Stranger than Fiction è su Netflix

e dovreste guardarlo

Marco Montanari
Citizen MMo
2 min readJun 17, 2017

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Stranger than fiction, tradotto in Italia come “Vero come la finzione”, è da pochi giorni su Netflix, ed è forse uno dei più interessanti di cinema degli ultimi 10 anni. Non è necessariamente un bel film, Will Ferrell non è straordinario e Dustin Hoffman è abbastanza di legno. Però è un film interessante, diretto da Marc Forster, regista di Finding Neverland, Quantum of Solace e del tanto amato (quanto ben scritto) World War Z.

Cosa lo rende un film affascinante? L’aspetto metafisico dell’autrice, interpretata da Emma Thompson, che descrive la vita del protagonista, Harold Crick, interpretato appunto da Will Ferrell, come se fossimo nel suo libro. Ma, qui la svolta, il protagonista sente, solo lui, questa descrizione del mondo. E ovviamente gli arriva l’ondata di panico nel momento in cui la voce gli dice

Little did he know that this small event would have led to his death.

Conoscendo il momento che prima o poi avrebbe scatenato la sua morte, chiaramente, Harold si pone tutta una serie di problemi e di quesiti sulla predestinazione e sul fato. Ulteriore catalizzatore, Maggie Gyllenhaal nel ruolo di Ana Pascal, fornaia hipster ed fiscalmente protestante, che sconvolge al vita di Harold.

Il film si colloca in una dinamica che nel 2007 era ancora molto molto ridotta e stava per nascere e crescere, la dinamica della didascalizzazione della vita attraverso i social, dove noi diventiamo al 90% la nostra stessa narrazione, convinti di essere gli autori della nostra storia, mentre spesso risultiamo essere vittime di un sistema nel quale la nostra narrazione risulta identica o molto simile a tutte le altre. Ironicamente, in questa triste situazione, il film propone anche una risposta a questo baratro concettuale rappresentato dall’appiattimento e alla mediocrizzazione del mondo, e la risposta è la cultura, rappresentata da Dustin Hoffman, nel ruolo di un professore di letteratura che aiuta Harold a capire in che storia si possa trovare ed eventualmente come uscirne.

La cultura è quella che nel mondo della auto-narrazione ci consente di passare dall’aspetto ego-centrico del selfie narrativo all’aspetto socio-centrico dell’analisi sociale. E quindi del capire il perchè un sacrificio è giusto o sbagliato. E consente ad Harold di accettare il suo destino e quindi all’autrice di prendere decisioni di conseguenza.

E’ un po’ la forma cinematografica di The Stanley Parable

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Marco Montanari
Citizen MMo

Software Architect who lives for AI, Software Design, Software Philosophy and Art as well as everything around them, spanning from History to Archaeology…