La Donna, il Poeta — e un abitino rosso

Marianna Piani
Shape my Universe
Published in
4 min readJan 14, 2017

Una giovane donna incontrò un Poeta
a fine Luglio, verso sera,
sulla via che portava alla scogliera.

Ella notò che egli le sorrideva,
come ogni vecchio che si rivolga
a una donna giovane e di qualche avvenenza.

Quel sorriso fugace d’istinto
bastò alla sua femminile impudenza,
gli si accostò e prese la parola:

“Maestro — osò, quasi senza esitare —
mi puoi rivelare qual è il segreto
del fare — oggi — come te — Poesia?”

Detto questo, ella si sentì sprofondare
nell’imbarazzo d’aver pronunciato
una richiesta così futile e vana.

Ma, con sua sorpresa,
egli non se ne ebbe, e anzi con pazienza
s’appoggiò al parapetto della riva.

E le rispose,
con la dolce stanchezza
di chi ripeta una troppo nota ricetta:

“Escogita un pensiero cara, qualunque sia,
e mutalo in una frase, e che la frase
si conformi in un discorso.

Ora trascrivilo, parola per parola,
verbo per verbo, di fila,
e quand’avrai compitato la stringa

lunga o breve che sia, come una collana,
spezzala in più punti acciocché i frammenti
si giustappongano uno all’altro come formelle.

Oppure anche, scomponi la frase
in orfane celle, come i vagoni
d’un convoglio di particelle

legate o irrelate, come sono le gocce
d’una pioggia autunnale, senza letizia
e senza mestizia.

Se hai un qualche istinto per gli accenti
aggiungici un ritmo, e se hai l’orecchio,
qualche rima o meglio

qualche sbadata assonanza.
L’importante, su tutto, è che il senso
e l’emozione e la vita vera

svaniscano in un pirotecnico sbuffo
di scintille, e inducano il mondo a puntare
il naso verso il cielo, con stupore.”

S’interruppe, e lei rimase muta,
non comprendendo se ciò che udiva
fosse vero, oppure soltanto un motto.

“Non credi dunque sia questa — riprese -
la ricetta che cercavi di carpire
alla mia follia di vecchio?

Eppure per tanti questo, questo
è oggi la Poesia, una piroetta, un salto,
e un capoverso.

Ma tutto ciò mia cara è ciarpame,
è spazzatura, è nobiltà fatta in cenci,
è sterco sparso a seccare sopra il prato.”

S’interruppe, come se il parlare
gli fosse venuto all’improvviso
un penoso e grave peso. Riprese aggrondato:

“La Poesia non è diletto, è una croce,
e le parole sono i chiodi con cui affiggere
la nostra anima sul legno!

Il sangue che ne cola è il dono
che lasciamo al mondo
che ne sugge avido come un vampiro.”

Ella lo fissò sconvolta,
vedendo quegli occhi chiari
spegnersi, e la luce gelare in un sospiro.

E riprese, contenendo a pena l’ira:
“Cara, tu sei donna, e hai il dono
inestimabile della bellezza.

Vivi la tua vita, tu che puoi esser viva,
con interezza, dona la tua esistenza
al piacere e all’amore d’anima e carne.

Il tuo fine al mondo è sedurre il tempo,
e lasciarti fecondare dalla vita
per donare al mondo nuova vita.

Non perderti nel miraggio
senza sostanza della parola,
sàlvati dallo smarrirti in questa landa

senza confini né direzione o meta!”
Ciò detto, con un amaro ultimo sorriso
in omaggio alla sua giovanile grazia

si rivolse al mare e si allontanò per sempre
con il suo passo ignaro d’ogni urgenza,
costante, e indifferente alla stanchezza.

Lei stette, e si chiese se, nonostante Saffo,
Emily, Anne o Sylvia o Alda e mille altre,
s’addiceva infine a una donna,

qual era lei, viva nel tempo a lei dato,
di concedersi spoglia e senza difesa
sposa a una simile tiranna.

Decise dunque allora d’acquistare
quell’abitino rosso — una poesia! —
ch’era in attesa per lei in vetrina.

Marianna Piani
Milano, 10 Agosto 2014

Un brevissimo poemetto, narrativo, in terzine (non potevo scegliere altro fraseggio per questa occasione), dedicato al “fare poesia” come ci appare oggi, dopo la definitiva affermazione, e successiva decadenza, del verso libero.
Il superamento, graduale ma ineluttabile, delle forme fisse in poesia ha certamente liberato questa forma d’arte da un vincolo che era divenuto sempre più scomodo e oppressivo per la sua piena espressione, conducendo a un vicolo cieco di un accademismo insipido e senz’anima.
D’altra parte, come tutte le rivoluzioni, questo passaggio ha provocato molti danni, e tra questi il fatto di diffondere la falsa convinzione che lo scrivere poesia fosse diventato un esercizio “facile”, del tutto libero da ogni regola o disciplina.
Milioni di dilettanti si sono cimentati nel verseggiare, dove l’unica distinzione dalla prosa rimane per loro l’andare a capo dopo un certo numero di parole.
Certo, in musica scrivere una fuga a quattro voci, e anche solo leggerla e interpretarla, richiede una grandissima conoscenza, esercizio, abilità, una pratica che richiede anni e anni di lavoro prima di essere abbastanza abili da esprimersi in modo spontaneo ed efficace.
La scrittura, e quella poetica in special modo, sembra lontana da tutto questo, e invece probabilmente non c’è pratica artistica che richieda più disciplina e impegno personale per potersi anche minimamente avvicinare all’eccellenza.
Io non credo che nessuno possa autoproclamarsi “Poeta”, questa definizione può essere concessa soltanto dal riconoscimento di un vasto pubblico di lettori, e nel corso di un largo lasso di tempo.
Ma chiunque, a qualunque livello, voglia praticare la scrittura poetica deve presto comprendere che non sarà una via facile: la facilità è la scorciatoia della mediocrità, e solo un lavoro lungo, ostinato, infaticabile e appassionato potrà avvicinarlo, magari anche di un solo millimetro, alla “vera” poesia.

Grazie per la lettura, di cuore, come sempre.

M.P.

(I republish here from my Blog, but it’s never just copy & paste: writing is always a changing and evolving process. Here the original version of this text. If you wish to know more about me as a woman and amateur writer, I’ll be glad if you visit it.)

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Marianna Piani
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Incurable romantic, dreamer. Professional illustrator and animator, amateur writer. Lesbian. Vegetarian. Woman ♥ Poetry & Books ♥ http://maripiani.blogspot.it