Gli errori degli (aspiranti) scrittori

Cosa non va nelle loro storie e cosa dovrebbero migliorare

Alessandra Zengo
Scrivere oggi

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Ogni giorno un aspirante scrittore manda la propria opera a un numero imprecisato di editori e riceve altrettanti rifiuti da appendere al chiodo come faceva Stephen King quand’era giovane. Ogni giorno una casa editrice respinge con una comunicazione standard (“non rientra nella nostra linea editoriale”) le proposte che riceve per e-mail e per posta.

A volte l’editore non risponde proprio — troppi libri, troppo poco tempo — e preferisce scrivere sul sito ufficiale che, se non si fa sentire entro 4 / 6 mesi, l’autore può considerarsi ancora single.

Così, di fronte al silenzio delle redazioni, l’aspirante scrittore non sa cosa pensare: sono stato scartato perché scrivo male e la storia non funziona, oppure perché pubblicano solo raccomandati e io non conosco nessuno del settore? Ma soprattutto: perché Fabio Volo sì e io no?

Come ho già spiegato nell’articolo Perché non scrivo schede di lettura per autori, gli editori considerano diversi fattori per l’acquisizione di un testo, e la qualità non è sempre nella lista delle priorità. Tuttavia, a parte casi eccezionali, il 90% degli autori viene respinto perché ci sono delle carenze evidenti che non sono compensate da altri fattori, come la popolarità sui social network, l’originalità della storia o altro.

Dicono che non sia possibile valutare un testo dalle sole prime righe. Forse è vero, ma è comunque possibile capire moltissimo, soprattutto quello che un autore non sa fare. All’inizio l’attenzione del redattore è massima: non sfuggono errori di grammatica, punteggiatura e stile. E continuare, quando si è già capito che chi scrive non padroneggia nemmeno le basi, non è semplice, ma richiede una particolare pazienza e costanza che anche alla sottoscritta manca.

Avendo letto e corretto molti inediti, ho pensato di stilare una lista degli errori che ho riscontrato nelle opere degli scrittori esordienti (ma non solo), già dalle prime pagine.

  • Grammatica: è semplice e tutti possono impararla, ma se si sbaglia, allo stesso modo, tutti se ne accorgono, o quasi. Prima di aprire un file Word o un progetto su Scrivener, è meglio accertarsi di conoscerla bene. Temo che essere nati in Italia non sia ancora sufficiente.
  • Punteggiatura: è spesso maltrattata dagli autori, che pensano di poterla usare come vogliono, perché al limite esistono le licenze poetiche. Lasciamone l’uso stilistico a chi uno stile lo possiede già.
  • Stile: quale aspirante non si sente, se non dotato, almeno speciale? Scrive, e al primo tentativo pensa di aver già prodotto al proprio meglio quello che immaginava. La maggior parte, invece, non ha uno stile proprio, distintivo, e soprattutto non possiede la giusta attenzione e un controllo della lingua che vada oltre la correttezza grammaticale, che pure non è più così scontata nel mondo del self-publishing.
  • Superfluo: un altro errore è scrivere “cose” (parole, frasi, paragrafi, scene, capitoli, libri) superflue, che non servono, che non dicono niente, che non hanno nessuna finalità, nemmeno per se stesse perché non sono scritte abbastanza bene. Quindi sono superflue, ma anche superficiali.
  • Banalità: nessuno è al sicuro dalle banalità, ma c’è chi è abbonato. Quante notti buie e tempestose sono state raccontate? E quante ne ricordiamo e apprezziamo? Metafore e similitudini sono bellissime e preziose, per questo vanno trattate con cura. I proverbi della nonna sono saggi, per questo vanno centellinati.
  • Coerenza: è la virtù e l’ingrediente segreto per ogni buon romanzo che si rispetti, da applicare alla trama e all’intreccio, ma anche alla costruzione dei dialoghi e alla caratterizzazione dei personaggi. C’è coerenza anche nell’incoerenza del poète maudit o dello scienziato pazzo. Stiamo parlando di letteratura, non della vita, che ha la prerogativa dell’insensatezza.
  • Ripetizioni: si annidano negli angoli come i nerini del buio e sopra ogni superficie come la polvere. Sono difficili da vedere per chi le scrive, ma molto irritanti per chi le legge. Leggere al contrario non serve, ma una revisione attenta e concentrata, a distanza di qualche giorno, può aiutare a contenerle. Quelle volute sono benvenute, ma solo se l’autore ha imparato a padroneggiarle sul serio.
  • Formattazione: la mia ossessione, lo sapete. Una buona formattazione contribuisce a una lettura migliore del testo, al suo andamento e alla sua comprensione, anche. Vi è mai capitato di leggere un romanzo senza paragrafi, per esempio? E con qualche font o colore strano? Non è una bella esperienza, vi assicuro.

Come fare per risolvere questa lunga lista di (difficili) problemi? Cominciando a riconoscerli: leggendo prima, scrivendo poi. Leggete tanto, e di tutto, perché anche le pubblicazioni brutte, quelle che vengono considerate spazzatura, hanno qualcosa da insegnare (ovvero tutto ciò che è bene evitare per produrre una buona storia).

Le regolette e i blog di scrittura non vi salveranno, e nemmeno lo show don’t tell, così tanto citato nelle discussioni sulla narrativa. Mi sono sempre chiesta: ma se uno racconta benissimo, perché dovrei spingerlo a “mostrare” qualcosa?

Sono un’editor e una consulente freelance che si occupa di branding e marketing. Dal 2009 vivo una relazione impegnativa col mondo editoriale, ma ancora non ci siamo lasciati. Se ti piace come scrivo, unisciti alla tribù dei lettori di Elementary, la mia newsletter personale. È strana, simpatica e arriva sempre nel momento giusto.

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Alessandra Zengo
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I’m a red-haired editor obsessed with blue. I was born sick and sour.