“Servono nuove cerniere tra palco e pubblico”

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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3 min readMay 16, 2019

Passato e futuro del dibattito culturale. Intervista a Peter Paul Kainrath.

Regista, produttore, direttore artistico del Concorso Busoni e di Transart, dall’anno prossimo dirigerà il Klangforum Wien. E’ Peter Paul Kainrath e il suo punto di osservazione sul dibattito pubblico culturale ha orizzonti spaziali e temporali non comuni,e non è solo una questione di curriculum: “Negli ultimi dieci anni, il dibattito pubblico culturale è cambiato notevolmente — premette — ma non solo in Alto Adige. In precedenza i media ospitavano con grande orgoglio critici e recensori a cui lasciavano uno spazio di assoluta libertà. Oggi accade molto raramente, ma questo non dipende dagli operatori culturali, forse è il sistema mediatico, non solo quello locale, a doversi interrogare. Oggi si preferisce presentare gli spettacoli in anticipo e non è detto che non sia meglio così, il pubblico va a vedersi lo spettacolo e si fa un’idea personale senza doversi confrontare con il critico o il recensore prestigioso. Come operatore culturale credo, comunque, che per il pubblico sia più importante esporsi ad esperienze personali che essere intimidito”.

Il dibattito non svolge un ruolo essenziale nel mantenere vive le passioni culturali?
“Probabilmente sì, ma non ha senso tornare al passato, perché salvare qualcosa che è tramontato? Credo sia più utile cercare una nuova cerniera tra il palco e il pubblico, magari una sorta di Hyde Park corner nei foyer dei teatri e degli auditorium in cui si inviti il pubblico a dire la propria opinione in pochi minuti. Non mi convince, invece, il commento sui social, non credo che sia lì che possa nascere un dibattito interessante”.

Nel frattempo, non è facile valutare la risposta del pubblico…
“Come direttore di Transart, posso dire che dopo aver partecipato ai nostri eventi, il pubblico si mostra spesso gratificato dall’esperienza, magari sorpreso o anche stordito, ma non indifferente. Ovviamente, non mancano le critiche, anche aggressive, ma fa parte del gioco, non tutto può andare a meraviglia e le critiche vanno accettate. Ma credo che per le stagioni teatrali o musicali vada tenuto conto del differente approccio. Sono anche un rituale, manca l’urgenza di esprimere il proprio parere, le repliche sono numerose e i conti si fanno alla fine, senza fretta”.

La “qualità” del pubblico altoatesino ha aspetti particolari?
“Non credo abbia molto senso valutare la preparazione del pubblico. Se andassi a verificare quanti siano davvero in grado di leggere la musica di Beethoven mi accorgerei che sono una netta minoranza. Ma questo non impedisce agli spettatori di vivere splendide esperienze durante un concerto. Mediamente, soprattutto per quel che riguarda la musica classica, in Alto Adige la preparazione è buona, ma è anche vero che fare accettare i nomi nuovi, anche quelli già consacrati all’estero, non è per niente facile. Ma non è un problema solo altoatesino, è il mondo che va in questa direzione. Proprio per questo siamo particolarmente orgogliosi del pubblico di Transart che va volutamente in cerca dello sconosciuto, di quello che non è ancora targato — quasi in controtendenza con ciò che propongono le dinamiche dei social che offrono sempre il già visto”.

Una grossolana sintesi di quanto emerso dalle interviste precedenti spingerebbe a evidenziare come l’identità dell’offerta culturale (e i luoghi che la ospitano) svolgano un ruolo fondamentale per decretare il successo di un evento o di un festival. Conferma?
“L’identità è ovviamente fondamentale, i nostri blind abo, che da quest’anno hanno ceduto il passo agli early bird festival pass, funzionavano proprio perché si basava sulla fiducia acquisita nel tempo, su una proposta che aveva un’identità di un certo tipo. Ma non siamo gli unici, sono felicissimo, per esempio, delle mostre senza compromessi che presenta Ar/ge kunst. Per quel che riguarda i luoghi, Transart funziona proprio perché non presenta eventi in luoghi codificati, le stesse cose presentate in teatro invece che in una ex officina non vengono apprezzate allo stesso modo. Anche questo fa parte dell’identità, ma va disegnata in funzione del pubblico o dei pubblici con cui ci si vuole mettere in comunicazione”.

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.