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Ovvero, come reinventare alla grande un settimanale di carta
Storia breve.
Oggi, un fatto per me desueto: comprare un periodico. L’idea, lo confesso, mi è venuta mentre ascoltavo Rock&Talk su Virgin Radio, un appuntamento ormai immancabile mentre guido per recarmi in ufficio.
Sapevo bene della nomina di Beppe Severgnini a direttore di 7, lo storico supplemento del «Corriere della Sera», solo non mi ricordavo la data di uscita del “nuovo” primo numero.
Con accanto al computer il numero appena acquistato che chiamava il mio nome a gran voce, ho dovuto aspettare fino alla pausa pranzo per sfogliarlo a dovere. E, credetemi, quando ho letto le parole che ora vi riporto mi sono ritrovato a desiderare ardentemente l’arrivo di un nuovo giovedì.
Un esempio magistrale di racconto.
MGR
«Sfilare un settimanale dal cellophane è diventato un gesto quasi trasgressivo. Per compierlo, il lettore deve immaginare che contenga davvero qualcosa di non reperibile altrove.»BSEV
«Hai ragione, Massimo. Un settimanale di carta, oggi, deve attraversare il deserto del disinteresse e la foresta delle alternative: complicato. Deve uscire dall’edicola (c’è chi, infastidito, rifiuta di ritirare i supplementi dei quotidiani); poi sbucare dal cellophane, certo; poi superare indenne pericolose dimenticanze (il banco del bar, il sedile dell’automobile); quindi entrare in casa; superare l’ingresso; passare dal salotto, e arrivare in bagno. Il bagno è il più grande premio: il Pulitzer del giornalismo periodico.»
Il bagno è il centro della creatività. È dove puoi rinchiuderti con te stesso, dove riesci ad allontanarti – anche solo per qualche minuto – dall’affollata frenesia delle tue giornate tutte uguali. È dove sogni di posizionare una libreria, dove vorresti avere una scrivania. È dove puoi leggere Topolino nonostante l’età che avanza.
È dove componi il tuo meglio.
È dove leggi il meglio.
Il bagno è dove, se vogliono, possono convincerti ad appassionarti a un settimanale.
Grazie.
E.