Humans of New York

Sara Ferrari
Social Mustard
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3 min readNov 2, 2015

Tutti abbiamo qualcosa da raccontare, non importa cosa.

Alzi la mano chi non ha mai fantasticato sulle vite altrui in metro, in treno, in una sala d’attesa o al semaforo. A me qualche volta è capitato. “Quello secondo me è un artista, lei invece ha un passato travagliato” e così via…

C’è chi di questi pensieri ne ha fatto un vero e proprio progetto e lo ha trasformato in community in grado di connettere utenti di tutto il mondo.

Ci troviamo a New York, nell’ estate 2010, proprio qui Brandon, un fotografo come tanti, decide di fermare i passanti e immortalarli chiedendo loro di condividere con lui una frase, una parola, un pensiero, una STORIA. Comincia così a creare un vero e proprio catalogo degli abitanti della Grande Mela e senza nemmeno accorgersene raggiunge cifre esorbitanti come 10,000 foto corredate di storia. Quando Brandon decide di trasferire il progetto in un blog (www.humansofnewyork.com), il successo è immediato. Non poteva non seguire poi la creazione di pagine dedicate sui social, come Facebook, tumblr e twitter. Ad oggi i followers su Facebook si aggirano intorno ai 15.828.299. Nella pagina vengono quasi ogni giorno postate nuove immagini di adulti, bambini, a volte anche animali. Un minestrone di umanità e non solo. Su FB gli utenti non si limitano solo a mettere il “like”, molti di loro commentano i post o rispondono ad altri commenti, il coinvolgimento è molto forte.

Le storie e le frasi sono le più disparate. Racconti buffi, storie malinconiche di anziani o frasi speranzose di giovani sognatori. Brandon con occhio clinico ha colto l’essenza della metropoli: la diversità dei soggetti, la stranezza o anche la semplice normalità possono trasformarsi in storie in grado di emozionare, divertire e commuovere il grande pubblico.

Cosa rende così attrattiva una community come Humans of New York?

Identità: quale community meglio di questa presenta una spaccato delle più variegate identità? Non serve essere belli o intelligenti, serve essere se stessi ed è ciò che ci rende unici.

Ognuno di noi può riconoscersi in queste storie o semplicemente divertirsi scoprendo persone che sono distanti anni luce da noi come stile di vita, etnia o pensiero. Mi piace quella foto, mi ispira quel ritratto, lo commento, metto mi piace, la condivido con gli amici. Perchè le storie da sempre sono la miglior arma di comunicazione esistente.

Fiducia: Brandon dimostra di costruire un progetto con professionalità e discrezione. Egli va a cogliere i lati più intimi delle persone senza però invadere la loro privacy e questo è molto apprezzato dagli utenti. Le persone non sono costrette ad essere immortalate nè sono costrette a rivelarsi. Se non hanno nell’immediato nulla da raccontare non importa. Un’espressione del viso con una parola in alcuni casi vale più di mille parole. Ed ecco che le persone si lasciano coccolare dai suoi scatti, senza timore.

Semplicità: penso che questa sia l’arma migliore che Brandon abbia utilizzato. Dall’interfaccia del blog alle pagine sui social domina il minimalismo. Sul sito web del progetto la home page si presenta come un collage di foto corredate dalla storia del soggetto tra virgolette. Se ti interessa quella foto in particolare puoi cliccarci sopra e approfondire. L’interfaccia così come lo stile della comunicazione dell’autore sono coerenti.

Il messaggio è chiaro: ciò che è importante sono le persone, la loro unicità, la loro vita.

Non credo che Brandon si aspettasse un successo del genere. Ad ogni modo oggi Humans of New York ha ispirato altri progetti come“Humans of Iran” e il fotolibro “Humans of New York. Stories” . Sono nate inoltre pagine simili in altre città del mondo, quasi a voler creare una rete.

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Sara Ferrari
Social Mustard

Communication student settled in Milan. I love art in all its sides, cooking cakes and travelling. Erasmus in Belgium is still in my heart.Instagram:@lesnuggets