Le notti blu

di Elisabetta Manzoni

domitilla.pirro
Scrivere la ferita @OFF TOPIC
3 min readJul 30, 2023

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[NB: ogni racconto della raccolta è stato realizzato a coronamento di questo percorso. Qualsiasi riferimento a nomi, persone esistenti o fatti accaduti è puramente casuale ed è da attribuirsi integralmente alla teoria del caos.]

Nel periodo tra quando è successo il fatto e quando ho iniziato a prendere medicine, durante i weekend io, Nina e Juno uscivamo a bere. L’abbiamo fatto diverse volte, ma non riuscirei a distinguerle. La prima penso sia la più dolorosa. L’ultima la più surreale. Nel mezzo dovrebbero esserci le volte migliori, i momenti buoni o quasi. Per quanto rinunciare alla vita — strapparsi la vita di dosso — e ricoprirsi le braccia — ricoprire tutto il letto — di sangue possano permettere momenti buoni. Uscivo di casa verso le sette, le otto. Arrivavo da Nina che era ora di cena. Juno era già lì. Trovavamo in un modo o nell’altro qualcosa da mangiare; a volte c’erano i suoi e mangiavamo con loro e i fratelli, altre cucinavamo o ordinavamo da asporto.

Dopo cena uscivamo noi tre e camminavamo una mezz’ora fino ai locali. Nina prendeva per prima cosa un Mojito. Beveva quello e poi alla Casa del Demone un Esorcista. Juno è quella delle tre che probabilmente regge meglio l’alcol, ma non penso abbia mai bevuto più di tre o quattro drink in una serata. Io sono passata — prima astemia — da uno e mezzo a X. X era il numero di bicchieri che misurava la serata. Non penso di aver mai cercato di capire che ora fosse. A quota uno tenevo d’occhio i gruppi di ragazzi ai quali passavamo vicini e Nina e Juno mi prendevano per mano per cercare vie meno affollate. A quota 1/2X sentivo i pensieri rallentare. A quota X di solito eravamo sulla via di ritorno.

Dopo quota X eravamo a casa, ancora vestite, sotto il letto rialzato di Nina. Era il momento in cui iniziava il limbo. Il limbo non è quando il dolore si ferma; è quando il dolore si coordina con il resto e tu riesci a tracciarne la via. E vedi le cose come concetti e le persone come idealizzazioni. Juno è il comfort. È il morbido e l’odore di comodo universale. È buona. Ci tiene. Spesso troppo. Una volta è tornata dal bagno con qualche pastiglia in meno e Nina si è arrabbiata con lei, perché Nina è la furia. Furia di tutto: di emozioni, di modi, di bisogni e risposte.

Non so se il limbo fosse l’alcol in circolo o il modo in cui riuscivo a vederci, noi tre a pezzi e i pezzi vicini.

Addormentarsi era come salutarmi. Svegliarsi, la mattina dopo, e sapere che ero ancora io, era piangere dentro.

Avrei voluto essere idea anche io ma so che sarei stata dolore. Ritrovarmi e non volermi così o non volermi affatto. A volte penso che la mia idea sia il ritratto di gente rotta che vuole solo tornare a casa, e penso che è da quando ho memoria che voglio tornare a casa.

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