Le letture della convivenza

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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5 min readAug 22, 2019

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L’Alto Adige come terra di incontro culturale. Intervista a Aldo Mazza direttore delle “Edizioni alphabeta Verlag”.

Le case editrici altoatesine di lingua italiana sanno di poter contare su un pubblico non particolarmente vasto. Secondo l’Istat, solo il 40,5% degli italiani legge almeno un libro all’anno e in Alto Adige la comunità italiana è inferiore ai 120.000 abitanti. E’ un pubblico sufficiente a sostenere le attività editoriali in lingua italiana? Ne abbiamo parlato con Aldo Mazza, direttore di Edizioni alphabeta Verlag cercando di comprendere come si possano superare i confini di un mercato così ristretto. “Quando si parla di pubblico di una casa editrice- premette Aldo Mazza — mi vengono in mente due cose: prima di tutto i lettori e le lettrici, poi i partecipanti alle varie presentazioni pubbliche che, oltre a servire a promuovere un certo titolo, hanno spesso il carattere di vero e proprio evento culturale pubblico, appunto”.

Quali sono i limiti di questi pubblici?
Edizioni alphabeta Verlag, che nella sua produzione bilingue cerca di muoversi tra il locus ed il globus, sente molte forte il legame con il territorio in cui opera. Per questo si pone l’ambizioso obiettivo di realizzare mescolamento, incontro dei pubblici cioè, vere e proprie proposte di sconfinamento, un continuo uscire ed entrare dai propri confini con il piacere di farlo e senza la paura di perdere qualcosa, anzi. Questo determina le scelte sia per quanto riguarda i titoli da pubblicare, sia le modalità degli eventi che accompagnano queste pubblicazioni. A livello di locus i pubblici sono quindi almeno due: quello di lingua italiana e quello di lingua tedesca. A tutti cerchiamo di proporre occasioni in cui possano incontrarsi e confrontarsi direttamente con l’altro sia fisicamente in un certo luogo che attraverso la lettura dei testi che pubblichiamo”.

E’ anche e soprattutto una questione di approccio al territorio?
“Sì, non ci limitiamo ad un’accettazione dell’esistente che vede due comunità culturali e linguistiche che sempre più vivono in una sorta di mondi paralleli, ma cerchiamo in maniera consapevole di promuovere questo incontro perché ne scorgiamo il potenziale altamente positivo per chi vive in questo territorio, e non solo. In questo locus sono in contatto strutturalmente la cultura italiana e quella tedesca e crediamo sia interesse di tutti che questo incontro vada valorizzato, senza retorica, coscienti del fatto che occorra ancora lavorare molto per normalizzare il rapporto tra le due comunità. Inoltre l’Alto Adige/Südtirol per la sua travagliata storia potrebbe e dovrebbe svolgere una funzione importante per l’integrazione europea, diventare cioè il luogo virtuoso in cui le culture si incontrano e sanno come farlo”.

Come si può raggiungere questo obiettivo?
“I fatti ci dimostrano che non avviene per caso, occorre una volontà ed una strategia precisa. Per esempio, nel tradurre la letteratura tedesca in italiano e viceversa ci poniamo come obiettivo fondamentale quello di diffondere la conoscenza della letteratura di lingua tedesca nella comunità italiana (ovviamente anche il contrario). Abbiamo sempre presente il contesto in cui lavoriamo”.

Ci sono stati miglioramenti negli ultimi anni?
“Se guardiamo indietro, certamente molte cose sono cambiate in positivo, ma crediamo che ci sia ancora molto da fare. Come dicevo, le due comunità sembrano essersi sviluppate parallelamente e oggi non sono più una contro l’altra. Il fatto è che procedono accanto senza incrociarsi come dovrebbero e potrebbero. Spesso separati e ognuno con il proprio pubblico sono i luoghi in cui si fa cultura, come ad esempio le biblioteche. Con il nostro lavoro vorremmo collegare queste due parallele destinate a non incontrarsi mai, essere un po’ come il trattino di congiunzione della lettera H. Potrei dire che serve una scala a pioli su cui italiani e tedeschi possano salire insieme. Da questo punto di vista la politica dovrebbe fare molto di più, essere più attiva e depotenziare con convinzione l’elemento etnico. È necessario un cambio di paradigma, non basta un generico vogliamoci bene e l’incontro non avviene per caso, così come dimostrano gli sviluppi degli ultimi anni. Tra l’altro se impariamo a salire su questa scala a pioli, i cui scalini sono il punto d’incontro/confronto, se lo facciamo con piacere, svilupperemmo meglio competenze importantissime oggi per meglio relazionarci anche con i nuovi cittadini che ormai sono parte integrante della nostra realtà. Questa terra che ha già affrontato con difficoltà (ma anche con successo) la questione della convivenza tra popolazioni diverse per cultura e lingua deve poter mettere a frutto questa condizione in ottica di un mondo che cambia e si mescola sempre più velocemente. E per questo la cultura, il lavoro culturale è decisivo”.

Al di là delle questioni locali, l’editoria appare in crisi quasi ovunque. La concorrenza delle nuove tecnologie si fa sentire? Come pensate di affrontare la questione?
“Tutti parlano di questa crisi e dal mio punto di vista devo purtroppo confermarla: si legge molto meno e sempre meno persone sono disposte ad acquistare libri (anche se va segnalata una forte differenza tra l’Italia in cui la situazione è davvero preoccupante e i paesi di lingua tedesca). Come editori locali possiamo per fortuna contare su una nuova legge della cultura che prevede contributi per l’editoria che risultano decisivi per la produzione di determinati titoli utili per il territorio che non potrebbero mai vedere la luce visti i numeri del bacino dei potenziali lettori. È anche grazie a questo sostegno pubblico che siamo in grado di portare avanti la politica editoriale di cui ho parlato finora. Rispetto alla concorrenza delle nuove tecnologie credo che il problema non sia tanto quello dell’ebook rispetto al classico libro su carta. Il fenomeno, dopo un inizio che sembrava dover rivoluzionare il mondo dell’editoria, è abbastanza rientrato ed il vecchio buon libro non è scomparso, come molti invece pronosticavano. Si legge molto meno dicevo, forse avrei dovuto dire si leggono molto meno libri (su carta o ebook) a vantaggio di un altro tipo di lettura facile e veloce che le nuove tecnologie favoriscono in vari modi. È un bene o è un male? Non lo so, credo però che il grosso rischio sia quello di muoversi in superficie, senza approfondire. Ma forse questo me lo fa dire la mia età…”.

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.