Il passato è un meme che ritorna.

Gabriele Lingiardi
Social Mustard
Published in
4 min readOct 17, 2015

Ho scelto di analizzare il profilo Facebook di un mio carissimo amico, che chiamerò L.
I criteri che mi hanno portato all’osservazione di questo soggetto sono di duplice tipo: in primo luogo la capacità di L di attrarre mi piace e commenti, attraverso la ripetitività e la prevedibilità delle sue azioni nel Social Network, mi è sembrato di discreto interesse scientifico; in secondo luogo sono subentrati motivi pratici: conoscendo L da 9 anni e avendolo seguito su Facebook sin dai primi post, ho a disposizione un quadro completo della sua evoluzione nel tempo.

Questa indagine descrittiva ha lo scopo di mostrare le conseguenze di un particolare uso della piattaforma social. Per quanto l’analisi meriterebbe maggiori approfondimenti, intendo tracciare alcune linee guida che possano essere estese e generalizzate con un campione più grande.

È facile notare, dopo una breve analisi del profilo di L, come egli si esprima soprattutto attraverso post scritti e fotografie. È raro trovare video, men che meno quelli musicali (L non ascolta molta musica, lo si intuisce anche dalla quasi totale assenza di gruppi musicali tra i mi piace della sezione musica). Saltuariamente si possono trovare link ad articoli, soprattutto riguardanti il calcio, una grande passione di L.

Ho deciso quindi di focalizzare la mia attenzione solo sulle fotografie e sugli scritti di L.

Grazie ad anni di vicinanza, aiutato successivamente da un’analisi più rigorosa ed oggettiva, ho potuto notare come il codice di linguaggio utilizzato nella maggior parte dei post fosse di stampo memetico.

L sfrutta infatti, per la sua autorappresentazione social, una serie di contenuti ricorsivi, i cosiddetti “tormentoni” della rete. Proprio come succede nell’andamento naturale dei contenuti virali, anche i post di L si possono classificare secondo periodi di tempo piuttosto circoscritti. Si va da un uso parodico della particella “nza”, che è stata utilizzata nel 2014 soprattutto da adolescenti neofiti di Facebook, e qui ripresa ironicamente, declinata secondo varie accezioni.

In un altro periodo la moda è l’utilizzo della parola “RoadTo” per indicare sia viaggi reali che di fantasia. inInfine si arriva ad un, ovviamente ironico, uso dell’hashtag #odio: #odiolavita, #odionatale, #odiogliorsi e molti altri. Ma il contenuto ripetuto ossessivamente, stampo della produzione di L, non si limita ai giochi lessicali. Nei suoi post rientrano anche contenuti cult come la frase “per me la cipolla”, pronunciata da un concorrente di un famoso quiz televisivo.

Anche il black humor contamina i post pubblicati: numerosi sono infatti i riferimenti ai marò. La vicenda dei due marò italiani, detenuti in India, ha dato adito a diverse parodie circolate molto in rete. L coglie il trend e si adegua senza esitazione. Tutto questo avviene sia sulla bacheca che nella vita reale, in cui il tormentone viene spesso ripreso e ripetuto anche dagli amici.

Analisi: la presenza, insistita e ripetuta, di contenuti tipici della cultura internet sulla bacheca di L, la riproposizione di questi contenuti nella vita reale, vanno a formare una piccolo terreno comune (common ground in linguistica) che facilita la definizione del gruppo di amici. Conoscere il significato e sapere cogliere l’ironia di questi leitmotiv permette infatti l’accesso alle dinamiche di gruppo, sia reali che virtuali. Ogni hashtag è utilizzato quasi come una chiave di accesso, una password, per un mondo di significati condivisi. Questo approccio al mezzo social non porta a L un riscontro in visibilità particolarmente clamoroso: il numero di mi piace per post è assolutamente in linea con quelli dell’utente medio, ma la sua popolarità invece è più marcata dall’alto numero di commenti e di condivisioni. Attraverso quella che, riprendendo Mead, è un’elevata capacità di conoscere il Sé e l’abilità a produrre simboli, non che ad assumere gli atteggiamenti degli altri, L riesce a tracciare dei confini in cui muoversi agilmente. Quello che si viene a creare è percepito come un vero e proprio muro di sicurezza che delimita e regola l’ambiente sociale. Il tormentone può infatti venire accettato o essere respinto, ritenuto improprio o noioso. Nella quasi totalità dei casi gli utenti che partecipano al gioco della ripetizione di immagini simboliche sono coloro che conoscono L anche nella vita reale.

Il muro creato è però anche assai flessibile e vistoso. Questo tema meriterebbe forse un approfondimento maggiore attraverso analisi statistiche, ma la sensazione prevalente è che, attuando questa strategia, L riesca a tenere alto l’interesse verso il suo profilo. In primo luogo perché attiva la curiosità del lettore, poi perché rende palese, visibile ed esplicita, la propria cerchia di amici. L appare infatti molto seguito, grazie proprio ai numerosi commenti di coloro che condividono lo stesso codice memetico. Non sono rari i segnali di apprezzamento da parte di estranei, una volta capito il gioco, che a loro volta vengono “inglobati” in questa rete solo apparentemente esclusiva.

Un’ultima nota: recentemente ho notato una maggiore propensione a ricondividere post del passato, scritti anni prima, o a rimetterli in evidenza commentando o taggando amici. Credo che questo modo di fare non sia per nulla lontano dalla ripetizione infinita degli hashtag, vista prima. Siamo di fronte infatti, ancora una volta, ad un ritorno di contenuti condivisi da una piccola cerchia e che possono essere rapportati al presente. Attualizzati per definire ciò che L è adesso.

Gabriele Lingiardi

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