Persone non personas

Le metodologie agili che abbiamo adottato sono il modello a cui ci rifacciamo e ci ispiriamo. Ma la vita dello studio richiede aggiustamenti e compromessi. Ecco cosa abbiamo imparato cercando di armonizzare il modello con la quotidianità delle persone.

Sketchin
Verso il futuro
Published in
5 min readOct 5, 2020

--

Illustrazione di Valeria Farina ❤

I processi e le metodologie Agili sono cari a Sketchin, sono profondamente radicate sia nella cultura che nel modo in cui conduciamo il nostro lavoro, giorno dopo giorno. Le abbiamo sentite nostre perché parlano di persone al di sopra dei processi, di interazioni, di relazione, di cambiamento. Tutti aspetti che sono in profondo accordo con i nostri valori.

I valori che permeano la nosta cultura e il nostro agire quotidiano.

Ma anche la metodologia Agile è un modello, e, come ogni modello, è una rappresentazione astratta di un fenomeno reale. Utile per generalizzare, per riprodurre, per replicare, per spiegare. Ma un modello non sostituisce mai la realtà, perché la generalizza e l’approssima. In altre parole un modello non è mai vero, ma verosimile. Detto ancora altrimenti: i processi e le interazioni tra le persone di uno studio che si ispira a modelli agili non soddisfano (e non lo faranno mai, in nessun caso, per quanto intensamente ci si provi) tutti i principi dell’Agile così come enunciati nel suo manifesto.

Gli interessi (materiali e ideali), non già le idee, dominano immediatamente l’agire dell’uomo.

— Max Weber, Economia e società

Cosa succede quando smettiamo di guardare alle anomalie del modello come problemi da normalizzare e invece osserviamo più da vicino le singole persone che lavorano con noi nel team?

La prima considerazione, la più facile, è che sono individui, non personas: tutti diversi, specifici, che si relazionano allo studio e se lo rappresentano diversamente. Al momento abbiamo 116 colleghi, distribuiti in 14 team: tutti seguono le medesime pratiche, si rifanno allo stesso working agreement di studio, seguono i medesimi riti, ma nessun team è uguale all’altro.

È altrettanto vero che le pratiche, le norme e i modelli di leadership adottati all’interno dello studio si devono, diciamo così, stiracchiare per far fronte alle specificità, rispettando così lo spirito della cultura aziendale, anche se non sempre la norma così come è stata enunciata.

Proviamo a fare una carrellata, per esempi e non esaustiva, dei dilemmi che abbiamo dovuto affrontare nel tempo.

Come armonizzare le questioni personali e il giusto rispetto della privacy con la consuetudine che vuole l’estrema trasparenza all’interno del team in termini di permessi, malattie, assenze? Se una collega è incinta e muore di sonno o è devastata dalle nausee o ha delle emergenze? Se qualcuno attraversa un divorzio difficile o la malattia di un parente? Se uno è seriamente malato? Sono tutte situazioni che mettono in crisi le performance della persona e del team, e non sempre l’interessato desidera rendere la sua situazione nota a tutti, anche comprensibilmente.

E veniamo alle dinamiche di team. Ci sono periodi di demotivazione, di stanchezza, o la fiducia in un collega può venire a mancare, oppure ci sono situazioni relazionali (legami sentimentali in corso o finiti, soprattutto) delicate tra le persone dello studio. Resta vero che i team, fatta salva la varietà delle competenze che ciascuno di questi deve contenere, possono essere composti da chiunque?

E come la mettiamo con i modi in cui si premia il talento, l’impegno o l’anzianità in un’organizzazione flat come la nostra dove la scala gerarchica è molto corta, i ruoli sono pochi e di fatto non esistono scatti di carriera? Come si esercita la leadership? Perché, siamo onesti, un’organizzazione piatta non significa mancanza di leadership: ci sono pochi ruoli managerali stabiliti, ma quelli riconosciuti emergono naturalmente. E allora come trattarli?

E ancora, come armonizzare la cultura aziendale con le necessità delle studio? A volte i progetti sono sottostimati, o si incontrano delle difficoltà inattese oppure si accettano lavori come parte di una strategia commerciale più ampia e capita che sia il team e la qualità della vita dei suoi componenti a pagarne il filo. Con buona pace di planning, capacity, e backlog prioritizzati.

Quello che abbiamo imparato

I modelli sono anche strumenti euristici, se usati bene cioè ci permettono di scoprire cose nuove, in questo caso su noi stessi, lo studio, i modi con cui questo funziona e come potrebbe essere migliore.

Intanto un modello, anche il nostro, è sempre frutto di una continua regolazione, negoziazione, aggiustamenti. Siamo persone, le strutture che definiamo sono fluide, impermanenti. Questo processo continuo di regolazione, di bilanciamento e di responsabilità non è mai compiuto e, se da una parte permette larghe porzioni di iniziativa personale, dall’altra può essere fonte di insicurezza.

In questo contesto il valore della trasparenza diventa importante: non nel senso di sapere tutto di tutti, ma nel senso che ciascuno deve avere consapevolezza che esistono delle aree grigie, definite, e dichiarate. Questo assunto porta con sé un corollario: il ruolo di arbitrato che ha la leadership dello studio nella risoluzione dei conflitti, nella gestione della frustrazione e nel difendere la privacy delle persone quando necessario.

La libertà delle persone ha una doppia faccia: da una parte premia l’iniziativa e l’impegno — e lo studio deve favorire e assecondare le iniziative spontanee -, dall’altra è facile abusarne: l’elasticità nei confronti delle esigenze dei dipendenti ha un valore inestimabile ma rischia di sfuggire di mano se non è distribuita secondo criteri ponderati, e quindi bisogna evitare che le situazioni in cui la libertà di gestione dell’uno impatti sul carico lavorativo dell’altro.

Inutile dire che questo castello poggia solo sul rapporto di fiducia tra le persone. E la fiducia è una cosa strana, può non durare, anche con i migliori presupposti da ciascuno dei soggetti interessati.

Con questo non vogliamo dire di essere perfetti, di avere trovato il modo di applicare la sezione aurea all’organizzazione dello studio, anzi, stiamo lavorando alla creazione di una cultura dell’impermanenza che vede il continuo adattamento come un valore invece che come un limite. Piuttosto vogliamo condividere un percorso e le sue sfide in un esercizio di ben temperata trasparenza.

--

--

Verso il futuro
Verso il futuro

Published in Verso il futuro

Pensieri, intuizioni e visioni su esperienza, tecnologia e design by @sketchin

Sketchin
Sketchin

Written by Sketchin

We are Sketchin: a strategic design firm that shapes the future experiences. http://www.sketchin.ch

No responses yet