Le parole contano

Marco Montanari
Citizen MMo

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(pubblicato in origine il 27/04/2016)

La vita umana è sempre e solo una questione di parole. In questi giorni post-25 aprile questo diventa anche più evidente.

Le parole hanno un significato, un valore e un indice “azionario”. Se dici spesso “fascista”, quel termine perde il suo valore e diventa simbolo generico di “contrario alla mia idea”. Dovrebbe essere proprio il rispetto per la propria storia a costringere ciascuno di noi a usare le parole con la giusta parsimonia e il giusto peso. Però in una società bombardata da urla e strepiti emotivi e pornografia delle emozioni e che mette più in risalto opinioni disinformate di quanto valorizzi valutazioni ed analisi informate, è inevitabile l’uno e l’altro: è inevitabile la svalutazione delle parole così come è inevitabile la speranza di combattere con mezzi vuoti queste parole. E sai quale è il motivo? Il motivo non è quello che pensi, ma è legato strettamente a quello: Non siamo mai maturati dalla seconda guerra mondiale. Non siamo maturati da un punto di vista emotivo (le urla contro la brigata ebraica lo dimostrano), e non siamo maturati da un punto di vista sociale (la necessità dell’uomo della provvidenza, la lusinga costante del “governo tecnico” che risolve le cose senza chiederci un investimento emotivo). Riassumendo, è perchè siamo diventati socialmente cinici, avversi ad ogni cambiamento. Per farlo dobbiamo abbassare ogni cosa, sia ciò che amiamo, sia ciò che odiamo. E in entrambi i casi l’unico modo è l’evocazione costante fino a renderla assolutamente ininfluente e inerte emotivamente. E’ un po’ come quando ai TG si passa da vedere una inquadratura in campo lungo dell’omicidio Moro ad una inquadratura campo medio con il corpo coperto da un telo di D’Antona, alle morti per mafia o attentati più recenti, dove al corpo coperto (non sempre e non completamente) si aggiunge la chiazza di sangue d’ordinanza. Oramai siamo assuefatti dalla morte. E qui si, la motivazione è la solita. Eravamo informati da grandi uomini. Non era importante lo share di un telegiornale, perchè la pubblicità non rendeva interstiziale il contenuto. Creare notiziari centrati sulla pornografia emotiva uccide le notizie, e con queste le parole. E oramai le parole hanno perso ogni significato. “Fascista”, “comunista” hanno, o meglio avrebbero, un significato preciso, collocato in un preciso contesto storico e culturale. Ma noi siamo affezionati a volte più alle parole che ai concetti che rappresentano. Siamo più interessati alle etichette morali e culturali, che ai contenuti di quelle etichette. Siamo più affascinati dalla forma che dal significato.

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Marco Montanari
Citizen MMo

Software Architect who lives for AI, Software Design, Software Philosophy and Art as well as everything around them, spanning from History to Archaeology…