Nicolò Vallone
Social Mustard
Published in
6 min readNov 19, 2015

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ANALISI DI 2 MEMI-VIDEO DIFFUSI SU YOUTUBE

“SONO GIAPPONESE!”

Erano appena iniziate le lezioni dell’anno accademico in corso quando per i Social è iniziato a girare un video di 5 secondi che ritrae un uomo giapponese seduto in una chiesa napoletana il giorno di San Gennaro del 2013, con indosso una maglietta del Napoli Calcio: costui, alla domanda “cosa chiede a San Gennaro?” postagli da un inviato di Fanpage.it, risponde con uno spiazzato e spiazzante “sono giapponese”.

Un paio di video di questo surreale dialogo uscirono già 2 anni fa; ma per una strana dinamica social(e), la viralità è stata raggiunta a partire dal 21 settembre 2015, quando l’utente Christian Bianchi ha ri-pubblicato il video, probabilmente senza immaginare che aveva appena innescato una bomba memetica. Per dare una prima idea delle dimensioni raggiunte: il video di Christian Bianchi si è fermato a circa 370 mila visualizzazioni, mentre quello che ne ha raggiunte di più (oltre un milione e mezzo!) è quello dell’utente Joe Alb risalente all’indomani, 22 settembre. È il segno di quanto velocemente sia circolato, tra gli utenti prima che tra i comuni visualizzatori/condivisori Social. E per dare un’ulteriore idea della portata del fenomeno: il 30 settembre Linkiesta ha pubblicato un articolo che spiega come in realtà il malcapitato nipponico abbia detto “assumi giapponese”, perché si tratterebbe di un immigrato alla disperata ricerca di lavoro. Il dibattito — posso garantirlo — è ancora aperto; e non ha certamente diminuito il flusso di contenuti sul tema, che continua tuttora, anche se da circa 4 settimane i video postati non raggiungono le 100 visualizzazioni.

Ma come si è sviluppato questo meme? Cercando sono giapponese nella ricerca di YouTube, le pagine di risultati sono 27. E quasi tutti i video sono inerenti alla scenetta della chiesa di San Gennaro, anche se pochi ne sono l’esatta riproposizione. Gli altri format che si riscontrano sono: loop per 10 minuti, remix in vari stili musicali (prevalentemente techno ed elettronica), parodie con scene di film, programmi tv, spot, videogames, interviste o altri meme del momento (particolarmente quotati i ridoppiaggi di interviste a personaggi giapponesi e le parodie con la famigerata Miss Italia e con il wrestler John Cena, ma non mancano Twilight e altri cult cinematografici), persone comuni che recitano la scenetta e commenti sulla vicenda da parte di youtubers. Il segreto di cotanto successo risiede soprattutto nel surrealismo della scena: un giapponese con la maglia del Napoli che assiste alle celebrazioni per San Gennaro già un sorriso lo può strappare; se poi, a una domanda sul miracolo da chiedere al patrono partenopeo, questi risponde in maniera apparentemente insensata, con un’indecifrabile combinazione tra gestualità, espressione facciale e tono di voce, a metà tra disincanto e disorientamento, gli effetti sono esilaranti. È l’apoteosi dell’incongruità, una delle basi dell’umorismo! Oltre a ciò, gioca un ruolo importante la semplicità strutturale: una battuta lampo, di semplicissima memorizzazione e riproducibilità, con la quale è facile e immediato montare parodie e video-meme di ogni tipo.

“NON SONO MOLLO!”

Contrariamente al video del giapponese, che è praticamente un vine, qui la durata è di oltre 1 minuto. Il protagonista è un allenatore di calcio, Alberto Malesani. Divenuto “virale” già una decina di anni fa per uno sfogo in conferenza stampa ai tempi in cui allenava la squadra greca del Panathinaikos (sbraitando contro tifosi e stampa locali, arrivò a pronunciare 24 volte “ca**o” nello sconcerto generale, della traduttrice simultanea in primis), il tecnico veronese diede nuovamente spettacolo in conferenza stampa, seppur con toni più contenuti, il 1 dicembre 2011. All’epoca allenava il Genoa, e nella settimana che precedeva la sfida di campionato contro il Milan aveva letto sui giornali dei titoli che non gli erano piaciuti: alludevano al fatto che lui stesse perdendo confidenza e stimoli nel suo lavoro, e un ignoto redattore, utilizzando l’espediente giornalistico del verbo alla prima persona singolare come se fosse lo stesso protagonista dell’articolo a parlare, aveva accostato le parole Malesani e mollo, voce del verbo “mollare”. Il mister genoano interpretò quella forma verbale come un aggettivo maschile singolare, confondendola con quello che in lingua italiana sarebbe “molle”, e diede vita a un’invettiva rimasta nella leggenda mediatica. E memetica.

Ciò che fece il buon Malesani essenzialmente fu difendersi dall’accusa di essere un “mollo”: volarono frasi come «demotivato, mollo… ma mollo cosa, cioè, cosa vuol dire mollo?», «non faccio i salti in panchina, ma non è che con questo io sono mollo», «nessuno si ricorda che l’attaccante titolare nel progetto nostro era Zé Eduardo [che visse un’annata molto difficile e non contribuì efficacemente alla stagione del Genoa], ma avete mai sentito il mollo che si lamenta? Eh?» e «a casa litigo con tutti, anche lì non sono mollo, anzi sono più nervoso di tanti altri» e perle similli. Rivolse pure una contro-accusa ai giornalisti: «siete molli voi a scrivere queste cose». L’assurdo siparietto dell’allenatore durò quasi 1 minuto e 45 secondi. La conferenza stampa ovviamente fu più lunga, ma a partire dal giorno stesso iniziarono a circolare diversi video che contenevano l’estratto di conferenza stampa relativo al “mollo-show”. In alcuni casi si tratta di tutti gli 1:45 minuti, in altri casi di collage più brevi di alcune frasi in particolare. In un secondo momento sono spuntati moltissimi remix musicali, l’altro format prodotto dagli utenti insieme alla mera riproposizione parziale o integrale delle parole malesaniane. Balza all’occhio il fatto che i primi due video in ordine temporale hanno ricevuto “solo” 400 mila visualizzazioni, e sono quelli che ne contano di più. Inoltre, i risultati della ricerca Malesani mollo su YouTube sono 106 (anche qui, molto meno rispetto a quelli riscontrabili per altri meme popolari) peraltro mescolati a video incentrati su altre performance mediatiche sopra le righe dell’allenatore. Il motivo di questa diffusione tutto sommato contenuta, risiede a mio avviso nella durata relativamente lunga della “scenetta”, che contravviene al principio di semplicità e brevità alla base della spreadability, e nella tematica calcistica del meme, che tende a tagliar fuori una parte dei potenziali visualizzatori, quella naturalmente non interessata al calcio.

Se però la produzione audiovisiva non è lievitata a livelli macroscopici, il mollo-meme ha trovato una propria diffusione capillare oltre YouTube. Sui Social, Malesani è diventato ufficialmente “il Mollo” e gli sono state dedicate negli anni ben 3 pagine Facebook dal gusto goliardico (Demotivato mollo ma che mollo, 50 sfumature di Mollo, Chiamarsi “mollo” tra amici senza apparenti meriti allenatoriali), accomunate dal postare materiale calcistico commentato alla Mollo-maniera, utilizzando le frasi tipiche degli show mediatici di Malesani, non solo della conferenza stampa al Genoa ma anche di quella al Panathinaikos e di altre interviste e conferenze stampa divenute memetiche. Non sono rari poi i casi di utenti appassionati di calcio che commentano link di pagine non legate in alcun modo alla figura di Malesani utilizzando tali espressioni tipiche. Per citare altri canali di espressione di questo meme, un gruppo di ragazzi milanesi l’anno scorso ha istituito un torneo di calcio a 5 a cadenza semestrale chiamato Coppa del Mollo. O ancora, per passare all’esperienza personale spicciola, nel parlare con gli amici, non necessariamente di calcio, capita talvolta di usare l’aggettivo “mollo” come se quello di Malesani fosse un neologismo involontariamente coniato. La portata imponente del mollo-meme, infine, è risultata evidente con la nascita di un movimento Social per far tornare in attività l’allenatore veronese, attualmente disoccupato, provando a esercitare pressione nell’opinione pubblica calcistica: ecco come un meme ha influenzato una presa di posizione netta da parte di una comunità di appassionati di calcio!

Il segreto del successo? Il giusto mix tra involontario umorismo (assurdo e surreale al punto giusto), ripetizione della parola “mollo”, che ha trasformato alcune frasi in autentici cult, e immagine di sé fornita inconsapevolmente da Malesani: Limor Shifman ha spiegato come il successo degli Youtube Memes sia spesso determinato dall’avere come protagonisti uomini che si mettono in ridicolo, suscitando un inconscio senso di superiorità che genera una sorta di godimento interiore. Senza dimenticare che il protagonista in questione non era nuovo a simili performance mediatico-memetiche, dunque le sue sregolatezze nel rapporto coi media passano inevitabilmente sotto la lente d’ingrandimento, propiziando l’assimilazione memetica grazie al suo ruolo di “marchio di fabbrica”.

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