Oltre il filo spinato

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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5 min readAug 7, 2023

Musica, teatro e arte nel carcere di Bolzano. Erjon Zeqo racconta il progetto “Art of Freedom”.

Foto di Rosario Multari

“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita’ e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Così recita l’articolo 27 della Costituzione italiana in relazione alle pene detentive. Ma come si “rieduca” un condannato? Come lo si mette in condizione di formarsi una nuova vita dopo l’esperienza del carcere? Nonostante le enormi difficoltà, qualcuno prova a rendere realizzabile quanto teorizzato in Costituzione.
Erjon Zeqo, per esempio, da 15 anni coordina le attività formative all’interno della casa circondariale di Bolzano. “Non ho un ruolo definito — premette — propongo e coordino i progetti proposti da me o da altri soggetti come libero professionista per diversi enti. Negli anni ho costruito un rapporto fiduciario e un’esperienza che mi permette una libertà di movimento fondamentali per la realizzazione dei progetti”.
Pur con notevoli difficoltà, infatti, anche nel carcere di Bolzano si svolgono diverse attività e percorsi formativi nei pochi spazi disponibili. Attività che hanno avuto il loro “clou” nella consegna dei diplomi ai detenuti e in una sorta di “saggio di fine anno” animato in particolar modo dai partecipanti al percorso sperimentale “Art of freedom”, un progetto di innovazione sociale rivolto a tutte le persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Tecnicamente, Art of Freedom è: “Un percorso di empowerment realizzato attraverso l’arte e la cultura per lo sviluppo di competenze socio-relazionali e altre attività di accompagnamento per detenuti. Il progetto integra in un percorso unico le azioni rieducative intra ed extra murarie, nell’ottica di dare maggiore incisività e continuità al sistema di recupero e rafforza il lavoro in rete tra istituzioni, enti locali, istituzioni culturali e associazioni. Un progetto realizzato nell’ambito del Programma operativo FSE 2014–2020 della Provincia autonoma di Bolzano e cofinanziato dal Fondo sociale europeo, dalla Repubblica Italiana e dalla Provincia autonoma di Bolzano”. Un progetto che potremmo definire “culturale” più che sociale o, come preferisce Zeqo, “un progetto culturale che diventa sociale”.
Ma, fuori da schemi e linguaggi burocratici, Art of Freedom ha fornito soprattutto fondamentali occasioni di apprendimento le persone detenute o in semilibertà. Attività e laboratori non esclusivamente legati all’apprendimento di un mestiere, ma pensati anche per aiutare la formazione di relazioni che svolgono un ruolo fondamentale anche nel trovare la giusta risposta a esigenze pratiche.
Come sottolineato da Zeqo: “I laboratori di arte, musica o teatro, o anche la semplice partecipazione a concerti o spettacoli, sono una straordinaria occasione di arricchimento per molti dei partecipanti che spesso non hanno mai avuto l’occasione di assistervi. Vista l’alta percentuale di stranieri detenuti, può capitare, per esempio, che i detenuti non conoscano gli attori che hanno visitato il carcere (Stefano Accorsi o Rocco Papaleo tra gli altri Ndr), ma questi incontri stimolano i detenuti a ampliare i propri orizzonti e sono in grado di stemperare per settimane intere le tensioni che inevitabilmente si accumulano nella quotidianità della vita in carcere”.
Non solo, come precisato da Valeria Raimondi di Babilonia Teatri che ha tenuto un laboratorio di Art of Freedom organizzato dal Teatro Stabile: “Ovviamente queste persone non si trovano in carcere per fare teatro, hanno altri interessi e priorità. Per questo abbiamo cercato il modo migliore per passare un po’ di tempo insieme e per invitarli alla partecipazione. Sapevamo che andando alla ricerca delle loro contraddizioni, avremmo scoperto le nostre, che svelando le loro paure avremmo svelato quelle di tutti. C’è molto più ascolto che insegnamento”. Un ascolto che, come si diceva, risulta fondamentale anche per individuare le migliori soluzioni pratiche.
Detto questo, non si può non ricordare come molti dei detenuti non abbiano mai avuto la possibilità di frequentare mostre, concerti, spettacoli o teatri anche prima della carcerazione. Le attività di Art of Freedom finiscono quindi per ampliare orizzonti che erano “ristretti” ancor prima che le persone venissero incarcerate, e permettono di innescare passioni o interessi che non erano mai stati stimolati.

Erjon Zeqo

Dalla teoria alla pratica

Realizzare progetti di questo tipo all’interno di una struttura chiusa come quella del carcere è, a dir poco, complicatissimo. Le norme di sicurezza, i differenti regimi di carcerazione a cui sono sottoposti i partecipanti e il complesso sistema burocratico richiedono giacimenti di pazienza da cui Zeqo sembra poter attingere all’infinito.
“Sono progetti a cui necessariamente devono collaborare enti molto diversi con esigenze, obiettivi e burocrazie differenti. Ci si scontra anche con mentalità e pregiudizi che però, finiscono per dimostrare quanto siano importanti i progetti come Art of freedom. Portare in carcere piccoli concerti di musica classica o spettacoli teatrali risulta complicato non solo per questioni burocratiche o amministrative, ma anche perché si pensa, sbagliando, che ai detenuti non interessino. Ma non è così, per esperienza diretta posso garantire che hanno apprezzato anche i concerti di musica classica tanto da chiedermene di organizzarne altri. Non è vero che non fa per loro”.
Per certi versi, i detenuti sono il pubblico “migliore” che ogni artista possa sognare. Non hanno di meglio da fare e non hanno grandi metri di paragone.
Come detto, le difficoltà nel realizzare progetti di questo tipo sono enormi, Zeqo ne è cosciente come pochi altri, ma, almeno per una volta, vorrebbe che si parlasse del carcere di Bolzano in maniera diversa: “Vorrei che si mettesse in evidenza anche quel che di positivo riusicamo a realizzare, concentrarsi solo sugli enormi problemi della Casa Circondariale di Bolzano rischia di generare un disfattismo che non porta da nessuna parte. Credo che nonostante tutte le difficoltà incontrate, la realizzazione di un progetto come Art of Freedom dimostri che anche in carcere si possono concretizzare idee che inizialmente sembrano irrealizzabili. La mia soddisfazione più grande è quella di mettere allo stesso tavolo enti e persone molte diverse che si confrontino e ragionino insieme per trovare soluzioni pratiche ai problemi. Di Art of Freedom se ne è parlato tanto ed il carcere, per una volta, è finito sui giornali per qualcosa di diverso dal solito. Non posso che esserne felice”.

Il progetto Art of Freedom, proposto da Biblioteca Culture del Mondo in partnership con Alpha Beta Genossenschaft, si avvale della collaborazione di una miriade di partner, quali Casa Circondariale di Bolzano, Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Bolzano (UEPE), Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Bolzano (USSM), Teatro Stabile (TSB), Odos (Caritas Diocesi di Bolzano e Bressanone), Centro Pace (Caritas Diocesi di Bolzano e Bressanone), Comune di Bolzano (Assessorato alle Politiche sociali e Assessorato alla Cultura), La Strada — Der Weg ONLUS, Fondazione Haydn, Teatro Cristallo, Cooperativa sociale Rorhof, Centro di Tutela contro le Discriminazioni.

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.