La diversità crea vincoli di progettazione più precisi e migliori soluzioni.

Adottare approcci progettuali come l’inclusive design ci spinge verso un cambio di mentalità: accogliere le competenze degli esseri umani e le loro diversità per progettare prodotti e servizi a vantaggio di tutti.

Sketchin
Verso il futuro
7 min readSep 22, 2021

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Il nostro pianeta ospita circa 7.85 miliardi di persone, ognuna diversa da tutte le altre, per una cosa o per l’altra. Tutti però si trovano a dover entrare in relazione in modo proficuo ed efficace con il contesto in cui sono immersi e tutti, non uno di meno, si trovano a fare i conti con una qualche condizione di limite o difficoltà, sia questa fisica, cognitiva, valoriale o emotiva.

Eppure noi designer ce ne dimentichiamo e progettiamo per soggetti che sono la proiezione ideale di noi stessi: condizione fisica, livello di istruzione, set di valori… super entità che vorremmo ci somigliassero e non possono nemmeno essere definite archetipi tanto la loro natura è viziata dalla forma mentale di chi li ha creati.

L’esclusione avviene quando risolviamo i problemi usando i nostri pregiudizi.

— Microsoft Inclusive Toolkit Manual

Come designer abbiamo un bel po’ di responsabilità in questo. Incolpevole, perché è frutto della normale abitudine di estendere la propria condizione e i propri valori al resto del mondo. È frutto di una semplificazione, o, come dicono gli psicologi, di un bias cognitivo.

Invece di essere auto indulgenti, dovremmo chiederci come far sì che i servizi e i prodotti che progettiamo siano davvero utili alla maggioranza delle persone, e non solo per quelle che crediamo ci somiglino. In altre parole, per includere la maggior parte degli esseri umani e limitare le condizioni di esclusione che i nostri progetti possono generare.

In un momento in cui riconosciamo come urgente questa necessità, dobbiamo anche fare i conti con come trasformare il nostro modo di progettare. Sketchin ha una storia legata alla dimensione della disabilità legata al tema dell’accessibilità, e in particolare Luca Mascaro ha collaborato con l’IWA e il W3C alla stesura delle linee guida italiane dell’accessibilità digitale adottate dalla legge Stanca del 2004.

Per accessibilità informatica intendiamo la possibilità che persone affette da disabilità o altre condizioni di disagio o peculiari (anziani, minori, scarsamente istruiti), anche temporanea, possano fruire di un sito web anche senza l’ausilio di dispositivi ausiliari. È una dimensione importante, un grande requisito alla partecipazione e al beneficio di molte opportunità, però è solo una parte del problema.
I tempi sono maturi per un’evoluzione ulteriore.

Un grande aiuto in questo viene dall’inclusive design così come praticato da Microsoft, che, attenzione, è diverso dal fare design per l’inclusione o design for all. Il focus è tutto sulla capacità di progettare prodotti e servizi migliori e l’accessibilità è un effetto secondario (un grande effetto, non fraintendiamo perché ogni scelta di progetto che facciamo facilita o ostacola la piena partecipazione alla vita sociale).

Riconoscere l’esclusione

L’approccio dell’Inclusive Design di basa sul concetto di disabilità, la cui definizione è cambiata moltissimo nel tempo e ora non investe più soltanto la dimensione della salute personale di un individuo o l’integrità delle sue funzioni.

Riconoscere l’esclusione — Microsoft Inclusive Toolkit

La World Health Organization oggi la definisce così: Disabilità è un termine generico che comprende menomazioni, limitazioni di attività e restrizioni di partecipazione. Le menomazioni sono problemi nelle funzioni o strutture del corpo, mentre le limitazioni di attività sono difficoltà incontrate da un individuo nell’esecuzione di compiti o azioni. I problemi sperimentati da un individuo in situazioni di vita sono chiamati restrizioni di partecipazione.

In altre parole, la disabilità descrive un fenomeno complesso che riflette l’interazione tra le caratteristiche del corpo di una persona e le caratteristiche dell’ambiente in cui vive. La condizione di disabilità può essere permanente (la mancanza di un arto), transitoria (una frattura che ne impedisca l’uso) o situazionale (una persona che tiene in braccio un neonato e ha solo un braccio libero per esempio). Tutte queste condizioni sono accomunate dall’incapacità di usare, per esempio, un braccio.

Imparare dalla diversità

Gli esseri umani hanno capacità straordinarie di adattarsi a situazioni diverse, e capire le strategie che adottano di volta in volta apre a una più ampia comprensione delle possibilità progettuali. Quando qualcosa non funziona nel modo che le persone si aspettano, queste si adattano: cercano un modo per raggiungere il proprio obiettivo con quello che hanno a disposizione. L’adattamento ci ha portato fuori dalla savana qualche milionata di anni fa, fatti i dovuti distinguo è una questione di una certa rilevanza.

Le interazioni con la tecnologia dipendono fortemente da ciò che possiamo vedere, sentire, dire, toccare, imparare, e ricordare. E la usiamo in modo funzionale al raggiungimento di uno scopo.

La crescita dell’uso della tecnologia in mobilità aumenta a dismisura le situazioni di imparità tra la nostra condizione e il contesto.

Per questo la conoscenza che deriva dalla comprensione della diversità è così preziosa, non solo per scoprire le strategie di adattamento, ma anche per comprenderne a fondo la sfera emotiva e le motivazioni delle persone.

Far finta di non avere un braccio, mettersi i tappi nelle orecchie per simulare la sordità o bendarsi gli occhi, oltre ad essere un po’ sciocco, fornisce una percezione distorta di come sia vivere davvero quella condizione. Come designer, dobbiamo ‘entrare’ nel mondo emotivo attraverso la ricerca, comprendere questi elementi, definire se esistano pattern ripetitivi, e su quelli agire per produrre cambiamento

Risolvere per uno, estendere a molti

Progettare per persone con disabilità permanenti può sembrare un vincolo significativo, o peggio un modo per approfittarsi di una condizione di disagio, ma le persone non vengono definite totalmente dalla loro condizione e l’esperienza di ciascuno è preziosa proprio perché permette a chi è impossibilitato a viverla di accedere a ulteriori livelli di conoscenza.

Invece i progetti risultanti possono effettivamente portare beneficio a un numero molto più grande di persone: se progettiamo per qualcuno con una disabilità permanente, anche chi vive una limitazione situazionale può beneficiarne.

Per esempio, le impostazioni dello schermo ad alto contrasto sono state inizialmente create per beneficiare le persone con problemi di vista. Ma oggi, molte persone beneficiano delle impostazioni ad alto contrasto quando utilizzano un dispositivo in piena luce del sole. lo stesso vale per i telecomandi, gli apriporta automatici, audiolibri, e-mail e molto altro.

O ancora, un dispositivo progettato per una persona che ha un braccio solo potrebbe essere usato altrettanto efficacemente da una persona con una lesione temporanea al polso o da un neo-genitore che tiene un neonato. Le persone non sono più archetipi, ma universi di esperienze.

Usiamo lo spettro delle persone per capire le corrispondenze e le motivazioni relative attraverso una molteplicità di scenari permanenti, temporanei e situazionali. È uno strumento rapido che aiuta a promuovere l’empatia e a mostrare come una soluzione si adatti a un pubblico più ampio.

L’importanza di un vincolo

Spesso i vincoli, anche in un progetto, vengono percepiti come delle limitazioni o degli argini alle possibilità. Invece è dal limite che si deriva il senso, e le direzioni lungo cui sviluppare le soluzioni. Sembra paradossale, ma proviamo a considerare il concetto di limite nelle dinamiche educative, o nella produzione della conoscenza, o anche l’evoluzione dei sistemi biologici. Il limite è un terreno di prova e di crescita da cui scaturiscono soluzioni innovative.

Quindi, più i limiti sono definiti e più precise ed efficaci saranno le soluzioni progettate.

Adottare un approccio ispirato all’inclusive design permette di individuare e definire migliori constraints di progetto e quindi essere in grado di progettare prodotti e servizi migliori a vantaggio di tutti, con un approccio davvero inclusivo e utente centrico, capace di valorizzare la human diversity ben oltre le dichiarazioni.

Vale la pena anche considerare gli impatti di business di questo cambio di paradigma progettuale: soluzioni più inclusive servono più persone e quindi sono economicamente più sostenibili.

Da qualche anno Sketchin ha cominciato ad adottare in maniera più estesa questi approcci all’interno dei suoi progetti, cominciando da quelli che investono la pubblica amministrazione e i servizi alla cittadinanza, come ad esempio nel caso di Enel. Adottare strumenti come le Extreme Personas o ottemperare alle linee guida per l’accessibilità è stato un terreno accidentato da una parte, ed estremamente fecondo dall’altra.

Ora però è importante fare un passo ulteriore in quella direzione per potere incorporare stabilmente la dimensione dell’inclusività nella pratica progettuale nel suo complesso e quindi pensare a soluzioni inclusive, che partono dalle condizioni di imparità per trovare la nostra strada che parte dall’Human Centred Design fino a giungere a una definizione di Society Centred Design che ci soddisfi e che, soprattutto, non sia fonte di consapevole esclusione.

Hanno collaborato: Sarah Corti, Francesca Di Mari, Stefano Greco, Luca Mascaro, Matteo Mucci, Federico Rivera, Silvia Tiberi.

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