One Direction Fans: community è un understatement!

alessandra.cherubini
Social Mustard
Published in
5 min readNov 2, 2015

La definizione di web community data dalla ormai insostituibile Wikipedia è “sito web (o gruppo di siti) dove contenuti specifici sono accessibili e disponibili soltanto ai membri che ne fanno parte. Essa può prendere forma anche su servizi di social networking: forum, blog e altre tipologie di software e applicazioni”.

Una community con la C maiuscola, va a raggruppare una cerchia di utenti che, in seguito ad un’adesione spontanea, iniziano a parteciparvi in modo attivo condividendo contenuti che ruotano attorno ad un argomento di competenza, il quale produce un effetto di riconoscimento sociale, ovvero rispecchia e rappresenta in qualche modo l’identità degli utenti.

Il caso Directioners, il fandom della boyband One Direction.

Partiamo innanzitutto dal presupposto che quando si parla di boyband, nessuno è immune da colpe. In principio furono i Duran Duran, poi i Backstreet Boys e nel 2010 è toccato agli One Direction, diventati idoli delle teenager 2.0 pronte ad infilare cuore, testa, tempo e portafogli dei genitori in un gigantesco frullatore gentilmente offerto da Sony Music Entertainment.

La band viene formata ad X Factor UK raggruppando cinque ragazzi che non si conoscono fra loro, presentatisi alle audizioni come solisti: nessuna condivisione di una progettualità o gusti in comune, solo degli adolescenti della working class anglo-irlandese che, prima di quel giorno, avrebbero scambiato un microfono per un carrello della spesa. In una situazione del genere — e quel volpone di Simon Cowell lo ben sapeva — il perno attorno al quale andava fatto partire l’ingranaggio era uno ed uno soltanto: i fans, le fans.

“It’s all about the fans” “We owe it all to you” “All that we’ve been able to achieve is your credit” “A massive thank you to all of our incredible fans”

Sono solo alcune delle frasi che i 5 (ora 4) membri della band ripetono ossessivamente ed ininterrottamente ad ogni concerto, premiazione, intervista o uscita pubblica.

Infatti, grazie alla enorme, esponenziale e ormai sovracitata diffusione dei social network (Twitter in particolare) è venuto a crearsi un fandom spontaneo, a prevalenza femminile, composto da ragazze di età compresa fra i 13 e i 19 anni che, dal Regno Unito alle Filippine passando per gli U.S.A., diventa per la prima volta il vero protagonista di un fenomeno musicale.

Sì perchè queste Directioners sono una macchina da guerra: appassionate dei propri beniamini sino a sfiorare la dipendenza, ok. Ma soprattutto agguerritissime. Eh vabè, direte voi, non sono tutti così i ragazzini nel picco della fase ormonale? E invece no, vi dico io, perchè qui non si parla soltanto di record nelle vendite di dischi, di milioni di visualizzazioni per un video, di riempire arene e stadi in tutto il mondo, di portare una band a fare 5 album e un tour all’anno per 5 anni senza uno straccio di pausa. No! Non stiamo più parlando di una semplice “passion drived community” ma anche di un raggio di azione e competenza molto più ampio: i fans diventano gli agenti, i promoter, l’ufficio stampa e il marketing della band.

Non contenti dei singoli selezionati per la promozione dell’album organizzano un “fan release” di una delle tracce scartate, acquistano spazi pubblicitari per promuovere il disco, ideano hashtag monopolizzando i trend di Twitter, impostano collaborazioni con organizzazioni benefiche da sottoporre all’attenzione della band, vincono addirittura premi come “miglior fandom” in manifestazioni del calibro di MTV EMAs e Brit Awards. Quando gli One Direction ringraziano reverenzialmente, dunque, non si limitano a lusingare i fan, ma stanno effettivamente ringraziando il loro Ufficio Comunicazione.

Molto chiaro: il livello di engagement è altissimo e “Directioners” non è più solo il contenitore di tutti i singoli fan ma è un vero e proprio network all’interno del quale vi sono interazioni, filoni di conversazione. Dalla cronaca del concerto, alla condivisione di informazioni private sui cantanti, dalla gara a chi scova le interviste inedite, alla creazione di contenuti (collage, video, fanfiction). Tutti aspetti che fanno scattare il meccanismo della percezione di empowerment: la sensazione di stare imparando qualcosa, o meglio, qualunque cosa ci sia da sapere sugli One Direction.

Le dinamiche di questo fandom sono davvero singolari e hanno definito nuovi standard per quello che riguarda l’interazione fandom/band, soprattutto grazie alla creazione di un rapporto di estrema fiducia e vicinanza che prende il via proprio su iniziativa di Harry, Niall, Louis, Liam, Zayn: botta e risposta su Twitter, copie dell’album regalate a qualche fan che non può permettersi l’acquisto, meet and greet pre concerto che durano interi pomeriggi.

“It’s a team work between us and them” - “Don’t mess with our fans or we’ll come and find you” — “The reason girls like us is that we’re like the guys who muck around at the back of the classroom”

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Un community funziona se le persone che ne fanno parte la percepiscono come uno specchio che riflette la nostra identità, o l’identità che in quel contesto vogliamo emerga di noi.

Nel caso delle Directioners la ricetta magica è stato il fatto che in quello specchio scorgessero non più uno, ma cinque visi: quelli dei loro adorati boys.

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