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A cosa servono i tempi di lettura indicati da Medium?

Emanuele Secco
Sekken’s Digest
4 min readApr 24, 2017

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La persistencia de la memoria (Salvador Dalí, 1931)

«Until I feared I would lose it, I never loved to read. One does not love breathing.»
HARPER LEE

Difficilmente inizio un post con una citazione. Sarà che sono sempre stato abituato a trovare le mie parole o il semplice fatto che una citazione, semmai, è perfetta per il finale. Tuttavia, ci sono occasioni in cui non posso farne a meno. Del resto, la scrittura è anche questo: copiatura e compenetrazione.

Citazione o no, lasciatemelo dire, ciò che conta davvero per chi scrive è il lettore. È lui a darci un senso.

Passo dopo passo, un post dopo l’altro, sto prendendo familiarità con questa (per me) nuova piattaforma. Fin da subito mi hanno colpito la sua pulizia, la sua immediatezza e la possibilità di evidenziare le parti di interesse all’interno di un testo.
Tutto molto bello. Una cosa, però, mi ha fatto storcere il naso: il fatto che sotto il titolo di ogni post compare il tempo di lettura espresso in minuti.

Per chi, come il sottoscritto, ama la lettura, un indicatore simile è quanto di più orrendo la mente umana si sia sforzata di concepire. Immaginate se, entrando in libreria, trovassimo sulla copertina di ogni libro il tempo necessario per completarlo. Come vi comportereste?
Quello di Internet, oltretutto, è un mondo in cui la velocità è la chiave di tutto, o almeno ce lo hanno fatto credere i social media manager che ogni giorno ci ammorbano coi loro post. Più fruizione e assimilazione saranno veloci e più il contenuto verrà esaltato e condiviso (molto spesso anche grazie a una buona sponsorizzazione).
Un indicatore del tempo di lettura, quindi, non può fare altro che penalizzare i post più lunghi. Vi immagino già a scorrere le news sul vostro smartphone, nei pochi istanti concessi da questa vita sempre più frenetica, saltando i contenuti con numeri a due cifre. Troppe parole. Troppo impiego in termini di tempo. Se poi dovete anche capire quanto scritto e commentare, be’, meglio scegliere un testo al di sotto dei 5 minuti.

Un lato negativo non da poco, ma le considerazioni iniziali spesso non rispecchiano il pensiero finale. Ammetto che stavo quasi per abbandonare Medium, e probabilmente ora non sarei qui a scrivere se non avessi contato fino a 10 per poi riflettere con più calma sull’argomento.
Mi sono trovato, così, a riassumere gli aspetti positivi in questa brevissima lista:

  1. l’indicatore può significare lungo tempo di produzione. Pensiero scartato quasi subito, in quanto non è detto che un contenuto corto abbia richiesto poco tempo in fatto di scrittura e viceversa;
  2. l’indicatore può aiutare a suddividere la lettura dei contenuti nei momenti giusti della giornata, grazie anche allo strumento dei segnalibri. In questo modo non si è obbligati a interrompere la lettura e la fruizione del contenuto avverrebbe in maniera unitaria, facilitandone la comprensione.

Ecco, il secondo punto mi piace di più.

Volendo essere precisi, il minutaggio non si rifà al genere di lettura a cui ci ha abituato il web, ovvero una rapida scorsa in cerca delle parti salienti del contenuto, ma a una lettura più lenta.
Prima di procedere ulteriormente col mio ragionamento, lasciate che vi riporti le 5 velocità di lettura tuttora riconosciute:

1. lettura per memorizzare: meno di 100 p/m (parole al minuto);
2. lettura per apprendimento: 100–200 p/m;
3. lettura per comprensione: 200–400 p/m;
4. lettura per scrematura (skimming) e individuazione dei punti chiave: 400–700 p/m;
5. lettura per scansione o ricerca di elementi specifici (scanning): più di 700 p/m.
(Fonte:
Wikipedia)

Facendo un rapido calcolo — per un post di circa 600 parole vengono indicati 3 minuti di lettura — risulta che i parametri interni a Medium fanno riferimento al terzo tipo di lettura, volta quindi a una comprensione generale a partire dal testo in tutte le sue parti. Niente individuazione dei soli punti chiave o meri elementi specifici, ma una lettura che si avvicina il più possibile a quella che operiamo sfogliando un buon romanzo o il nostro periodico preferito (da non confondere con quotidiano). Una lettura che non richiede un particolare impegno, ma che offre il meglio quando ci fermiamo per dedicarle ogni secondo del nostro tempo.

È come se la piattaforma, o i suoi creatori, ci stessero dicendo: «Se vuoi gustarti al meglio questo contenuto, questo è il tempo minimo che devi dedicargli».
È come se, in quell’indicatore all’apparenza insignificante, si esaltassero una per una le accezioni principali del termine ‘lettura’:

lettura s. f. [dal lat. tardo lectura, der. di legĕre «leggere», part. pass. lectus]. — 1. a. L’azione di leggere, di decifrare cioè un testo scritto o stampato. […] b. In senso più ampio, l’atto di leggere prendendo conoscenza di ciò che è scritto o di come è scritto. […] c. Il fatto di saper leggere, o l’esercizio del leggere, come parte dell’insegnamento elementare. […] d. Il modo di leggere, con riguardo alla capacità oppure all’attenzione.»
(Fonte:
Treccani.it)

È quindi un male riportare il tempo di lettura?
Considerando quanto appena scritto e soprattutto l’ambiente in cui ciò avviene (ossia, il web), la pratica in esame non può fare altro che valorizzare il contenuto.

Perciò, cari autori, non crucciatevi la prossima volta che un lettore vi snobberà considerando, come unica variabile, il tempo che perderà leggendovi. Egli non sarà nulla per voi, se non un lettore di cui non avete bisogno.

«Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.»
DANIEL PENNAC

E.

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Emanuele Secco
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