L’italianità di Zurigo

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
Published in
5 min readMar 26, 2024

Una mostra sul tema e l’intervista a Francesco Ziosi, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura della città svizzera.

Fuori dai confini nazionali, l’Alto Adige è abituato a confrontarsi con Austria e Germania per comprensibili motivi storici ed economici. Meno frequente è il confronto con la Svizzera, nonostante i circa 70 chilometri di confine in comune e soprattutto le similitudini linguistiche. Tre delle lingue ufficiali svizzere sono, infatti, lingue ufficiali anche in Alto Adige (romancio e ladino sono lingue retoromanze molto simili). Come noto, in Svizzera la lingua italiana è la lingua ufficiale del Canton Ticino e dei Grigioni italiani, ma è anche molto diffusa nella Svizzera tedesca a causa della forte emigrazione italiana del secondo dopoguerra. Non può stupire più di tanto, quindi che il Landesmuseum Zürich (Il museo nazionale di Zurigo) ospiti fino al 28 aprile 2024 la mostra “Italianità — Esperienze dalla Svizzera”. Un’esposizione in cui dieci testimoni diretti raccontano, in video, l’italianità legata all’immigrazione, ma anche quella del Ticino e dei Grigioni. “Nel corso del tempo — sottolineano gli organizzatori della mostra — uno stile di vita italiano è stato adottato da molti Svizzeri e oggi se ne vedono le tracce in tutto il Paese: a Basilea non meno che a Vevey o a Sion, nelle strade di Zurigo come nel centro storico di Bienne. Fa parte del patrimonio culturale immateriale. Ma il cammino verso l’odierna ‘Svizzera mediterranea’ non è stato sempre facile, intrecciandosi, sul piano individuale, con molte belle, ma anche tristi pagine di vita”.

La mostra “Italianità” al Landesmuseum di Zurigo

La mostra è, inevitabilmente, vista la collocazione e gli intenti, molto orientata al passato, ma l’”italianità” è presente ed evidente in tutta Zurigo, non solo a causa dei numerosi ristoranti italiani (o presunti tali) o della facilità con cui si sente parlare la nostra lingua camminando per le strade o sui mezzi pubblici. Ma per comprendere importanza e diffusione della cultura italiana, non c’è luogo migliore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, diretto dall’estate 2021 da Francesco Ziosi.

Francesco Ziosi (foto di Gloria Bressan)

L’Istituto è ospitato all’interno del Consolato italiano di Zurigo, al numero 65 di Tödistrasse, una tranquilla strada poco distante dall’Altstadt (la città vecchia). Sistemati i convenevoli, il direttore Ziosi mostra un interesse sorprendente verso l’Alto Adige e solo dopo aver soddisfatto le sue curiosità, riusciamo a chiedergli come l’Istituto riesca a tenersi in contatto con le differenti “italianità” presenti a Zurigo. “Ovviamente — precisa — noi presentiamo eventi in lingua italiana, quindi il pubblico è formato principalmente da immigrati italiani arrivati a Zurigo negli ultimi vent’anni che lavorano nelle grandi sfere attrattive dell’economia cittadina. Ma, spesso, partecipano anche zurighesi colti che hanno imparato l’italiano per vari motivi e in vari contesti. Per comprenderci meglio,, l’immagine di qualcuno che passando davanti al luogo dell’evento si ferma perché lo trova interessante è l’ideale figurato che abbiamo in testa. Detto questo, per noi è importante lavorare per tutti gli strati sociali perché per me questo significa fare cultura pubblica. Il nostro successo credo si spieghi essenzialmente con l’organizzazione di eventi gratuiti in grado di parlare a tutti”.

Come riuscite a farlo, come riuscite a comunicare con pubblici così diversi?

“Ci affidiamo alla newsletter, proponiamo l’iscrizione durante ogni nostro evento, e ai social network ogni tanto con post sponsorizzati. La cosa interessante è che il non avere una ‘casa nostra’, una sede fissa in cui ospitare gli eventi, si è rivelato un vantaggio. Perchè cercando i luoghi più adatti, non solo entriamo in contatto con realtà differenti, ma ci siamo fatti una cultura su cosa si propone in città. Questo ci ha permesso e ci permette di entrare in contatto con un pubblico sempre più ampio con cognizione di causa. Dal canto nostro, nei giorni successivi agli eventi, cerchiamo di capire cosa è andato bene e cosa si può migliorare”.

Qual è il rapporto con l’immigrazione più recente? Con i cosiddetti “expats” che, spesso, non hanno mantenuto un buon rapporto con l’Italia.

“E’ vero, i nostri eventi sono rivolti anche a un pubblico che a volte vuole dimenticare l’Italia perché pensa che in patria non gli siano stati riconosciuti i talenti che, invece, a Zurigo vengono apprezzati e adeguatamente compensati. Dal canto nostro cerchiamo di presentare una proposta di eventi qualitativamente alta, seria, pensata e leggibile con precisi criteri di riconoscibilità in grado di attirare anche questo tipo di pubblico”.

Il lago di Zurigo (foto Venti3)

Domanda difficile, cos’è la cultura italiana nel 2024?

“In Italia abbiamo una sostanza di patrimonio culturale che va al di là del nostro paese e che ci rende famosi in tutto il mondo. Noi partiamo da questo, organizziamo eventi sulla scrittura di Leonardo Da Vinci, ma anche concerti di Yakir Arbib, straordinario pianista Italo-israeliano che vive in Francia o la presentazione dei libri di Elvira Dones, scrittrice svizzero-albanese che vive in Ticino e scrive in italiano, ed è pubblicata da una casa editrice italiana. Stiamo preparando anche un incontro su James Joyce, uno dei massimi scrittori in lingua inglese che parlava italiano e che ha vissuto a Zurigo e Trieste. E’ una cultura italiana in grado di superare i confini nazionali, e questo credo che in un Paese e in una città plurilingui e pluriculturali sia importante”.

C’è qualche evento che avete organizzato a cui è più legato?

“Ne cito due. La presentazione del libro ‘La trionferà’ di Massimo Zamboni ambientato a Cavriago, dove nella piazza del Paese sopravvive un busto di Lenin, che ci ha fornito un collegamento con la storia della città di Zurigo in cui Lenin ha vissuto per un anno durante la prima guerra mondiale. Evento organizzato al Cafè Voltaire con grande successo di pubblico. Ma, soprattutto, mi ha particolarmente colpito un appuntamento che abbiamo organizzato a marzo 2022, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Un concerto di fisarmonica e violino che si teneva a pochi metri dalla zona in cui erano collocati i rifugiati ucraini appena fuggiti dalla guerra. Terminato il concerto, ho potuto scambiare due parole, per altro in russo, per quel poco che lo parlo, con una signora che mi ha raccontato di aver ripreso il concerto con il cellulare per la figlia che in quel momento si trovava nella metropolitana di Kiev. Un dialogo che mi ha particolarmente emozionato e che ricordo con grande piacere”.

Massimiliano Boschi

--

--

Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.