Lo Slam e le sue tribù — Terza puntata: Zoopalco (Bologna)

Chiara Lugaro
SLAMwork
7 min readNov 29, 2018

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Ebbene sì, non paghi degli articoli scritti finora e delle parole, parole, parole pronunciate abbiamo deciso di continuare la nostra rubrica sulla slam poetry, un’arte caratterizzata dal mix alto e basso, serio e faceto, popolare e colto.

Da Nord a Sud, da Ovest a Est (come direbbe Max Pezzali), la slam poetry avanza imperterrita sul suolo italico, mietendo vittime anche fra gli individui più insospettabili: infatti sembra essere in atto un vero e proprio mutamento nel DNA dell’italiano medio, che comincia a mostrare blandi ma pericolosi segni di interesse culturale (o anche semplicemente di voglia di alzarsi dal divano).

Come abbiamo appena scoperto parlando con i ragazzi del collettivo di Zoopalco, dopo la Campania di Caspar della scorsa puntata, l’Emilia-Romagna non fa eccezione: difatti, qui troviamo un panorama culturale aperto e variegato, che va ben oltre i tortellini e le tagliatelle al ragù (buonissime, per carità).

Zoopalco è un collettivo che vede la luce tra la fine 2015 e l’inizio 2016 a Bologna; dedito alla produzione artistica transmediale, è focalizzato sull’accostamento di espressioni artistiche variegate: si parla di teatro, poesia performativa, musica ed e-lit. Il collettivo promuove artisti tramite l’organizzazione di tour, festival ed eventi (assieme ai materiali editoriali multimediali legati ad essi) e organizza laboratori nelle scuole con ragazzi e adulti. Inoltre, dirige e ha anche fondato la sezione Poesia Orale del “Poverarte Festival” di Bologna e fa parte della LIPS (Lega Italiana Poetry Slam). Il nucleo fondativo originale è costituito da Elena Bellinetti, Francesca D’Agnano, Eugenia Galli, Tommaso Galvani, Toi Giordani, Nicolò Gugliuzza, Riccardo Iachini, Bice Iezzi, Giovanni Monti; dopo qualche abbandono nel passaggio ad associazione culturale (del primo gruppo sono rimasti Riccardo, Eugenia, Tommaso e Toi), si sono aggiunti più di recente Matteo Di Genova e Giulia Marchese.

Attoniti — ma anche intrigati — da tanta voglia di fare cultura, abbiamo deciso di approfondire la questione e di fare qualche domanda al collettivo, nella speranza di far luce sulla situazione. Ci ha risposto Tommaso Galvani.

Un po’ di contesto: quando e come nasce “Zoopalco”?

Tommaso Galvani: Seduta su un barile di legno in un pub di via Zamboni, Eugenia stava riadattando alcuni suoi testi in vista dello slam della serata: uno dei primi della sua vita. Tommaso era lì a suggerire — e a pagare le birre. Era Nicolò a organizzare lo slam, in una sera bolognese di fine 2015. Riccardo — con ogni probabilità — ripassava le sue poesie al volante dandosi il tempo col clacson, nel mostruoso ingorgo delle sei. Toi staccava dal lavoro prima, e di quando in quando si fermava sulla strada — al locale arrivò già ubriaco. Giovanni aveva appena finito di leggere i tarocchi a due ragazze, e si presentò con mezz’ora di anticipo. Nessuno di questi personaggi si conosceva, né tantomeno pensava che avrebbe di lì a poco fondato un collettivo di poesia.

Ecco: la sera in cui ci siamo conosciuti, ci siamo subito riconosciuti. L’idea è balenata a Nicolò a fine serata, ore dopo le reciproche presentazioni, sotto il portico ghiacciato di fronte al locale. Abbiamo cominciato a vederci e a leggerci le nostre cose — che per gente che scrive è un po’ come annusarsi il didietro per i cani, una questione di fiducia –, ci siamo dati un nome, abbiamo organizzato il primo evento. Quella sera fu annunciata da evidenti presagi: a Riccardo comparvero le stimmate sui piedi, Tommaso giura di aver visto una colonna piangere. Toi racconta che fu un angelo a rivelargli il nome “Zoopalco”. Com’è, come non è, l’evento #0 fu un Poetry Jam: serata di poeti e musicisti radunati insieme per le più disparate ragioni, e fu un successo clamoroso. Non tanto per merito nostro: è l’humus culturale e antropologica di Bologna a favorire l’esistenza di un incredibile panorama umano, cui abbiamo sempre generosamente attinto. In due anni sono successe tante cose: siamo cresciuti come singoli e come collettivo, siamo diventati associazione culturale, abbiamo cominciato a produrre contenuti (nostri e altrui), abbiamo avuto qualche nuovo ingresso (Matteo e Giulia) e qualche arrivederci; una cosa tuttavia non è cambiata: la prima serata è stata un Poetry Jam.

L’anima nostra, quello che potremmo chiamare (sorridendo) il nostro mito fondativo, è stata una serata strutturata senza rigidità, con poche regole, un biscotto alla marmellata. Questo è forse il senso di Zoopalco, il tentativo costante di ricrearsi evolvendo i propri schemi senza rimanerci ingabbiati. Un’anima di biscotto alla marmellata. Dura, ma malleabile. E fragrante.

“A qualcuno piace orale” recita il vostro motto, cosa vi ha spinto a dedicarvi alle performance artistiche legate all’oralità?

TG: Per spirito di paradosso, partirei con un elogio della poesia scritta (non dico apologia, perché le arti non hanno bisogno di difendersi). Una performance di poesia orale si differenzia dalla forma-libro sotto un aspetto in particolare: scripta manent. Proprio perché le cose scritte rimangono, possono essere fruite senza fretta, entro uno spazio meditativo che lasci dei margini all’errore e all’incomprensione, che dia al lettore il tempo per entrare in empatia (o in antipatia) e per ragionare, per assimilare, per interiorizzare. Il problema nasce quando si inserisce un testo fatto per la lettura individuale al di fuori del proprio contesto, per esempio in un reading. La lettura ad alta voce di un testo che per sua natura è complesso, necessita di riferimenti intertestuali o semplicemente è concepito per chiarificarsi a seguito di meditazione, rischia di svilire il testo stesso. È un signore che va a correre in smoking, semplicemente fuori contesto.

Bene. La poesia orale è semplicemente un’altra cosa. “Accade” in un dato momento, poi sparisce. Allora entrano in gioco nuovi fattori: c’è bisogno di un testo che sia adatto alla realizzazione vocale, c’è bisogno di mezzi stilistici diversi, c’è bisogno di immediatezza, di rapidità, di visibilità. C’è bisogno di tutto il corpo, di tutta la voce, di tutta l’interpretazione. C’è bisogno di un testo non necessariamente semplice, ma fruibile all’orecchio. Il motivo per cui ci interessiamo tanto alla poesia orale, in ultima analisi, consiste nell’atto comunicativo, e nella sperimentazione dei nuovi linguaggi che possano veicolare quel dato contenuto. A noi interessa la sperimentazione. Tutto qui.

Un altro aspetto importante del vostro collettivo è la dimensione transmediale e la commistione fra generi e forme artistiche differenti… detto in soldoni, cos’è che fate?

TG: Ecco, appunto, sperimentiamo. Ci piace sporcarci le mani, provare i canali comunicativi più disparati. Finora abbiamo bandito due concorsi di video-poesia, entrambi molto partecipati e che ci hanno permesso di conoscere voci interessantissime che non avremmo mai individuato altrimenti. Organizziamo i poetry slam. Più della metà di noi ha sperimentato e sperimenta tuttora nell’ambito della spoken music: Eugenia, Toi, Riccardo, Matteo hanno tutti partecipato con ottimi risultati al Premio Dubito di poesia con musica. Matteo ha vinto la scorsa edizione, gli altri sono tutti inseriti nella finale di quest’anno con due progetti distinti (Monosportiva Galli-Dal Pan e Mezzoopalco). Abbiamo prodotto finora due playlist di poesia ascoltabili attraverso dei QR code appiccicati su dei cartelli artisticamente elaborati (lo spettacolo in versi “DIXIT” di Matteo, e i classici di Zoopalco nel cartello stradale “via dalla carta”). Alcuni di noi hanno una formazione filologica, altri si sono forgiati nell’ambiente rap, qualcuno è più legato alla filosofia o al mondo delle arti visive. Speriamo di aver risposto con gli esempi!

Zoopalco è la tribù di riferimento per l’Emilia della LIPS, qual è il ruolo della slam poetry all’interno delle attività del collettivo?

TG: Se anche la slam poetry non ha caratterizzato la nostra fondazione, bisogna dire che ci siamo effettivamente conosciuti a un poetry slam. E nel nostro primo anno di attività ne abbiamo organizzati tantissimi, perché è una forma estremamente funzionale che permette alle persone di conoscersi e di far rete, alle poetiche di intersecarsi e di contaminarsi. Quest’anno abbiamo deciso di concentrarci maggiormente su altre tipologie di evento (per quanto il prossimo, in data 5 dicembre, sia a tutti gli effetti uno slam): anche perché i nostri cugini romagnoli di VoceVersa sono attivissimi nella creazione e promozione di poetry slam meravigliosi, e se ci mettessimo pure noi a pieno regime dovremmo organizzare una decina di semifinali regionali. Alla Lega Italiana Poetry Slam va il merito di aver creato una rete nazionale che permette alle contaminazioni di superare i confini cittadini, e noi siamo orgogliosi di fare la nostra parte in Emilia-Romagna.

Progetti per il futuro? Volete continuare a fare poesia o pensate di cercarvi un lavoro vero?

TG: Non se ne parla! Ciascuno di noi ha abbandonato gli studi giuridici imposti dal padre per dedicarsi alla letteratura.

Risposta semiseria: ognuno di noi, per qualche motivo, sta già lavorando in ambiti che convergono verso la poesia. Nella nostra scuderia abbiamo insegnanti wannabe e praticanti presso studi legali che si occupano di copyright e letteratura, grafici schizzati e teatranti di professione, abbiamo progetti che ambiscono a diventare pop (con la poesia? sì, siamo uno zoo di megalomani), e alleviamo “studentessi” tirati su a pane e marketing. Teniamo tutti quanti le orecchie dritte e i piedi piantati su quello che stiamo già facendo.

Il nostro sogno (penso di parlare a nome di tutti) è di far evolvere Zoopalco attraverso le competenze artistiche e professionali che stiamo sviluppando in questi anni, e arrivare al momento in cui il nostro lavoro sarà Zoopalco. Alla domanda “che lavoro fai?” rispondere “lo Zoopalco”.

Nella prossima puntata parleremo con un altro collettivo poetico, se non volete perdervi neanche una puntata iscrivetevi alla nostra newsletter. Basta un minuto e potete farlo da questa pagina. Zero spam, tutto SLAM!

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