Auguri Android

Marco Castellani
Segnale Rumore
Published in
3 min readSep 23, 2015

Se dovessimo indicare un preciso inizio per l’avventura di Android, il sistema operativo ora più diffuso per i dispositivi mobili, dovremmo probabilmente tornare alla data del un 23 settembre di sette anni fa. Correva infatti l’anno 2008 quando veniva rilasciato l’SDK della versione 1.0 del sistema operativo mobile derivato dal kernel linux. Appena un mese dopo, arrivava sul mercato il primo terminale Android, sotto le spoglie di un HTC G1 Dream.

Certo, ora farebbe sorridere, considerare appetibile un terminale con una matrice di punti di 480 x 320 punti, e una fotocamera di 3.2 Mpx. Ma cari signori, si era appunto nell’anno 2008. Moltissima acqua è passata sotto i ponti, da allora. Tanto per dire, nel mondo Apple si era appena alla versione OS2 del sistema operativo mobile, la versione che tra l’altro introduce l’App Store, dove si rendono disponibili per la prima volta applicativi di terze parti, da scaricare ed istallare sul proprio smartphone. Sappiamo bene quanto questa mossa sia risultata vincente e abbia portato una immensa flessibilità e creato nel tempo un parco software davvero smisurato.

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Dal canto suo Android, come si può leggere nell’interessante articolo di HDblog, già dalla prima versione incorporava il suo market, dispiegando già un sistema relativamente completo ed usabile.

Da allora, come si può seguire nell’articolo, i progressi si sono susseguiti a ritmo costante (come del resto è vero per la sua principale controparte, appunto iOS). Dunque una ricorrenza come quella di oggi ben si presta a ripercorrerne la storia, e a indulgere in qualche considerazione su un sistema utilizzato da più dell’80% dei dispositivi mobili.

Android, forse meglio di ogni altro esempio, è il trionfo del modello a sorgente aperta. O meglio di una sorta di compromesso tra mondi diversi. Come si può infatti leggere nella relativa voce di wikipedia, “È per la quasi totalità Free and Open Source Software (ad esclusione per esempio dei driver non-liberi inclusi per i produttori di dispositivi e di alcune google apps incluse come il Google Play store), ed è distribuito sotto i termini della licenza libera Apache 2.0” .

Dunque è open source, d’accordo: ma non del tutto. E in questo ibrido è da ricercare — con ogni probabilità — la sua formula vincente. Nel compromesso intelligente del quale si nutre, fin dalla sua fondazione. Nell’equilibrio instabile — ma virtuoso — che informa il sistema stesso. Perché quello che vince in Android non è l’assoluta libertà. Non è nemmeno l’ombrello avvolgente e totalizzante di una sola ed unica azienda. Android è certo Google, ma non è soltanto Google. E’ qualcosa di mezzo, che dà probabilmente fastidio sia ai puristi dell’open source come ai suoi denigratori.

Ma, per ora, è un modello vincente. E’ un fatto. E per dirla con Bulgakov, i fatti sono la cosa più ostinata del mondo.

IDC: Smartphone OS Market Share 2015, 2014, 2013, and 2012 Chart

Dicevano gli antichi, del resto, “In medio stat virtus”. Allora, penso oggi, forse è proprio questo il piccolo insegnamento che possiamo portarci a casa, da questo successo. Perché certamente Android non è esente da difetti. Ma se ha stravinto, per ora, ci deve essere una buona ragione. E la ragione è questa sua flessibilità splendidamente non-ideologica. Squisitamente pragmatica, potremmo anche dire.

Con un po’ di arbitrarietà, potremmo dire vince chi si adatta, chi è morbido. Chi porta avanti la sua idea non in opposizione o contrapposizione ma in collaborazione o comunque in dialogo con il resto del (suo) mondo.

Android riesce a prendere il meglio da modelli diversi (da una parte l’open source, dall’altra il classico paradigma aziendale) in una sorta di compromesso intelligente.

Perché a volte non c’è niente di male nel cercare il compromesso. Diceva Franz Listz che la politica è l’arte del compromesso. Probabilmente, azzardo, giova più al benessere della gente un politico capace di realizzare intelligenti mediazioni tra quello che ritiene giusto e quello che ritengono giusto (o comodo, od opportuno) gli altri, rispetto ad un politico incartato, ingessato nel suo schema ideologico.

Ma questa probabilmente è un’altra storia.

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