“Valorizziamo i nostri punti di forza”

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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3 min readMar 4, 2020

Le politiche culturali di Bologna nel racconto di Giorgia Boldrini, responsabile della promozione del sistema culturale dell’Amministrazione Comunale del capoluogo emiliano.

Giorgia Boldrini

Come funziona altrove? Quali politiche culturali sono state avviate nel resto d’Italia? Con quali obiettivi e risultati? Per comprenderlo, Scripta Manent ha deciso di intervistare chi opera nella cultura in amministrazioni pubbliche di altre province, regioni o città.

Questa settimana partiamo da Bologna, intervistando Giorgia Boldrini, responsabile della promozione del sistema culturale dell’Amministrazione Comunale del capoluogo emiliano-romagnolo. Innanzitutto, ci siamo fatti descrivere il contesto: “Bologna — spiega Giorgia Boldrini — è una città di circa 380.000 abitanti, quindi di medie dimensioni, che ospita quasi centomila studenti che sono una dote importante e una grande fortuna. Una città abbastanza grande perché succedano cose e abbastanza piccola per viverci bene. E’ una città con alcune caratteristiche specifiche: una qualità culturale diffusa, un sistema articolato, una grandissima offerta culturale anche indipendente dal sostegno pubblico, ottimi collegamenti con il resto d’Italia, un’università con una storia importante in grado di far accadere molte cose di buon livello, un’amministrazione pubblica tradizionalmente efficiente”.

E proprio da queste caratteristiche siete partiti…
“Esatto, abbiamo lavorato e lavoriamo sulle nostre specificità cercando di valorizzare al massimo i nostri punti di forza. Lo facciamo sapendo che l’offerta è già quantitativamente e qualitativamente alta per i motivi già sottolineati. E’ una ricchezza che non intendiamo controllare ma osservare e ascoltare attentamente. In questo contesto, abbiamo deciso di puntare su alcuni temi precisi: Il welfare culturale, l’inclusione e la creazione di industrie creative. Non abbiamo ragionato unicamente sull’offerta culturale ma abbiamo operato per rafforzare le attività dei professionisti della cultura. Gli studenti che studiano qui arte o altre discipline creative, lasciano la città dopo la laurea per trasferirsi in città più grandi. E per Bologna questa è una perdita”.

Come siete intervenuti?
“Programmando politiche che aumentassero le competenze manageriali di chi avvia un’impresa culturale. Abbiamo lavorato sulla rigenerazione urbana in chiave artistica e creativa assegnando immobili a realtà associative e imprese culturali. Inoltre, abbiamo puntato decisamente sul welfare culturale, sull’allargamento dei pubblici, sugli intrecci tra cultura, scuola e servizi sociali. Lo abbiamo fatto intervenendo in numerosi spazi pubblici, ospedali compresi investendo molte risorse su questo tipo di welfare. Ricordo che per un Comune l’investimento in cultura non è mai scontato, ma l’amministrazione bolognese lo ha fatto in maniera decisa“.

La crescita del turismo in città vi ha aiutato?
“Molto, le compagnie aeree low cost ci hanno cambiato la vita, ci hanno portato sulla mappa del turismo europeo, fino a pochi anni fa non era così. Abbiamo quindi provato a sfruttare al meglio questa possibilità, abbiamo introdotto la tassa di soggiorno per avere maggiori risorse per la cultura senza renderla asservita al turismo. Anche in questo caso abbiamo lavorato sulle specificità. Bologna non è nota per i musei, non ospita gli Uffizi o i Musei Vaticani, è più una città delle biblioteche grazie alla Sala Borsa, all’Archiginnasio e alla Biblioteca Universitaria. Questo non significa non investire sui musei ma farlo senza dimenticare i propri punti di forza e cercando di farsi apprezzare per quelli”.

Qual è il rapporto con i privati?
“In anni recenti, Bologna ha vissuto un cambiamento simile ad altre città italiane: i privati sono passati da erogatori di fondi a produttori di cultura, le fondazioni che prima finanziavano il settore pubblico ora agiscono in proprio. Un cambiamento che ha avuto aspetti positivi ma che può anche mettere in difficoltà l’amministrazione pubblica, soprattutto a livello di governance. Noi abbiamo provato a sfruttare al meglio questo cambiamento. Accettando la sfida sul livello dei servizi e cercando di collaborare con questi centri culturali autonomi sapendo che sono cambiati i rapporti di forza. I privati non hanno solo risorse consistenti, ma hanno una grande autonomia nella gestione. Nel pubblico è più complicato, ma è una sfida che siamo chiamati ad accogliere e l’abbiamo colta”.

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.