Te l’avevo detto (cenni per una apologia di Waze)

Marco Castellani
Segnale Rumore
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7 min readJun 18, 2015

Niente, questa è in pratica la cronaca di una battaglia persa. Quella che ha visto contrapposta la genialità del pensiero libero (si fa per dire) da una parte, e dall’altra la tecnologia più spicciola, quella che informa ormai quotidianamente la vita nei suoi più piccoli e particolari aspetti. La guerra persa dell’uomo verso lo stesso prodotto del suo ingegno, potremmo dire.

Tutto inizia una “bella” mattina, quando il nostro protagonista (il quale, vista la stupidità manifesta, chiede per l’occasione di mantenere uno stretto anonimato) si risolve nel prendere la macchina e muoversi nella direzione del lavoro. Ecco, intanto. Che direzione? Primo problema. Qual è la strada più conveniente, stante le attuali condizioni del traffico, per recarsi all’Osservatorio? Le alternative sono diverse, bisogna decidere.

Come sfuggire al traffico? E alla propria stupidità?
Si può sfuggire al traffico? E soprattutto, si può sfuggire alla propria stupidità?

Bisognerebbe decidere, in realtà.

Ecco, da tempo non si decide più. Basta, con le elucubrazioni ardite, le estrapolazioni spericolate.

Tutti quei discorsi con i quali siamo cresciuti, quel buon senso spicciolo, fastidioso, a buon mercato, irriflessivo: Se ci sono molte macchine qui, figurati quante ce ne saranno sulla Tiburtina…

“Figurati”? No, non te lo puoi figurare. Stiamo parlando di un sistema caotico altamente imprevedibile. Ti scontri con un limite conoscitivo intrinseco. Non puoi fare estrapolazioni. O lo sai, o non lo sai. Se c’è chi te lo dice, lo sai. Se non c’è, non lo sai. Amen.

Chi te lo dice? Ecco, te lo dice la radio. Perfetto, bastava pensarci. Allora accendi sulla Rai, e inizi a sentire avvisi di una certa indubbia pregnanza e pertinenza, come l’immancabile “Code tra Roncobilaccio e Barberino del Mugello…” Ma come? Ma se sto all’interno del Grande Raccordo Anulare di Roma, cosa vuoi che mi importi? Poi è noto, in quella tratta le code ci stanno sempre, ormai tutta l’Italia radiofonica lo sa a memoria…

Non importa. Vuoi essere fiducioso. Allora aspetti, aspetti… è il turno della tangenziale di Milano… non te ne pò fregare di meno, al momento… Per meglio dire, nel panorama mentale delle cose che ti interessano o ti potrebbero interessare, la situazione della densità di macchine ai vari svincoli della tangenziale di Milano viene appena dopo, in ordine di importanza, del il comportamento alimentare dei coleotteri Anobiidae. Ovvero, non occupa nemmeno l’uno per diecimila della tua (già ridotta) CPU mentale.

E allora, perché tu, radio — desueto strumento che nel terzo millennio ti permetti ancora di ignorare la mia posizione geografica particolare — me lo vuoi raccontare? Perché devo sentire cinque minuti di chiacchiere su traffico in zone dove non sono e oggi, ci potrei giurare, non andrò, e non andrà anche nessuna delle persone con cui entrerò in relazione?

C’è qualcosa che non va, in tutto ciò. Se devo ascoltare notizie di gente assiepata in auto a centinaia di Km di distanza, è chiaro segno che non vivo ancora in un mondo perfetto.

Ah, ecco. C’è la soluzione. Basta con il centralismo. Ci sono le radio locali.

Perfetto.

Trovi la stazione… Dopo tre brani di cui uno francamente insopportabile, uno noioso e uno così così, dopo la pubblicità ammiccante completamente fuori luogo (scusami, ma come fai ad ammiccare alle otto del mattino di giorno feriale? Ti droghi di brutto?) finalmente arriva lei, la situazione del traffico. Appizzi l’orecchio, speranzoso in una frase che ti illumini, in poche sapide parole che inquadrino la situazione. Ed ecco… “code a tratti sul Grande Raccordo Anulare in carreggiata interna…. su Via Casilina si procede lenti per un incidente avvenuto al terzo chilometro.”

Vabbè, è già qualcosa. Ma chi ce va oggi sulla Casilina? Ti interessa sapere se devi prendere la A24 o andare per Tor Bella Monaca, magari. O financo, passare per Finocchio (absit iniuria verbis, ovviamente).

- Me lo dici? No? Chi me lo dice, allora?

Ecco. Te lo dice Waze. Lei. Lei lo sa. Lei sa quello che ti interessa. E ti dice solo quello.

Attenzione, Waze è femmina. Almeno per te che hai scelto la voce guida femminile.

Se resisti a smanipolarla mentre guidi (e in ogni caso non ti fa scrivere mentre la macchina è in movimento), smette di essere pericolosa e diventa utile. Molto molto utile. E più gli altri la usano più è utile (ecco perché questo post non è del tutto disinteressato). Il perché è semplice: ogni persona che guida con Waze appicciato riceve informazioni sullo stato del traffico ma al contempo le fornisce pure. Se guidi con Waze e piombi in una fila, almeno sai che stai propagando l’informazione, puoi aiutare altri a prendere percorsi diversi. Sì lo so, a quest’ora del mattino, con traffico e capufficio che aspetta e rogne (vere o ipotetiche) a valanga, non sei molto altruista. Meno male che lei, Waze, lo fa per te.

Così la strada te la sceglie lei, in base al traffico. In base al traffico sul tuo percorso, così puoi finalmente dimenticarti di Roncobilaccio (che peraltro ti riporta sempre alla famosa canzone di Venditti, quella che A Roncobilaccio ci venne incontro un vecchio… che poi ti entra in testa e non ti molla per tutto il giorno).

Resta il fattore umano, poi.

Cioè resta il fatto che l’uomo pensa sempre di essere più furbo. Forse c’è un problema psicologico. Magari hai messo la voce guida femminile, epperò non sopporti questa donna che sta in macchina ma non si vede (e non si tocca), e ti dice sempre cosa fare. Non preoccuparti, è normale. Oppure, non so se è normale, ma diciamo che accade.

Così, dopo tutto questo lungo giro di parole, torniamo a quello che mi successe a quello che successe al mio amico, del quale vi stavo raccontando.

Ebbene. Questo mio amico, stava sul Grande Raccordo Anulare di Roma, piacevolmente soddisfatto dalla qualità squisitamente scorrevole del traffico. Waze acceso, mostrava placidamente il percorso. La signorina dava qualche indicazione, secondo copione. Tutto bene. Se non che la tipa elettronica ad un certo punto gli intima di uscire dal raccordo, verso un percorso articolato e alternativo. Così il mio amico ricostruisce fantasiosamente il dialogo (dopo un po’ uno ci parla, con il navigatore, sopratutto se è in macchina da solo):

- Uscire dal raccordo? Sei sicura?

- Certo, che sono sicura. Che domande.

- Ma non vedi che scorre? Sei matta? Ci mettiamo un attimo, così, ad arrivare sulla Roma-Napoli.

- Senti, ti ho detto di uscire, al prossimo svincolo. Esci,dài.

- Ma scorre…. così allunghiamo…

- Esci, dài.

- Ma sei davero sicura?

- …..

Lo svincolo si avvicina. Darle retta?

Ma perché? Dobbiamo fidarci dell’elettronica quando va contro l’evidenza empirica? Abbiamo delegato tutto il nostro ragionamento ad un ciuffo di asettici circuiti integrati? Siamo completamente asserviti dalla tecnologia, instupiditi fino a negare l’evidenza? Tutto pur di compiacere una donnina sintetica? E che cavolo, siamo uomini o no?

- No, non esco. Mi dispiace, cara mia, ti stai sbagliando

- Esci, dài.

- Magari hai informazioni vecchie, non aggiornate…

- Umpf.

Il mio amico non esce. Continua sul raccordo, compiaciuto della riconquistata autonomia maschile, del dominio tranquillo anche su questa sintetica signora. E della ragionevolezza guadagnata, nel fidarsi dei propri sensi. Si sente tranquillo, maschio dominante, con la situazione sotto controllo.

Lo svincolo sfila sulla destra, lieve scompare una possibilità.

Dopo pochi metri, lei.

L’apocalisse.

Fila di macchine praticamente ferme. Fila interminabile, a perdita d’occhio.

- Acc…

Come fare? Come fare? Aveva ragione! Avevi ragione! Ora cosa faccio?

Waze ora non lascia margini alla speranza. Indica proprio questo, che te devi da fa’ la fila.

Lui cerca ancora un margine di dialogo.

- No no, non è possibile. Ma aspetta, tra pochi metri c’è la possibilità di fare inversione di marcia, passare sul ponte sul raccordo e tornare indietro. Faccio ancora in tempo. Perché tu waze non me lo dici? Eh? Adesso ci penso io!

Eccolo, l’accesso all’inversione. Strano, è ristretto, limitato a mezza corsia. Boh, staranno lavorando, basta che si passa.

- Hai visto Waze? Forse ho sbagliato, comunque ho rimediato alla grande! Ora giro e siamo a posto.

- Umpf.

Arriva in cima, e si trova bloccato da una sbarra. Bloccato? E che si fa? Provo una mega marcia indietro? E’ da pazzi…

- Waze aiuto! Che faccio ora?

- ….

Ad un certo punto la sbarra si apre. Prosegue lento e si trova in mezzo ad un enorme cantiere. Camion si muovono pigri, operai al lavoro, materiale da costruzione dovunque.

Si avvicina un tipo, con un casco giallo sulla testa e un’aria placidamente indagativa.

Il mio amico è alla resa totale.

- No mi scusi, ho sbagliato ad entrare. Non avevo capito fosse chiuso, dovevo…

Il tipo non è molto interessato alla giustificazione, lo guarda come fosse l’ennesimo pollo ad ignorare i cartelli. Però ha anche una sfumatura di compassione, nella voce e nello sguardo. Taglia corto, comunque.

- Dove deve andare?

- Niente, devo rientrare a Tor Bella Monaca …

- Allora guardi, segua questa stradina fino a dopo quei cassoni, vede, poi gira a sinistra e dopo un po’ si trova nella borgata. Vada piano, però.

- Sì sì sì, grazie. Tanto ho il navigatore, seguo quello… (meno male che Waze non replica).

La macchina del mio amico si muove con cautela, Waze intanto gli conferma la strada, lo riporta sulla borgata. Dopo un po’ rientra nel tragitto che — molto tempo prima — gli aveva proposto.

L’amico tira un sospiro di sollievo. E’ fatta. Ne siamo usciti. Siamo di nuovo in pista.

Guarda il display dell’iPhone. Waze gli indica pazientemente la strada proposta già a suo tempo. Si sente come un bambino davanti ad un adulto che metta la massima pazienza nel tentativo di educarlo.

La signorina digitale non si è troppo scomposta, del resto. Come se fosse niente, ritorna a dare indicazioni di percorso. Non c’è traccia di astio, apparentemente, nella sua voce. Neanche di disillusione o seccatura. Insomma, non si comporta come una moglie o una compagna in carne ed ossa, che a questo punto le girerebbero un po’ le gonadi per la stolida dabbenaggine del suo uomo di riferimento.

Vabbé. Si capisce che lei si sta trattenendo, è evidente. Ma lui lo avverte lo stesso, con un brivido lungo la spina dorsale (che gli ricorda altre occasioni un po’ meno digitali): nei circuiti di Waze adesso c’è un “ma io te l’avevo detto!” grande come un cantiere.

Rimane nei circuiti, sepolto accortamente nell’universo digitale, d’accordo.

Ma lui, lo sente lo stesso.

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