“Spegnere le ansie e accendere la speranza”

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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5 min readJun 23, 2024

La partecipazione culturale come risorsa di salute. Intervista a Catterina Seia.

Foto Venti3

Ridurre le esperienze, i progetti e lo spirito di Catterina Seia in un breve “curriculum” è quasi oltraggioso. Fortunatamente, nel corso dell’intervista le sue esperienze, visioni e passioni emergono comunque con grande evidenza. Torinese, lasciata la carriera nel settore bancario, ha co-creato all’Ospedale S. Anna di Torino la Fondazione Medicina a Misura di Donna e dal 2013 opera alla Fondazione Fitzcarraldo. È membro di diversi advisory board nazionali ed europei è direttrice scientifica di Letture lente. Ha fornito un apporto fondamentale alla nascita e alla crescita del progetto “passaporto culturale” e nel 2020 ha co-fondato il CCW-Cultural Welfare Center — che presiede - per promuovere la partecipazione culturale come risorsa di salute. E’ appena rientrata dal Lugano Happiness Forum organizzato per “esplorare gli intricati meccanismi e i principi alla base della felicità e del benessere umano per fare il punto sulle ultime teorie e sulle pratiche in atto sul tema”.
La portata delle sfide la rende prudente, ma, al contempo, emerge un ottimismo della volontà in grado di sbaragliare ogni sfiducia o disincanto. “La situazione è complessa ovunque, soprattutto rispetto a due anni fa — premette — . I dati relativi a depressione, ansia e paura, dovute anche alle situazione internazionali che conosciamo, evidenziano come la salute mentale sia una priorità assoluta. Può, quindi, apparire paradossale parlare di felicità in un contesto simile, ma il tema è proprio questo: dobbiamo tornare a parlare di felicità proprio per l’abisso che abbiamo davanti, dobbiamo tornare a realizzarci con pienezza perché alla base del benessere ci sono proprio la realizzazione personale e la felicità.

Catterina Seia

I dati evidenziano come questi malesseri colpiscano soprattutto i giovani.

Sì, il quadro non è entusiasmante e tende a peggiorare, ma è comprensibile viste le grandi trasformazioni sociali in atto che alimentano l’incertezza. Si rileva un malessere strisciante, figlio anche della trasformazione tecnologica che ridefinisce il sè e del confronto costante a cui i giovani si sentono sottoposti sui social network. Un sistema che li fa sentire in perenne competizione, soggiogati da continue valutazione pubbliche, sembra che valga solo il qui e ora. Non demonizzo le tecnologie, offrono enormi opportunità, ma stanno ridefinendo la radice stessa degli esseri umani. Credo sia giunto il momento di fornire strumenti adatti agli adulti per creare nuove relazioni con generazioni che crescono dialogando con il mondo.

… E non esistono risposte semplici a problemi complessi

Momenti come questi non danno risposte, ci pongono di fronte a interrogativi. La portata delle sfide è così alta: invecchiamento della popolazione, malessere dei giovani, trasformazione del mondo del lavoro… In questo contesto va cambiato il paradigma, quello della società medicalizzata non regge più, va sostituito con quello salutogenico. Appare sempre più chiaro il ruolo della Cultura nella promozione di contesti salutogenici, nella prevenzione delle malattie, nella gestione e trattamento delle patologie, nonché nell’inclusione, in un quadro di contrasto alle disuguaglianze. Vanno spente le ansie per creare vite che valgano la pena di essere vissute, la vita non va solo allungata ma anche allargata, va aumentata la qualità. Occorre focalizzarsi su fattori che creano salute, che aiutino l’autorealizzazione delle persone e la capacità di rispondere alle sfide dell’esistenza.

Occorre ragionare su tempi lunghi?

L’Oms ha lanciato oltre 10 anni fa, nel 2013, il programma “Salute in tutte le politiche” e oggi è chiarissimo, la salute non è compito e obiettivo solo della sanità, ma di tutte le politiche: quelle culturali, del lavoro e di sostegno alla famiglia. Servono dialogo e visioni integrate, bisogna convergere su obiettivi comuni per migliorare la vita culturale e sociale della nostra comunità. Ricordandoci che la nostra salute non è disgiunta dall’ambiente che ci circonda.

Come si concretizza tutto questo?

Occorre un grande rigore nella progettualità: dalla ricerca all’ascolto, per arrivare a modelli che possano essere replicabili in vari territori. Servono nuovi modelli e nuove competenze.

Come il “passaporto culturale”?

Vent’anni fa in Italia e’ stato sviluppato Nati per Leggere, un programma che ha reso le biblioteche esperte nella lettura precoce, attente alla promozione della lettura in famiglia dai primi mille giorni di vita dei bambini, quelli più fecondi per la produzione di collegamenti neuronali con effetti per tutto l’arco dell’esistenza. Gli esiti importanti di NPL sul piano dello sviluppo cognitivo, relazionale, sono documentati da un corpo crescente di evidenze scientifiche . Questo percorso, dieci anni dopo, ci ha indotto a pensare anche al ruolo dei musei, al loro rapporto col pubblico come luoghi di accoglienza, relazione e identità. Così è nato all Ospedale S Anna di Torino, il passaporto culturale per i nuovi nati, il riconoscimento di una cittadinanza culturale in mancanza di una legge sullo ius soli. Il passaporto consente un anno di libero accesso a ogni nuovo nati e alla sua famiglia in musei Family and Kids friendly, oggi 47 in Piemonte, aderenti alla rete Abbonamento Musei che hanno fatto un percorso per rispondere ai bisogni delle famiglie nella prima infanzia. Luoghi di bellezza in cui possono vivere momenti di serenità e relazione, riconoscersi nel patrimonio culturale che ci appartiene. Il progetto è cresciuto in modo esponenziale durante la pandemia, oltre 15000 sono stati gli accessi nel 2023.

Ci saranno nuovi sviluppi?

Per il 15 settembre 2024 stiamo progettando la quarta “Festa della nascita” nei giardini della Reggia di Venaria a Torino: il mondo della sanità, delle biblioteche, dei teatri e della musica si organizzano per dare il benvenuto ai nuovi nati e incontrare le famiglie allo scopo di condividere le opportunità territoriali in un contesto ludico e gioioso, dando il benvenuto alle nuove vite. Un rito collettivo, un dispositivo di cooperazione che è diventato un format adottato da altre città. Oltre 2500 partecipanti in target, tra laboratori di lettura, canto e danza, con esperti di neonatologia, pediatria e pedagogia. Una vera energia di futuro.

Tornando alle biblioteche, purtroppo in Italia sono ancora poco frequentate rispetto a molti altri paesi europei, eppure svolgono un ruolo fondamentale per bambini, giovani e anziani.

Io ha avuto la fortuna e il privilegio di essere “adottata” in infanzia da un biblioteca torinese figlia delle visioni di Olivetti e Einaudi. Una biblioteca che era un luogo di socialità in cui incontrare la conoscenza, nuovi linguaggi e nuove persone. In biblioteca ho sentito per la prima volta un brano lirico e la sesta sinfonia di Beethoven e ho incontrato l’arte. Questo ha alimentato le mie speranze di futuro, il senso della possibilità, ha acceso i miei desideri. Oggi, siamo di fronte a un bivio: possiamo creare un giardino o un deserto, non dimentichiamoci che il futuro è un fatto culturale, che la cultura ci permette di immaginare futuri desiderabili. Altrimenti dove troviamo il coraggio di combattere mentre tutto sembra convergere verso l’abisso?

Massimiliano Boschi

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.