Ascesa e caduta di FriendFeed

Come cambiano le cose (e come poi lo fanno in fretta)

Marco Castellani
Segnale Rumore
7 min readMay 31, 2017

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Oggi pochi ricordano l’epoca sperimentale dei social network. L’epoca dove quasi ogni giorno nascevano dei tentativi nuovi, dove il campo di battaglia era veramente aperto, dove il confronto accadeva ancora vigoroso tra contendenti di forza paragonabile.

Ti collegavi la mattina e scoprivi un nuovo servizio, un nuovo gioco. Allora (tempo permettendo) ti addentravi, cercavi di capirne le dinamiche, in che cosa era diverso dagli altri, cosa offriva di più rispetto agli altri, in cosa magari era ancora indietro.

Tutt’altro rispetto a quanto accade adesso, dove pochissimi grandi hanno ormai preso il campo e spazzato l’orbita, facendo pulizia — anche dalla memoria— di tutto quello che di diverso è stato tentato. E inglobando, se necessario, le cose che di quei tentativi veramente funzionavano.

Ad esempio, molti non sanno che il famosissimo ed usatissimo “mi piace” non fu affatto una invenzione di Facebook, ma di FriendFeed. Un social network ormai defunto (come tanti altri) che a suo tempo si fece apprezzare per alcune soluzioni tecniche coraggiose ed innovative. Tanto per dire, quello che per primo permise la modifica dei post. Quello che, in altri termini, diede il permesso di sbagliare, di essere uomini.

FriendFeed. Quando ancora funzionava, ovvio.

Ancora ricordo. Ricordo bene l’impressione che mi fece l’introduzione di quella pagina di stato che si autoaggiornava in tempo reale — proiettando sul video i nuovi contenuti, mano mano che arrivavano. A quei tempi era una cosa ipnotica, decisamente. Un assaggio di nuovo web estremamente più dinamico di ciò a cui eravamo abituati al tempo— essenzialmente, una serie di pagine di ipertesti, con pochi e ben dosati elementi multimediali, distribuiti con sobrietà per non appesantire i tempi di caricamento della pagina.

A FriendFeed sono legati probabilmente i primi esperimenti verso questa nuova epoca dinamica. E’ stato un laboratorio consistente ed efficace, al di là della sua stessa esistenza.

Ad aprile del 2009 Friendfeed si presenta con una interfaccia localizzata anche in lingua italiana. Insomma le cose stanno andando bene, anche per chi lo usa qui da noi. Nello stesso anno però viene acquisito da Facebook, ed in pratica (lo dico subito) questo segna l’inizio della sua lenta ma inesorabile caduta, fino alla chiusura definitiva nel 2015.

Il guaio di queste faccende, per chi avesse la curiosità di documentarle, è che di solito scompaiono dalla rete lasciando pochissime tracce.

Di FriendFeed è però rimasto, al momento, il blog. Strumento utilissimo per ripercorrere una parabola evolutiva che, come sappiamo, ha interessato — in modalità molto simili — diverse realtà sul web.

Spulciamolo un po’, allora, questo blog. E’ come carotare nel web in cerca di tracce di un lontanissimo passato (del resto, un anno nel web è come un secolo altrove). E’ la storia di un inizio esaltante, pieno di entusiasmo, e poi…

Ma andiamo con ordine. C’è roba interessante.

Così si apre il primo post del blog. Siamo nell’anno 2007. In effetti, tutto trasuda entusiasmo e voglia di fare.

It has been quite a week for us at FriendFeed. We launched a private beta version of our site to a handful of people on Monday, and we got a bunch of great press about the launch. Our ambitious beta testers have been using the site intensively, reporting tons of bugs and requesting tons of features in our discussion group. We really appreciate all of your feedback on the site…

Di ottobre dello stesso anno l’introduzione del celebre tasto “like”, di cui parlavamo prima.

…a lot of our users said they wanted an ultra-quick way to share their appreciation for the most funny/interesting/useful entries from their friends. Now you can tell your friends which entries you like with a single click

Idea che — lo sappiamo bene — si rivela assolutamente vincente, per cui a distanza di mesi, il team può perfino indulgere in un post poetico, significativamente intitolato Love is all you need (non è poi arduo trovarvi un esplicito omaggio alla celebre canzone dei quattro di Liverpool).

Insomma tutto fa pensare ancora che le cose vanno davvero bene. Tutti sono contenti. Giocano, si divertono.

Il web in fondo, nel 2007, è ancora qualcosa dove giocare, sperimentare. Non è ancora appalto esclusivo di grande imprese, non è ancora un territorio completamente monetizzabile. C’è spazio per provare qualcosa di nuovo.

Si pensa già infatti ad un nuovo FriendFeed. Proprio quello che propone l’aggiornamento in tempo reale (senza premere nulla, la pagina si aggiorna da sé, appunto).

Mi si permetta un inciso. E’ interessante anche, squisitamente sotto il profilo dell’archeologia informatica, che il sito sia totalmente scomparso, ma rimanga invece il materiale illustrativo del medesimo.

Come questo video su YouTube, che mostra le novità appena introdotte.

Potrebbe sembrare molto particolare vedere un esempio “dinamico” di… qualcosa che non c’è più. Ma tant’è. Sono le bizzarrie della rete: lungi dall’essere qualcosa di omogeneo ed ordinato — la rete è qualcosa così esteso e pervasivo ed insieme caotico e frammentato, che rimangono le tracce anche di ciò che non è più. Un video su YouTube vive ben più di quello che sta descrivendo, alle volte.

Ma torniamo agli amici di FriendFeed. Sì, le cose vanno bene. Ancora bene. Si gioca, si scherza. Perfino l’acquisizione da parte di Facebook, questo mostro che asfissia chi cade dentro il suo abbraccio mortale, viene presa come un gioco. Quasi a riprova di ciò, il post che saluta questo passaggio cruciale viene titolato FriendFeed accepts Facebook friend request. Il tempo avrebbe presto mostrato come fosse ben più di una “richiesta di amicizia”.

Anzi. Qualcosa di molto, molto diverso.

Vale la pena di soffermarci un pochino su questo post, involontariamente drammatico, pur nei toni (forzatamente?) enfatici. L’apertura è quasi standard, quasi da copione. Come sempre in questi casi (ne avrò letti non so quanti), sono tutti emozionati e contenti di questo passo.

The FriendFeed team is extremely excited to become a part of the talented Facebook team. We’ve always been great admirers of Facebook, and our companies share a common vision.

C’è poi una frase che — a rileggerla adesso— fa quasi tenerezza, per come è poi stata clamorosamente disattesa nei fatti.

What does this mean for my FriendFeed account? FriendFeed.com will continue to operate normally. We’re still figuring out our longer-term plans for the product with the Facebook team…

Insomma, per l’utente non cambierà nulla. Anzi trarrà profitto da una nuova sinergia, etc etc…

Bene. Occhio alle date, adesso.

Il post dell’acquisizione è del 10 di agosto. Il successivo post è di appena tre giorni dopo, e parla ancora di miglioramenti all’interfaccia. Nello specifico, dell’introduzione dei temi. Quasi a voler rassicurare che le cose stanno andando bene, che è tutto come prima.

Non è proprio così, come vedremo.

Affatto. Perché da questo momento in poi, sul blog di FriendFeed scende il silenzio. Niente. Nessun post per anni. Niente di niente. 2010. Niente. 2011. Niente. 2o12. Nulla. 2013. Nisba. 2014. Come sopra.

Anni di pace, e silenzio…

E arriviamo al 2015.

Il post è del nove di marzo, e svela l’amara notizia. Ma si poteva già capire, da tempo non c’era assolutamente traccia di alcun aggiornamento, nessuna attività che non fosse un sopravvivere passivo.

Curiosamente, il post (a differenza dei precedenti) non ha titolo. Entra subito in medias res. Non c’è nessuna traccia della giocosità dei post precedenti. Prosa asciutta, che rivela un totale cambiamento d’atmosfera.

Dear FriendFeed community, We wanted to let you know that FriendFeed will be shutting down soon. We’ve been maintaining the service since we joined Facebook five years ago, but the number of people using FriendFeed has been steadily declining and the community is now just a fraction of what it once was. Given this, we’ve decided that it’s time to start winding things down. Beginning today, we will no longer accept new signups.

In altre parole, abbiamo perso.

Fate caso. Siamo nel 2015. L’epoca in cui la pluralità di ecosistemi e di esperienze social nel web si è drammaticamente ristretta intorno a pochi giganti (Facebook, Twitter…) con il collasso di decine o centinaia di altre esperienze interessanti, di altri modi di farlo.

La chiusura di FriendFeed è niente altro che questo: una presa d’atto dello stato delle cose. Come quella di Qaiku, per dire. Che ancora rimpiango (sia detto così, di passaggio).

Siamo al punto. L’ultimo post (anche questo, senza titolo) non è niente altro che il piano riconoscimento di quanto è accaduto.

FriendFeed was shut down on April 9, 2015. We maintained the service since we joined Facebook in 2009, but the number of people using FriendFeed had been steadily declining and in the end, the community was just a fraction of what it once was. Given this, we decided that it was time to start winding things down…

Come vedete, non è nemmeno particolarmente originale, perché riprende di fatto gran parte del post precedente, cambiando solo il minimo (data di chiusura effettiva).

E’ qualcosa in cui nessuno crede più, è qualcosa di morto.

I tempi stavano cambiando, e una certa intelaiatura sperimentale del web era definitivamente tramontata. E con essa la proliferazione di servizi, di punti di visione differenti, di opzioni. Hanno vinto pochi. Ha vinto chi ha fiutato le scelte giuste, per il mercato. Non necessariamente le migliori, ma quelle vincenti.

E’ finita un’epoca. Bella, esaltante, sperimentale. Ma è finita per una ragione. Siamo cresciuti.

Il web è diventato sempre più importante, nella vita pratica delle persone. Ed è cresciuta, di conseguenza, la richiesta di affidabilità. Vi sono entrati milioni di individui che lo usano essenzialmente per comunicare un contenuto, non per sperimentare un servizio.

Sarà più prosaico (e la nostalgia della fase uno, di fatto, rimane), ma ha anche dei vantaggi. E soprattutto, non dobbiamo fare l’errore di pensare che la stagnazione abbia sostituito la sperimentazione. Il progredire della tecnologia sul web impone infatti una continua rimodulazione ed esige una vigilanza anche dei soggetti più solidi.

E’ vero che ora non basta più una buona idea, ci vogliono buoni capitali.

Dunque è più difficile che una o due persone — armate solo di questa buona idea, ammesso che sia davvero buona-— possano innestare una vera rivoluzione dell’assetto tecnologico presente. Ma non è impossibile, lo sappiamo. Tanto per dire, così di passaggio: nuovi soggetti entrano in campo. Incluso quello che ospita queste stesse parole, Medium.

Insomma, tutto può ancora accadere.

Sempre.

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