Il mondo in tasca

Nicolò De Carolis
Social Mustard
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4 min readOct 12, 2015

Mi chiamo Nicolò, mi chiamano Deca, studio marketing e, da piccolo, volevo fare il giornalista (le cose cambiano).

Se dovessi descrivermi, oggi, non potrei usare una sola definizione, dovrei usarne molte contemporaneamente, e una non basterebbe all’altra. Siamo esseri complessi le cui identità, certamente, non si esauriscono in pochi aggettivi: in me convivono Nicolò, Deca, lo studente di marketing e il piccolo giornalista sognatore. Il mio volto è dato da un insieme — a volte indistinto — di facce. Il jazzista Charles Mingus direbbe: «In altre parole: io sono tre.» (Comincia così il libro-intervista intitolato Mingus secondo Mingus di John F. Goodman).

Ecco che allora, per sapere chi siamo — e per raccontarci agli altri — ricorriamo a escamotage tra loro diversi: il modo di vestire, le acconciature, il tono della voce, la gestualità e molto altro. Tutto parla di noi e, in una certa misura, lo fanno anche le app che abbiamo installato sui nostri cellulari. Ogni estensione per mobile che abbiamo fatto nostra nasconde un’ opportunità, un’ affordance che, a seconda di chi siamo, abbiamo notato tra le altre e abbiamo scelto per relazionarci con il nostro ambiente (digitale e non).

Dal canto mio le ho provate un po’ tutte; un po’ per curiosità, un po’ per divertimento. Ho scaricato app come Rutastic per essere proprio sicuro che si trattasse di un supporto per appassionati della corsa; e per essere altrettanto sicuro di volerla cestinare senza alcun rimpianto. Corro solo se sono inseguito. Ho installato Instagram, per provare a fare foto brutte cercando, poi, di nobilitarle attraverso l’uso dei filtri. Se provaste a seguirmi sul profilo @dcrncl, vedreste che è vuoto e potreste trarne le vostre conclusioni (non vi suggerisco nulla). Poi fu il momento di Periscope, app che diede molto da pensare agli addetti ai lavori e che, per questo, mi incuriosì. Mi accorsi poco dopo che non fosse, per me, di alcuna utilità. L’elenco potrebbe continuare con le varie versioni portabili della Briscola e degli Scacchi, per esempio: fugaci infatuazioni di poche ore che, nonostante la curiosità di cui si è detto, non mi sono mai appartenute veramente.

La verità, forse, è che le uniche interfacce digitali in grado di cambiare le nostre abitudini sono quelle che troviamo utili e che, come si diceva prima, si avvicinano per struttura e per affordance alle caratteristiche del nostro sé e della nostra identità e che, quindi, sappiano “estenderle”.

Come dicevo qualche riga sopra, il piccolo Nicolò, tempo fa, sognava di diventare un giornalista. Quel piccolo Nicolò, oggi, è ancora lì, e di tanto in tanto fa capolino: ama ancora leggere notizie ed articoli delle testate più disparate e fare ricerca per approfondire temi particolari.

All’atto pratico ama distrarre il Nicolò universitario con ricerche, progetti e assignment da svolgere rispettando le scadenze.

La convivenza è difficile. O almeno lo era.

Solo di recente, infatti, ho scoperto Pocket: un app che consente di salvare, in cloud, articoli, video e contenuti di vario genere ottimizzandone il formato (nel caso degli articoli, per esempio, pulendo le grafiche inutili e migliorandone la leggibilità adattandoli ad ogni tipo di schermo e agendo sulle interlinee) rendendoli disponibili, in un unica raccolta, anche offline.

La svolta: quando mi imbatto in un contenuto interessante che non avrei il tempo di leggere immediatamente senza fare tardi su altri mille fronti, non devo fare altro che salvarlo in Pocket con un tap o un clic (Pocket è anche un’ estensione desktop) nel mio account, per poi riaprirlo, in un momento di maggiore libertà.

Da quando ho cominciato ad usarla, quest’ app ha cambiato il mio modo di intendere tempi, spazi e modi di lettura, ridesgnando — in un certo senso — anche il mio quotidiano approccio a questo interesse che, per la prima volta, vive senza intralciare gli altri: vive nei tempi morti, nelle attese e negli spostamenti, per esempio.

Quest’ app ha ridisegnato le mie possibilità di fruizione anche da un altro punto di vista: posso interrompere la lettura e riprenderla, posso rileggere e posso condividere contenuti, senza avere la paura di perderli o di dimenticarmi della loro esistenza una volta spento il PC. Un mondo nuovo, tutto in una tasca.

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Nicolò De Carolis
Social Mustard

Laureato in media e comunicazione amante della semiotica (spazio per credermi pazzo ricavato qui).