Il motto di Guerrilla39

Perché lavorare in un coworking è una delle robe più fighe che potrebbero capitarvi

Ciccio Rigoli
SLAMwork
4 min readFeb 9, 2017

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Quando ho iniziato a lavorare in StreetLib nel 2011 mi sono trovato per la prima volta a lavorare in remoto. Non avevo un ufficio (oddio, ce n’era uno ma non ci andavo mai anche perché ero l’unico dipendente a Milano e stavo per morire di solitudine dopo un mese) e quindi lavoravo da casa. Mi svegliavo, preparavo la colazione, mi lavavo, mi vestivo e mi sedevo allo stesso tavolo della colazione col mio computer. A volte non toglievo neanche la tazza del caffè e la tovaglietta. E all’ora di pranzo non toglievo il computer ma lo spostavo per mettere il piatto al suo posto.

Contatti umani diretti: zero. Livello skills comunicative dopo due mesi: meno 35%. Distrazione: più 85%

Source: The Oatmeal

Insomma, non andava bene. Mi serviva qualcosa. Non volevo un ufficio dove timbrare per avere altra gente attorno, non volevo continuare a lavorare da solo. La soluzione: il coworking.
I miei ex capi, andati via anni prima dalla casa editrice da cui ero andato via adesso anche io e con cui eravamo rimasti amici, avevano una scrivania in un coworking anarchico denominato Guerrilla39 e mi hanno proposto di andare a provare per un mese e in caso fermarmi. Detto-fatto. Sono 5 anni che sto lì, con grande gioia.

Perché la mattina mi alzo prima per farmi almeno 40 minuti di tragitto con i mezzi quando potrei lavorare comodamente in pigiama al tavolo della colazione? Semplice: perché sono un essere umano. E da che mondo e mondo, ogni tanto non è male mantenere qualche contatto umano e togliersi il pigiama.

Nel coworking dove lavoro attualmente siamo in 10: 3 fotografi, 2 uffici stampa editoriali, una traduttrice, una giornalista, una direttrice commerciale e uno che non abbiamo ancora capito bene che lavoro fa ma si veste meglio di tutti ed è l’unico che usa un PC. Non viene quasi mai ma gli vogliamo bene ugualmente.

Lavorativamente, mi è servito a qualcosa andare a lavorare in un coworking con persone che fanno lavori diverso dal mio? Considerando che quando ho dovuto fare delle foto per gli spettacoli mi sono rivolto a uno dei fotografi in studio, che quando mi viene qualche idea la condivido con gli altri per testarla, che quando mi serviva qualche dato sull’editoria trovavo qualcuno che me lo forniva dalla scrivania accanto, direi di sì. In più in questi anni ci siamo spesso scambiati lavori, esperienze, idee e molto altro.

“Vabbè, ma a ‘sto punto è come lavorare in ufficio, no?”

No, per niente. In ufficio parli di lavoro, vivi di lavoro, anche nelle pause solitamente l’argomento più gettonato è, indovinate un po’? Esatto, il lavoro.

In un coworking anche se si parla di lavoro lo vivi da angolazioni diverse dalla tua. I tuoi coworkers spesso non sanno che faccia abbiano i tuoi colleghi o i tuoi capi e possono darti consigli disinteressati. O semplicemente dirti “Secondo me è una stronzata” senza rovinare i rapporti interni.

In più, anzi, direi che è una delle componenti fondamentali, si ride parecchio. Non si vive di solo lavoro, e le pause sigaretta, le pause caffè e in generale le conversazioni sono infarcite da una quantità di stupidaggini tali che a volte mi chiedo come farò una volta che sarò andato via. Anche perché quando aprirò SLAM dovrò giocoforza mollare la mia scrivania, e già mi piange il cuore al pensiero.

Source: The Oatmeal

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui lavorare in un coworking può essere una delle robe più fighe che vi possano capitare nella vita. Ce ne sarebbero altri ma adesso scusatemi, devo andare a prendere il caffè con i coworker. Un rito irrinunciabile di ogni mattina a Guerrilla39.

Guerrilla39. Sì, abbiamo anche la sala prove.

PS: vuoi scoprire un nuovo coworking dedicato all’editoria e allo spettacolo che aprirà a breve a Milano? Iscriviti alla newsletter di SLAM e ti faccio sapere tutto ma proprio tutto.

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Ciccio Rigoli
SLAMwork

Comedian, Book expert, Writer, Dad, Lazy. CEO and Founder at SLAM.