Cosa rimane del dolore

di Federica

domitilla.pirro
Scrivere la ferita @OFF TOPIC
5 min readJul 30, 2023

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[NB: ogni racconto della raccolta è stato realizzato a coronamento di questo percorso. Qualsiasi riferimento a nomi, persone esistenti o fatti accaduti è puramente casuale ed è da attribuirsi integralmente alla teoria del caos.]

fonte: Paul Cyr/Barcroft Media /Landov

Mi sono chiesta molto tempo dopo se e quanto io abbia parlato, quella sera. Il quadrilatero romano era più bello del solito, poca gente per le strade in un mercoledì qualunque di metà ottobre. All’uscita dal locale che lui aveva prenotato ero un po’ brilla, probabilmente a causa del vino che lui aveva selezionato. Avevo trascorso tutta la sera ad ascoltarlo, mi sembrava così interessante; ora fatico a ricordare di cosa avesse parlato.

“Non ho più voglia di stare con te”

“Non voglio dedicare tempo a qualcosa di marcio”

“Non mi piaci come persona”

“siamo incompatibili”

“Stop”

Il senso di stordimento, il vuoto attorno, la vista che si appanna mentre rileggo i messaggi. La nausea e l’angoscia. Il telefono che squilla a vuoto. Una giornata di lavoro da affrontare. La nuova macchina turchese di mamma, mai guidata per non fare danni; voglio raggiungerlo e affrontarlo di persona. La pioggia estiva che si abbatte nel tragitto. Il dolore allo stomaco, mi è arrivato anche il ciclo. Gli occhi gonfi di lacrime. Ho paura perché è finita, stavolta davvero.

Ho spesso pensato che senza Marco la mia vita a Torino non sarebbe stata più la stessa. Mi spaventava l’idea di ricominciare tutto da capo, la sensazione di sentirmi sola e, di nuovo, come appena arrivata in una città sconosciuta.

Il primo passo, forse, è stato riconoscere che da sola non ce l’avrei fatta. Serviva aiuto. Ma non quello che puoi trovare nella famiglia o negli amici, spesso troppo presi a confortarti più che ad aiutare davvero. Mi sono rivolta per la prima volta nella vita a una psicoterapeuta. Non avevo aspettative o pretese, solo tanta vergogna per me stessa. Non sapevo spiegarmi come fosse stato possibile finire intrappolata in quel modo in una spirale di dolore e sofferenza per oltre due anni. Volevo uscirne al più presto.

Ho pianto tanto con lei, a volte così forte da non riuscire neppure a parlare. Per chi non è abituato a raccontare le proprie emozioni, dover addirittura pagare per farlo è quasi una violenza. Piangevo perché Marco mi aveva lasciato con una motivazione ridicola, perché non sapevo più che fare della mia vita, perché ero arrabbiata con me stessa per come mi ero ridotta e, soprattutto, per non essere riuscita a cogliere in anticipo tutti i segnali che mi aveva nel tempo mandato. Non è stato sempre facile, questo lungo cammino: ho dovuto metterci tanta buona volontà anche quando proprio non mi andava. Ho imparato a guardare le cose da un punto di vista diverso. Ho smesso di sentirmi sbagliata perché qualcuno mi aveva convinto che fosse così. Con fatica ho lentamente smesso di chiedermi che errori avessi commesso con lui, cosa sarebbe potuto andare diversamente se mi fossi comportata in un certo modo piuttosto che in un altro, o cosa sarebbe successo se quella volta non mi fossi arrabbiata con lui o quell’altra volta non avessimo litigato per colpa mia. Spoiler: sarebbe andata esattamente allo stesso modo. La sua natura era ed è quella, non lo avrei certo cambiato io, come ingenuamente pensavo, ed è incompatibile con la mia.

I primi tempi nutrivo ancora la speranza che le cose si sarebbero potute sistemare, che sarebbe tornato sui suoi passi. Era stato il mio porto sicuro e mi sentivo ancora una barca abbandonata in mezzo al mare, in balia delle onde, desiderosa solo di rientrare in porto. A questo mare di difficoltà si aggiungeva anche la sua presenza costante a lavoro, significava riaprire quotidianamente ferite che provavo a chiudere con fatica.

Poiché non volevo avere tempo libero per pensare e stare male, mi sono convinta a recuperare rapporti con qualche amico a Torino che avevo messo da parte, chissà perché, da quando avevo iniziato a frequentare Marco. Contro ogni aspettativa iniziale, ho trovato tante belle persone con cui condividere esperienze e trascorrere il mio tempo. La psicoterapia mi ha dato il coraggio di affrontare il dolore e a non evitarlo. Ho imparato a bastarmi. Mi piace trascorrere del tempo da sola, nella mia casetta o in giro per la città o dove desidero. Sono consapevole che ho tanti amici con cui posso passare il tempo, se ho voglia. Decido io cosa è meglio per me, cosa mi fa stare bene, evito accuratamente di fare cose che non mi piacciono o frequentare gente che non mi fa stare bene, senza sentirmi per questo in colpa. Ho preso finalmente il telecomando in mano e sono io a cambiare canale. Non sono più la TV di qualcun altro, da accendere e spegnere a piacimento.

Ci sono voluti circa 5 o 6 mesi per realizzare che potevo stare bene anche senza Marco e che, in tutta sincerità, non avevo perso granché. La persona che avevo idealizzato così a lungo non esisteva nella realtà. Tuttavia, da buon narcisista, privo di qualunque forma di empatia e rispetto verso le altre persone, proprio quando avevo iniziato a vedere una flebile luce in fondo a questo tunnel infinito, lui è riapparso prepotentemente nella mia vita. Aveva capito che mi stavo rialzando e temeva probabilmente che mi dimenticassi di lui. Cercava di farmi sentire in colpa per il fatto che non avevo perso tempo a rifarmi una vita, insinuava che avessi frequentazioni con altri ragazzi e se non rispondevo alle sue stupide provocazioni ero io la stronza. Voleva passare per vittima di una situazione che aveva creato lui. Sebbene io sia caduta nella sua trappola almeno un paio di volte, illudendomi che le finte attenzioni che mi rivolgeva fossero mirate ad un riavvicinamento, in quei momenti sapevo di avere qualcosa su cui potevo poggiarmi. La psicoterapia mi ha aiutato a ritrovare l’equilibrio prima di cadere di nuovo rovinosamente.

Marco non è uscito del tutto dalla mia mente, ma è sicuramente cambiato il modo in cui è presente. Se prima mi mancava terribilmente e pensavo a lui con nostalgia e malinconia, adesso penso solo a quanto sia grata per il fatto che mi abbia lasciata: mi ha salvato senza saperlo e senza che io ne fossi cosciente. Non ho la certezza di essere uscita da quel tunnel buio, ma la luce tiepida che vedevo mesi fa ora è più calda e luminosa. Il percorso di psicoterapia è finito, per il momento. Sto camminando da sola, non senza paure e pensieri contrastanti. Eppure, funziona.

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