Damasco in una tazza di caffè

marco
Siria — un diario in tempo di pace
4 min readFeb 25, 2017

Questa è una delle cronache che ho scritto durante il periodo passato in Siria (2002–2006) e che ripropongo in occasione dell’uscita del mio ebook Siria — un diario in tempo di pace (Delos Digital).

Damasco, settembre 2005

La scorsa settimana è morta una vicina di casa che abita sopra di noi. Che fosse musulmana l’ho capito da tre elementi: dal Corano recitato per tre giorni a domicilio con tanto di microfono e amplificatore; dai familiari che aspettavano gli ospiti seduti fuori dal portone del palazzo in una fila ordinata di sedie di plastica per alzarsi però immediatamente all’arrivo di un conoscente ma anche di un semplice vicino, come me; infine dall’odore inconfondibile di caffè arabo che aveva pervaso ogni pianerottolo dello stabile.

La copertina dell’ebook

Per tre giorni sono salite e scese per le scale donne in gramaglie, accompagnate o meno da mariti silenziosi; già li vedevo, una volta arrivati all’appartamento, separarsi e occupare ognuno il posto che gli spetta nel rituale funebre arabo-musulmano: le donne tra loro a preparare il caffè (quello arabo, rigorosamente amaro) e a parlare della defunta, gli uomini seduti in cerchio, fianco a fianco, ad ascoltare le sure del Corano, snocciolando i grani del masbaha (una sorta di rosario) e sorbendo la prima volta una tazzina di “acqua di rose” (una bevanda acquosa e dolce) e poi, più volte, il caffè offerto a ciclo continuo da un familiare.

Chi legge il Corano con voce acuta e stentorea è sempre un professionista, scelto e pagato dalla famiglia del defunto; se si tratta di gente benestante, potrà beneficiare dei servizi di un “cantore” particolarmente bravo e noto, apprezzato per la perfetta pronuncia dell’arabo coranico o per la potenza vocale. In un modo in cui l’apparenza conta molto (per ciò che diranno gli altri su quanto hanno visto), non è raro che anche famiglie non particolarmente facoltose si trovino a spendere oltre il dovuto per poter accogliere in casa un professionista di chiara fama, segno inequivocabile — secondo il parere degli “altri” — di affetto e devozione nei confronti del parente scomparso.

E’ evidente, infatti, che nei paesi arabi si spende molto per quelli che, in un modo o nell’altro, sono eventi o riti collettivi: il battesimo (per i cristiani), il fidanzamento (per tutti), il matrimonio e infine il funerale (soprattutto per i musulmani). Anche le famiglie che meno vorrebbero assoggettarsi a queste tradizioni ne sono poi però invischiate irrimediabilmente, se non altro per “non perdere la faccia” al cospetto dei famigerati vicini di casa, che qui sembrano essere più temuti di Dio, loro davvero onnipresenti e onniscienti (e onniraccontanti).

Due caffè, due linguaggi

Ma dicevo del caffè. Il caffè in Siria è parte integrante di ogni cerimonia o interazione sociale. Ci sono due tipi di caffè: quello più diffuso è il cosiddetto caffè “turco”, aromatizzato al cardamomo, offerto ovunque, nelle case alla fine (e si sottolinea alla fine, durante si beve il tè, il caffè è come un segnale sottinteso di prossimo commiato) di una visita, nei negozi durante le transazioni commerciali (se pensate di fare un acquisto rapido in Siria, avete sbagliato posto, si contratta e si beve tè o caffè per almeno 30 minuti, se non di più), portato da zelanti garzoni di età variabile dai 9 ai 90 anni; bevuto a lente sorsate nei caffè pubblici, mentre si gioca a taule (il nostro backgammon, vero sport nazionale) o si chiacchiera amabilmente (tra uomini, se trovate una donna in un caffè non è sicuramente araba). Accanto a questo, c’è il caffè arabo, preparato con molta più meticolosità e servito in caffettiere dal lungo becco ricurvo e spesso finemente lavorate, sicuramente un ottimo souvenir da portarsi a casa. Il caffè arabo è servito con più parsimonia (anche perché è molto forte), e il suo significato sociale ha un valore più alto del normale caffè al cardamomo. Nelle case cristiane potrete berne durante le visite familiari a Pasqua o a Natale; in quelle musulmane ve lo offriranno durante una veglia funebre o alla termine dell’iftar, il pasto che segna la fine del digiuno giornaliero nel mese di Ramadan (che tra l’altro si sta avvicinando, qui in Siria avrà inizio il 3 ottobre, e già fervono i preparativi).

Ma non è raro nemmeno trovare qualcuno che nel grande suq Al Hammidie faccia tintinnare in una mano le tipiche tazzine senza manico e nell’altra agiti la scintillante caffettiera fumante per offrirvi (per poche lire siriane) un sorso della nera bevanda che proprio in quest’area ha avuto i suoi natali; si dice infatti che lo stesso papa Clemente VIII nel 1605 volle assaggiare questa“bevanda degli infedeli”, trovandola squisita e niente affatto anticristiana (non voglio immaginare cosa invece succederebbe ora, con l’islamofobia dilagante ovunque).

A proposito di Ramadan, se venite in Siria nel mese consacrato al digiuno non sarà raro trovare qualcuno che vi offre il caffè arabo durante l’attesa in un ufficio passaporti, o addirittura mentre fate benzina, naturalmente dopo il tramonto del sole.

Ti è piaciuto questo post? Se vuoi approfondire, leggi il mio libro Siria — un diario in tempo di pace (Delos Digital)

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marco
Siria — un diario in tempo di pace

redattore editoriale, scrivo di tecnologie applicate alla didattica.