“Così è ( se vi pare)”

Francesca Massetti
Social Mustard
Published in
4 min readOct 6, 2015

Goffman intorno al 1969 , riprendendo quanto teorizzato precedentemente da Shutz e Mead, già lo aveva affermato : non siamo soggetti che agiscono ma copioni che vengono recitati e ciò che ci sembra reale, il soggetto, è solo un effetto drammaturgico, non una sostanza che agisce, ma il prodotto delle sue azioni dentro le interazioni. La scena sociale già iniziava ad apparire come un grande palcoscenico nel quale tutti assumiamo dei ruoli e recitiamo parti in qualche modo prestabilite attraverso una sorta di “ copione sociale” aderendo ad un “io” bell’e fatto per noi ( il dottore, l’avvocato, il soldato, il sarto…).
Tuttavia la rivoluzione digitale ha portato con sé enormi cambiamenti: la tecnologia è divenuta un ambiente da abitare, una estensione della mente umana, una realtà che si intreccia con il mondo reale e che determina vere e proprie ristrutturazioni cognitive, emotive e sociali dell’esperienza, capace di rideterminare la costruzione dell’identità e delle relazioni.
Con l’emergere di nuovi dispositivi vediamo comparire sulla scena sociale un prolificarsi di soggettività che produce la sensazione che quest’ultima vacilli e perda consistenza spingendo all’estremo l’aspetto di maschera che ha sempre accompagnato ogni identità personale.
Così , Il processo di oggettificazione , teorizzato dall’interazionismo simbolico, che si sostanzia nell’assunzione di ruoli altri rispetto al sé si va via via complessificando.
Quel grande gioco che per Mead è la società assume nuove regole che portano ad una proliferazione di ruoli inediti.
Inoltre con la spettacolarizzazione della realtà, la sua mercificazione ed estetizzazione tutto ciò che appare sul palcoscenico mediale acquista credibilità, veridicità e lucentezza, nonostante mostri , il più delle volte , un’immagine invertita del mondo. Tanto più un fenomeno deperisce nella realtà tanto più la sua immagine spettacolare ne costituisce un surrogato potente . Inoltre la pulsione narcisistica che permea la nostra società spinge i soggetti sociali a voler far parte di questo spettacolo: l’audience diffusa fa di tutto per acquisire visibilità, condividendo costantemente in rete frammenti della propria vita privata ma non solo: la rete ci dà la possibilità inedita di costruire nuovi ruoli, nuovi personaggi che assumono veridicità per il fatto stesso di trovarsi sul palcoscenico virtuale, sotto i riflettori e di cui il pubblico non può verificarne la veridicità , non potendo neppure immaginare a volte chi e che cosa si celi al di là dell’interfaccia.
“ il sostituto povero della celebrità’. Il successo, oggi, è essere visti da quante più persone possibili. Il peggior incubo della nostra società è essere esclusi, abbandonati, trovarsi in una posizione in cui nessuno ha bisogno di noi” ( Z.Bauman).
Lo spettacolo inteso come inversione del reale diviene effettivamente realtà tanto da non riuscire più a distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è.
All’interno di questo scenario che ha un non so che di pirandelliano ho deciso di riportare il caso di Andrea ricercatore bocconiano doc il quale da anni fa vivere sul suo blog il suo alter ego” SignorPonza”, che ritroviamo anche su Facebook nella pagina a lui dedicata.
Dall’attualità all’antertainment , passando per il “geek” alle recensioni cinematografiche, ad articoli piccanti sulle tendenze trash del momento della tv e della vita di tutti i giorni, la pagina di Singnor ponza è una miscellanea di informazioni appetibile per i palati più disparati.
Il ricercatore modello bocconiano prende anche le vesti di intervistatore stravagante ma intelligente. La sua poliedrica curiosità passa persino attraverso il re del porno groove: Immanuel Casto , prontamente intervistato dal Signor Ponza in occasione dell’uscita del suo ultimo album.
Tuttavia Andrea possiede anche un profilo Facebook personale in cui appare più posato e bacchettone rispetto al suo alter ego pirandelliano. Nel blog infatti libera i suoi interessi più spinti senza alcun tipo di tabù o preconcetto sebbene tra una cronaca trash e l’altra si inciampa nella rubrica di latino in cui si va alle origine storiche delle espressioni latine che abbiamo mantenuto nel linguaggio comune. Ne risulta un equilibrio intelligente tra eccentricità e cultura.
Da quando Andrea ha iniziato a postare contenuti esilaranti ed a trattare al tempo stesso temi attuali come l’omofobia o la teoria dei gender sempre con un tocco di ironia , il numero dei followers di ogni genere ed età è cresciuto notevolmente confermando quindi la social penetration theory che ritroviamo nel saggio di Sonia Utz.
Ma la domanda che potremmo spontaneamente porci è: chi è veramente Andrea?
Forse tornati a casa dopo una lunga giornata lavorativa sentiamo il bisogno di liberarci da quella maschera che il nostro ruolo sociale ci impone di indossare e sfruttando i nuovi mezzi di comunicazione, profili Facebbook o Twitter annessi, diamo libero sfogo al nostro “sé” più ludico e disinibito….il nostro social network in questo senso potrebbe rivelarsi un’efficacie valvola di sfogo in grado di far emergere l’identità che non abbiamo il coraggio di esibire nella vita offline , la persona che desidereremmo essere ma non siamo o semplicemente uno strumento di esibizionismo per farci sentire “connessi” con la nostra comunità divenuta oramai online e senza il quale ci sentiremmo esclusi. L’ambiguità che l’evoluzione tecnologica porta con sé genera in noi un forte senso di spaesamento che potrebbe sfociare in una vera e propria crisi pirandelliana.

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