Adamo

di Davide Maria Azzarello

domitilla.pirro
Scrivere la ferita @OFF TOPIC
5 min readJul 30, 2023

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[NB: ogni racconto della raccolta è stato realizzato a coronamento di questo percorso. Qualsiasi riferimento a nomi, persone esistenti o fatti accaduti è puramente casuale ed è da attribuirsi integralmente alla teoria del caos.]

1. Di per sé, poteva rivelarsi anche un fiasco.

Ci vollero due anni. E poi l’avvocato, la commercialista, gli impiegati comunali col loro protocollo, e tutto quel circo di pubbliche relazioni: fastidi necessari per un bene superiore. Ritardi, permessi, firme, timbri, consulenze. Il primo passo fu Andrea Andreoli, l’architetto con la r arrotata che vendeva il vecchio teatro come terreno edificabile. Il luogo fisico c’era già: bisognava solo smuovere le cose.

– Un teatro? Qui? Dici che la gente ci andrebbe?
– Quando ero bambino c’era.
– Sì, ma quando eri bambino tu c’era ancora la lira, di soldi ne giravano di più.

Il copione era sempre lo stesso: con suo padre, con gli assessori. Adamo però ci credeva: quell’eredità era un segno.

2. Era sempre lei, la nonna, a supportarlo. Come una zia Mame, un mentore. Abitava in un grande appartamento in centro, al primo e al secondo piano di un palazzo vecchio ed elegante, con tanto di portineria e accenni di affreschi nell’androne e lungo le scale.

Al pianterreno c’era il laboratorio di cucito della signora Gelsi, che confezionava abiti per chi ancora poteva permettersi di andare dalla sarta. Al terzo e ultimo piano, quello mansardato, viveva Gilberto, un tempo netturbino e ora spacciatore. Adamo sapeva perché lo aveva visto in largo Saluzzo, più volte, mentre pescava dalle mutande delle bustine di coca. Si erano riconosciuti ed erano diventati amici, anche se all’epoca non comprava nulla da lui.

Adamo adorava quella casa sin da quando era bambino: la nonna vi giunse dopo l’incidente, era ancora giovane ma i medici le avevano consigliato di trasferirsi in una zona più tranquilla, così lei, ormai vedova, si avvicinò ai due figli che avevano deciso di vivere in provincia. Aveva tuttavia posto una certa distanza intellettuale fra sé e la prole, scegliendo un alloggio vicino alla stazione dei treni, alla biblioteca, alla palestra. Non come quei due, che erano finiti tra i campi di mais e le cascine. Poi, a un passo dai cento, morì. Adamo aveva trentacinque anni, ed era l’unico erede.

3. E, per la prima volta, si sentì soddisfatto. Era così assurdo: Londra non gli era piaciuta, New York men che meno, Berlino un po’ di più. In nessuna delle tre si attardò oltre il terzo anno. A Londra stava con Vladimir, ucraino, in una soffitta di Brick Lane. Era tutto così caro. A New York non frequentò nessuno per più di una settimana. Berlino fu divertente, ma alla lunga tutto quel sesso e la droga gli diedero la nausea. E tre luoghi sono sufficienti per sentirsi come l’Islandese delle Operette morali. Era stato cameriere, operaio, receptionist, operatore telefonico, guardiano notturno, libraio, commesso. Quindi Adamo tornò, né infelice né cambiato. Era un pomeriggio caldissimo di inizio ottobre. Finalmente persino i telegiornali prendevano sul serio la questione del cambiamento climatico. I genitori erano contenti di riaverlo vicino, ma si chiedevano anche cosa lo avesse riportato al luogo che tanto aveva disprezzato in gioventù. Adamo non sapeva spiegarlo; e non solo agli altri.

4. Suo padre non era cambiato, sua madre era peggiorata. Queste due frasi ben si adattavano a ogni decennio della loro esistenza. Lui si rammaricava, perché non era mai riuscito a comprenderli fino in fondo.

5. Adamo non era un consumatore abituale. Aveva fumato l’erba per la prima volta a quindici anni, con Ludovica, e gli era bastata fino ai ventidue, quando conobbe la coca. Un sabato sera al mese, due righe. Esaltante, sul momento. Il giorno dopo molto meno. La prima volta era successo con G., che poi avrebbe frequentato a lungo: si erano conosciuti da due ore, ed entrambi avevano già bevuto almeno tre gin tonic. Il fumo, espulso dai polmoni di decine di persone, si posava come nebbia nello stretto cortile interno della discoteca. Ti va una raglia? La voce era rauca; fra i denti s’impigliava l’accenno di un sorriso rilassato. In bagno, G. aprì la pellicola e preparò le strisce sul cellulare. Adamo gli porse una banconota, ma lui era già pronto. Sono cinquanta sterline egiziane. Tenute a cilindro con lo scotch. Glielo disse solo il giorno dopo, che era stata la sua prima volta: erano rimasti insieme anche dopo il sesso e per entrambi era una novità.
G. rispose che avrebbe preferito saperlo. Te ne avrei data un po’ di meno.

6. G. se n’è andato. La casa sembra così grande senza di lui. Ha lasciato un biglietto sul tavolo della cucina ed è sparito. Due parole: mi dispiace. Sedici giorni dopo ha telefonato per dire che tornava a vivere nella villa al mare che gli avevano lasciato i genitori. Non voleva le sue cose: i vestiti, i dischi. Solo il violino era scomparso, anche se non lo usava mai.

La situazione in teatro è critica: la gente viene, ma col ricavato dei biglietti a malapena si pagano le compagnie. Poi ci sono le bollette e tutto il resto. Serve una nuova mano di vernice.

La notte fra venerdì e sabato Adamo non la ricorda: ci sono luci, volti, colori, nulla di definito. Apre gli occhi. Le pareti sono divise in due, bianche sopra e verdi sotto. Le lenzuola sono ruvide. La mente vorrebbe ragionare ma la materia di cui consta la realtà sembra impenetrabile. È sveglio, portiamolo dal primario.

7. Alla fine poteva andare peggio. La pressione era semplicemente insostenibile, e poi adesso sarà parte di un circuito più grande e florido. Lo hanno acquisito quelli del Teatro Permanente: hanno detto che uno spazio in più fa sempre bene, e che ormai quella parte di provincia è così vicina alla città che si tratta di un rischio calcolato. Liliana è rimasta per gestire il bistrot, Adamo le doveva almeno un favore. Dopo quasi un anno, fra ristrutturazioni e ritardi, un nuovo cartellone, diverso dai precedenti. Compagnie più prestigiose. C’è anche Castellucci, hai visto? Roberta ne era entusiasta.

Anche Adamo è andato via. I suoi genitori non ci sono più, le persone a cui teneva hanno compreso. Primo tentativo: le Svalbard. Ora è tornato al Mar Tirreno, che è più facile da gestire.

8. Spiagge vulcaniche, ginestre, sale. Tre ristoranti, due alberghi. Una volta all’anno, in media, qualcuno viene a trovarlo. Liliana, Roberta, suo cugino con la moglie e i bambini. Le giornate sono placide, metempiriche.

La telefonata è durata poco: G. non era uno che parlava molto, ma se un tempo si impegnava, ora non ci prova neanche più.

Un paio di mesi dopo, Adamo è entrato nel mare.

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