettarlo?
“Ovviamente credo che, innanzitutto, vadano valutate serietà e professionalità dell’offerta culturale e da questo punto di vista svolgono un ruolo fondamentale i critici che, purtroppo, trovano sempre meno spazi. C’è una crisi di credibilità del mestiere del critico. . I “ social” hanno cambiato profondamente questo mestiere dove tutti possono permettersi di inventarsi critici ed esperti. Ogni opinione è lecita al di là della sua preparazione, capacità, competenza professionalità o etica. Troppo spesso si recensisce solo positivamente o solo quando uno spettacolo piace evitando recensioni negative”.

L’Alto Adige non è diverso?
“Viviamo in un mondo privilegiato con un’offerta culturale straordinaria . A volte anche eccessiva , disordinata che meriterebbe una qualche forma di coordinamento. Essendo un territorio piccolo, dove ci si conosce tutti , che spesso e volentieri guarda solo il proprio ombelico, si ha l’impressione di un mondo chiuso, dove ognuno cerca la propria casa, la propria dimensione, la propria visibilità, la propria fetta di contributo e poi si chiude a difenderlo. Noi compresi. Scambi e contaminazioni sono difficili” .

E’ un problema generale, forse possiamo partire dal particolare. Che tipo di pubblico hanno gli spettacoli prodotti e proposti dal Teatro La Ribalta?
“Il pubblico che viene a vedere le nostre creazioni è numerosissimo e in crescita, a Bolzano e in provincia. La Ribalta è un soggetto culturale misto con attori e attrici sia di lingua italiana che di lingua tedesca e abbiamo un pubblico misto. Il pubblico della rassegna Corpi Eretici è diverso: ci sono una parte di spettatori fidelizzati e una parte che si rinnova di volta in volta. Abbiamo lavorato per tanti anni per dare una vocazione al teatro di Gries portandoci la nostra rassegna : la nostra presenza era visibile e radicata. Poi abbiamo deciso di andare incontro a nuovi pubblici e ci siamo spostati, in parte, al Teatro Cristallo. Volevamo intercettare gli spettatori di altre manifestazioni e altri teatri, volevamo verificare la possibilità di educare il pubblico a passare da un’offerta all’altra, di non restare sempre e solo fedeli a una proposta. Questo è successo solo in parte. Forse serve più tempo”.

Un teatro “popolare” fatica a proporre un teatro alternativo? Il luogo conta più della proposta ?
“Ora sembra così, sembra che tutti, non solo a Bolzano, vogliano sempre mangiare nello stesso ristorante. Ma questo non può impedire l’apertura di nuove finestre. Crearsi un nuovo pubblico non è semplice, le contaminazioni con il resto dell’offerta richiedono tempo, ma proveremo a farle funzionare per il bene di tutti”.

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.