Perché lascio Apple Music

Marco Castellani
Segnale Rumore
Published in
5 min readOct 18, 2015

Alla fine del periodo di prova, ho deciso di abbandonare il servizio di streaming Apple Music. E senza troppi rimpianti, a dire la verità. Per quanto abbia diverse caratteristiche di indubbio interesse, non è quello che fa per me, adesso.

Vorrei provare a mettere nero su bianco qualche impressione, per valutare le ragioni di una scelta. Ragioni che possono essere condivise in parte o per nulla, ma che in ogni caso, esprimendosi in forma scritta, trovano come di consueto una loro forma più compiuta.

Allora, come sappiamo il servizio Apple Music arriva con un periodo di prova gratuita piuttosto esteso (ben tre mesi); il che vuol dire tra l’altro che per gli early adopters tale periodo risulta scaduto da appena qualche giorno (e così per me, infatti). Devo subito dire che all’inizio sono stato piuttosto ben impressionato dal servizio, e soprattutto dalla sua assai curata integrazione (e come poteva essere altrimenti?) degli album selezionati per lo streaming nella libreria iTunes della musica — diciamo — “di proprietà”. E’ senz’altro bello veder apparire i dischi “scelti” dalla radio all’interno del proprio catalogo musicale, a formare una collezione “ibrida” — di cui parte sulla rete e parte effettivamente sul proprio computer. Più il tempo passava però, più si facevano robusti i motivi per abbandonare Apple Music, in favore di un altro degli analoghi servizi disponibili su Internet.

Ma vediamo: quali sono questi motivi?

Potrei riassumerli nella seguente lista. E’ bene dire che alcuni sono ovvi e non sono da considerare “difetti” ma caratteristiche del servizio stesso, di altri Apple ha già riconosciuto la presenza e lavora — o addirittura ha già lavorato — per sistemarli. Non prendete dunque la lista per ciò che non va, piuttosto consideratela come i problemi che un utente ha riscontrato, in un dato tempo (e luogo).

Bye bye Apple Music. Welcome back, @Rdio!

— Marco Castellani (@mcastel) October 1, 2015

Prima cosa. Non è — al momento –multipiattaforma (o come è più elegante dire ai giorni d’oggi, non è OS agnostic). Nel senso, è possibile fruire del servizio su molte piattaforme ma non su tutte. Dal mio tablet android Nexus 7 non posso proprio, per esempio. Pare che lo sbarco sulla piattaforma con il robottino verde sia appena questione di tempo, ma tant’è.

Secondo. L’ìmplementazione non è ancora completamente matura. Vi sono alcuni noiosi “difetti di gioventù”, se possiamo così chiamarli. Esempio. All’attivazione di Apple Music il sistema “verifica” la collezione di musica registrata in iTunes su altri dispositivi e la presenta intera su qualsiasi dispositivo connesso a quel dato account. Ecco, in linea di principio, una cosa bella. All’atto pratico, noiosamente confusa. Sì, perché il caricamento delle copertine è risultato spesso errato. Dimodoché uno sguardo d’insieme alla propria collezione non restituisce più una vista compatta e sopratutto coerente, ma una buffa accozzaglia di album in cui quelli già noti si mischiano con altri che sembrano completamente nuovi (e poi si scopre ovviamente che non lo sono, è cambiata solo la copertina).

C’è poi qualcosa di più strutturale. E questa è cosa che temo non cambierà molto presto. Apple Music — per un servizio che si apre ben dentro il ventunesimo secolo — è sorprendentemente poco social. Per spiegarmi, faccio il confronto con Rdio, il servizio che usavo prima dei tre mesi di prova, e che sono ritornato ad utilizzare ora. Per essere molto molto concreti, vado direttamente a mostrare due schermate che corrispondono alla visualizzazione di uno stesso album (“Selling England by the Pound” dei Genesis, mica pizza e fichi…) in entrambi i servizi di streaming.

Iniziamo da come appere l’album se richiamato da Apple Music (dunque, dentro iTunes)

Non sia di distrazione il fatto che il brano in esecuzione (come i più attenti potranno notare) non appartenga all’album mostrato ma sia una della Variazioni Goldberg: non è esattamente voluto ma si presta benissimo a dare un certo tono “alto” a quanto vado dicendo…

Adesso vediamo come appare lo stesso identico (storico) album dentro l’interfaccia di Rdio (ho dovuto selezionare una parte del quadro, quella funzionale al mio discorso) …

Cosa appare subito? Che su Rdio, accanto al disco (storico, lo ripeto), vi è una estesa sezione dedicata ai commenti degli utenti stessi. Cosa che in Apple Music manca totalmente. E’ una cosa necessaria? Certamente no: concordo con voi. Che ci importa dei commenti? De gustibus non est disputandum, del resto.

Eppure… Eppure dopo un po’ che uno usa un servizio come questo, si abitua. Si abitua al fatto che — in un certo senso — ascoltare un album (anche da soli) non è una attività solitaria. O meglio, non lo è più. E’ sempre qualcosa che ti fa sentire connesso a qualche altra persona. Ti fa sentire più che un mero ascoltatore. Ti fa sentire in un rapporto (che di solito è una cosa interessante e stimolante, come i più concorderanno). Sì, il fatto che puoi leggere cosa ne hanno detto le altre persone, di qual dato album, ha un senso, un valore. Il fatto che puoi vedere quanto tempo fa un dato utente ha ascoltato il pezzo, è più che una curiosità effimera. Ti fa sentire parte di una comunità.

E non solo. Di fatto, ti abilita nuove possibili esplorazioni musicali, ti suggerisce sentieri tra le note. Certo, perché puoi essere incuriosito nello scoprire che quell’album così di nicchia che pensavi ascoltassi solo tu nell’universo conosciuto, è stato ascoltato l’altro ieri da qualcun altro. Allora ci clicci sopra (al profilo di quel tizio misterioso, intendo) e scopri cosa altro ha ascoltato di recente. E magari ci trovi delle perle, o magari tutta spazzatura e non ti spieghi perché quel tipo ha avuto l’idea di ascoltare il tuo stesso album (sempre molto di nicchia). In ogni caso, ci trovi qualcosa.

Insomma: non sei più solo, per citare una canzone di un album (appunto) abbastanza di nicchia del grande Lucio Battisti.

Non sei più solo. Non sei solo davanti al Grande Sistema Omnicomprensivo, tu davanti ad Apple, tu solo davanti alla multinazionale. Comunque sia, su Rdio (e similmente su altri servizi) ogni album trasuda di umanità, dell’umanità di chi lo ha amato, ascoltato, adorato o denigrato. E noi di SegnaleRumore pensiamo che l’umanità sia la cosa più bella che si possa trovare in giro, quando si trova.

Ecco, Apple non mi dice nulla della “storia” che ha un dato album nel suo servizio. E questo mi fa perdere un bel po’ di interesse, perché perdo una parte importante di umanità.

Per cui, ecco spiegato il motivo del tweet riportato in apertura: ciao ciao Apple Music. Bentornata Rdio.

Originally published at www.segnalerumore.it on October 5, 2015.

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