Lo smartphone che ci prova

Cenni di un modo diverso (e sostenibile) per “farlo”

daniele scaglione
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4 min readDec 15, 2017

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Per alcuni anni ho lavorato ad actionaid, organizzazione internazionale che lotta contro la povertà nel mondo. Ero il capo del campaigning e, in quanto tale, mi capitava di partecipare a riunioni con i miei omologhi europei.

A uno di questi meeting, Nils, dell’Olanda, ci fa vedere uno smartphone. «Ci stiamo lavorando con altre organizzazioni, ad Amsterdam e, naturalmente, con un imprenditore». «Come si chiamerà?», chiede uno di noi. Nils fa un sorriso e dice: «Fairphone».

Costruire uno smartphone è una roba complessa. Come ogni prodotto ad alta tecnologia, si potrebbe dire. Vero, ma la complicazione, in questo caso, è che nella quarantina di elementi che stanno dentro uno smartphone, ce ne sono diversi particolarmente critici: ottenerli può avere un impatto considerevole sull’inquinamento del suolo o delle acque, sull’emissione di CO2 o, ancora, sui conflitti armati.

Lo smartphone di cui ci ha parlato il collega olandese, cercava di affrontare questo problema, individuando gli elementi su cui era prioritario intervenire. La situazione è riassunta in questa tabella, che mette in colonna gli elementi e in riga le aree problematiche: più i pallini sono grossi, nel punto d’incontro, più l’impatto è grande e prima la situazione va affrontata.

Altro tema piuttosto caldo, nella costruzione degli smartphone, è quello delle condizioni di lavoro. Non solo di chi estrae gli elementi necessari, ma anche di chi realizza i singoli componenti e li assembla. Nel 2015, quasi 800 milioni di smartphone sono stati realizzati in Cina. Fairphone non fa eccezione, però va a selezionare quelle fabbriche che, nel grande paese asiatico, danno garanzie sul trattamento dei lavoratori.

Ma, forse, il Fairphone ha l’approccio più innovativo su un altro punto: vuole durare diversi anni. In Italia cambiamo lo smartphone in media ogni due anni. Perché lo rompiamo, ma anche perché si tratta di un mercato ossessionato dalle nuove versioni, e se sei indietro di due numeri sull’ultima versione, ti senti un emarginato sociale. Fairphone lo si compra perché lo si vuole usare per parecchio più tempo (personalmente, non voglio sentir parlare di un nuovo smartphone per almeno altri cinque- sei anni).

L’elisir di giovinezza, per la Fairphone, ha un nome molto semplice: modularità. Ti si rompe lo schermo? Lo sostituisci, a un costo che è circa il 16% del costo dell’intero telefono (ed è una cosa che puoi fare tu utente, da solo). La batteria ha tirato gli ultimi? Ne puoi comprare una — 20 euro — e, di nuovo, la puoi sostituire da solo. Vuoi aggiornare il tuo Fairphone con qualche componente migliore? Ad esempio, sul mio ho una camera da 8MP. Ora ne è uscita una da 12MP: con 70 euro (il 13% di quanto l’ho pagato), potrei averla (ma per le mie esigenze di fotografo, 8 MP vanno ancora bene).

Rispetto al sistema operativo: è corretto che un apparecchio ‘fair’ abbia installato android, vale a dire un prodotto di uno dei colossi che fanno il bello e il cattivo tempo, nel mondo di internet? Beh, in realtà Fairphone ti offre la possibilità di scegliere, e android è un’opzione. L’altra è il Fairphone Open.

Io posseggo un Fairphone da ormai più di un anno e ne sono molto soddisfatto. Ho avuto anche modo di testare il loro servizio di assistenza. Prima per un consumo anomalo di batteria, problema risolto con lo scambio di qualche mail. Poi per un surriscaldamento eccessivo dell’apparecchio. Anche in questo caso, dopo qualche scambio di email, il problema è stato risolto, in modo più radicale: me l’hanno sostituito, il mio Fairphone. A onor del vero, questa assistenza — sempre via mail, ma si può pure parlare al telefono — non è stata sempre velocissima, ma è stata sempre cortese e seria.

Tutto perfetto, dunque?

No, tutto molto concreto. Alla Fairphone non dicono di aver risolto i tanti problemi che stanno dietro alla produzione di uno smartphone. Dicono di affrontarli, e come va la battaglia lo raccontano.

Rimane da discutere il tema del costo. Per quello che offre, in termini di prestazioni, design e tutto il resto, il Fairphone è competitivo? (Ah, visto che di costo si parla, qui si spiega come sono composti i 525 euro del prezzo medio). Lascio la valutazione a chi, più di me, è appassionato alle performance tecniche, ma non faccio fatica a credere che, per mezzo migliaio di euro, si possa trovare di meglio (anche se, forse, una valutazione complessiva del costo andrebbe fatta proiettandosi su cinque anni e oltre, quando la concorrenza diventa obsoleta e non c’è modo di far alcun aggiornamento).

Però, proprio qui sta il punto:

rifiutare di essere competitivi alle spalle dei lavoratori, dell’ambiente, delle vittime dei conflitti armati.

Si tratta di voler essere competitivi, invece, nel mercato frequentato dalle persone che vogliono un mondo migliore. E che, a costruirlo, ci provano davvero.

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daniele scaglione
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Sono un fisico dirottato. Vivo grazie alla formazione e alla radio. Ho scritto 'Più idioti dei dinosauri' (e/o, 2022). www.diffrazioni.it