SNS Researches — Analisi dei papers di psicologia sociale

Denis De Rosa
Social Mustard
Published in
13 min readNov 12, 2015

L’auto-rivelazione (self-disclosure) sugli SNS (Social Network Sites), non solo quella della sfera intima (intimate message), ma anche quella positiva (positive status message) e quella d’intrattenimento (entertaining message) accrescono la sensazione di essere connesso. L’articolo fornisce un framework complessivo di come messaggi privati e pubblici sugli SNS possono avere positivi risultati relazionali e al tempo stesso propone tre spiegazioni alternative del fenomeno. La prima si basa sulla teoria della penetrazione sociale (social penetration theory); la seconda si basa sulla teoria della capitalizzazione (capitalization theory); la terza sulla letteratura recente sul ruolo dello “humor” sulla formazione e il mantenimento delle relazioni. L’articolo prende anche in esame il ruolo della risposta del partner della comunicazione. La self-disclosure, cioè la rivelazione volontaria di informazioni personali ad una o a più persone, assume caratteri particolari nella comunicazione sui social network, dove gli utenti presentano un profilo e delle informazioni aggiuntive, comunicano per la maggior parte con una vasta categoria di “amici” (conoscenti, compagni di scuola, colleghi, insegnanti, persone note, e anche sconosciuti) in contesti normalmente separati; praticano generalmente una comunicazione del tipo uno-a-molti (“masspersonal communication”) e talvolta intrattengono conversazioni private con altri utenti. Esiste una chiara evidenza del fatto che gli utenti degli SNS inviano contributi soprattutto relativi a situazioni positive o di intrattenimento, mentre di gran lunga inferiori sono quelli della sfera intima; d’altra parte gli studi sui social network sono concordi nell’affermare che il mantenimento di relazioni sociali è la motivazione principale per l’uso dei social network. L’articolo si focalizza sul sentimento di connessione (feeling of connection) come risultato relazionale: questo d’altronde sembra essere il parametro più appropriato per i social media perché è utilizzabile sia per gli individui che per i gruppi di persone, a seconda dell’audience del messaggio. La prima spiegazione di come i messaggi “postati” sui social network possano indurre a risultati positivi nelle relazioni è basata sulla teoria della penetrazione sociale: secondo questa teoria, positivi risultati relazionali si possono ottenere soltanto con la comunicazione “intima”, che privilegia canali privati ma è presente anche nei social network; tuttavia per i messaggi pubblici scritti su Facebook l’audience che le persone hanno in mente (intended audience) consiste per lo più di un limitato gruppo di amici stretti e quindi la self-disclosure verso questo gruppo fa sentire le persone più legate ad esso; però, dato che l’audience “reale” (empirical audience) è solitamente maggiore e più diversificata rispetto all’intended audience, il messaggio intimo risulta alquanto limitato: ne consegue un effetto attenuato dell’intimità sul sentirsi connesso. La seconda spiegazione si basa sulla teoria della capitalizzazione, che mostra come la condivisione pubblica di informazioni positive può accrescere il sentimento di connessione (feeling of connection): secondo questa teoria, la maggioranza delle persone condividono sui social network eventi positivi e questa condivisione produce positivi risultati relazionali; l’assunto base dellea teoria è che la condivisione di esperienze positive induce effetti positivi aggiuntivi, rafforza la relazione con i partner dell’interazione, ed è correlata al sentirsi connesso. La terza spiegazione si basa su recenti ricerche sul ruolo dello humor nella formazione e nel mantenimento della relazione; l’effetto positivo dello humor è stato dimostrato finora per la relazione uno-a-uno, ma è ipotizzabile che esso esista anche nella relazione uno-a-molti, come testimonia il fatto che le persone si sentono maggiormente connesse agli amici di Facebook che postano contributi di intrattenimento; in altre parole, se gli amici ci fanno ridere, possiamo ragionevolmente pensare che essi abbiano cura di noi, e questo incoraggia ulteriormente la nostra connessione. Nello sviluppo della relazione intima, occorre prendere in considerazione il ruolo giocato dalla risposta dei partner: si tratta infatti di un processo dinamico in cui l’individuo prima fornisce una informazione strettamente privata, poi riceve reazioni da parte dei partner dell’interazione, e infine interpreta queste risposte come attestati di comprensione e di interesse verso la sua persona. Che la risposta dei partner sia importante anche nei social network appare evidente da recenti ricerche, che riferiscono come persone con bassa autostima ricavino minor beneficio dall’uso dei social network rispetto a quelle con alta autostima, perché le prime postano contributi più negativi e di conseguenza ricevono più poche risposte positive. Secondo questa linea di ricerca, gli effetti della self-disclosure pubblica sul feeling connected sono mediati dalle risposte positive e dai commenti ricevuti, e quindi la risposta degli “amici” è importante anche nei social network. Ci sono comunque altre ricerche che mostrano effetti diretti della self-disclosure sui risultati di relazione, indipendentemente dal numero di “likes” o di commenti ricevuti. Una complessa indagine effettuata su un campione di 151 studenti di una università tedesca ha riguardato l’uso di Facebook, i problemi di privacy, il contenuto dei messaggi, le motivazioni, il feedback, e il sentimento di connessione. I risultati hanno mostrato una chiara correlazione tra la rivelazione intima e il sentimento di connessione, in accordo con le previsioni della teoria della penetrazione. Per seconda cosa, in accordo con la teoria della capitalizzazione, è stata registrata una corelazione tra la positività della self-disclosure e il sentimento di connessione in relazione alle conversazioni private e ai contributi postati dagli amici sulla loro situazione personale. Per terza cosa, in tutti e tre tipi di messaggi (intimate, positive, entertaining) è emerso un significativo legame tra il livello di intrattenimento della disclosure e il sentirsi connesso. Riguardo al contenuto dei messaggi, i risultati mostrano che i contributi sulla situazione personale e le conversazioni private sono in media principalmente di tipo positivo e di intrattenimento, e contemporaneamente non molto intimi. Uno sguardo attento ai dati rivela poi che, pur confermandosi l’ipotesi che il mantenimento di relazioni è la principale motivazione per l’uso di Facebook, ci si intrattiene in conversazioni private più frequentemente che nella scrittura di “status updates”. I risultati della ricerca svolta hanno diverse implicazioni teoriche: per prima cosa, mostrano una condizione limitativa per la teoria della penetrazione, le cui previsioni sul ruolo della rivelavione intima nella formazione e nel mantenimento di relazioni sono verificate per quanto riguarda le conversazioni private, ma si verificano solo parzialmente quando la rivelazione perviene a una comunicazione pubblica nell’ambito di gruppi allargati; questo si può attribuire all’asimmetria della comunicazione uno-a-molti sui social media tra sender e receiver: quando l’utente invia contenuti intimi, di solito egli ha in mente un gruppo ristretto di amici (intended audience) e quindi il suo sentimento di connessione risulta accresciuto; d’altra parte, data la natura dei social media, le persone possono non vedere tutti i contributi intenzionali postati da uno dei loro amici, mentre possono vedere un post che non è specificamente indirizzato a loro. I risultati dell’analisi dei dati raccolti nell’indagine indicano che i contributi intimi postati da altri possono non necessariamente accrescere il sentimento di connessione, e che l’effetto positivo in genere dipende da una vicinanza preesistente. Per seconda cosa, i risultati dell’indagine, secondo cui la positività della self-disclosure accresce il sentimento di relazione, si conciliano con la teoria della capitalizzazione. E’ interessante notare che la condivisione di notizie positive non accresce i risultati relazionali, il che fa dedurre che la capitalizzazione è un fenomeno tipicamente diàdico o di piccoli gruppi, che non si estende alle audience numerose. I risultati mostrano un’importante condizione limitativa dell’effetto di capitalizzazione: le persone si sentono maggiormente legate agli amici di Facebook quando condividono notizie ed eventi positivi; d’altro canto, dai likes e dai commenti inviati dai lettori emerge chiaramente che un sender che posta messaggi dal contenuto positivo è percepito come più gradevole dai receiver. Per terza cosa, e forse la più importante, la ricerca svolta per la prima volta mostra che nei social media esiste una forte correlazione tra intrattenimento e senso di relazione , in linea con recenti ricerche sul ruolo dello humor nelle relazioni diàdiche. Per quarta cosa, questo studio fornisce un contributo alla questione del ruolo della risposta del partner della comunicazione nella costruzione della relazione; i risultati fanno propendere verso l’ipotesi che il non ricevere i likes attesi dal sender possa attenuare il suo senso di relazione con l’audience; nel caso dei commenti invece, sembra che il non ricevere gli attesi commenti abbia un effetto positivo sul sentimento di relazione, e questo potrebbe essere attribuito al fatto che il sender si aspetta reazioni critiche da parte dei receiver. In conclusione, l’articolo in sostanza mostra che nei social network non solo le self-disclosure intime, ma anche quelle positive e quelle d’intrattenimento accrescono il sentimento di relazione. In altre parole, ci piacciono le persone con le quali ci siamo aperti, ma non necessariamente ci piacciono quelli che rivelano contenuti intimi; invece in tutta generalità ci piacciono le persone che pubblicamente condividono notizie positive e quelle che ci fanno divertire.

I social network sites (SNS) offrono molti vantaggi, come intrattenimento, informazione, e strumenti per stare a contatto con altre persone, ma spesso gli utenti non sono soddisfatti del loro modo di utilizzarli, e vogliono cambiare i loro comportamenti sugli SNS. Alcuni vogliono cercare di aumentare i vantaggi, altri vogliono evitare gli svantaggi percepiti nell’uso degli SNS. L’articolo riporta i risultati di un’indagine online su un campione di 604 utenti, svolta per esaminare come essi vogliono cambiare i loro comportamenti su Facebook, Instagram, e Twitter. Lo sguardo sugli obiettivi di cambiamento dei partecipanti fornisce una idea della loro visione degli SNS come mezzi potenzialmente migliorativi o peggiorativi delle loro vite. E’ altrettanto importante considerare in che modo si possono aiutare i partecipanti a raggiungere i loro obiettivi. Per questo gli autori guardano a questi obiettivi nella prospettiva di progettare il cambiamento di comportamento e tracciano tecniche, come il modello comportamentale di Fogg (Fogg Behavior Model, FBM), per esplorare come diverse strategie possono essere usate per raggiungere i diversi obiettivi. Le domande che gli autori si sono poste riguardavano gli obiettivi di cambiamento dei partecipanti nel loro uso dei tre SNS, l’importanza e la difficoltà percepite in relazione a tali obiettivi, il metodo per raggiungerli. I ricercatori hanno codificato le risposte libere sugli obiettivi, usando cinque set di codici: gli obiettibi, le ragioni per gli obiettivi, i vantaggi degli obiettivi, gli step per raggiungere gli obiettivi, e gli elementi che facilitano oppure ostacolano il raggiungimento degli obiettivi. I partecipanti hanno dato le loro risposte in relazione alla volontà di ridurre, aumentare e migliorare l’uso degli SNS per ridurre i tempi e migliorare i loro contatti, la loro autopresentazione, e la loro sicurezza e privacy. Essi hanno descritto la cosa che più di ogni altra volevano cambiare circa il loro comportamento negli SNS e i motivi per cui volevano cambiarlo in quel modo. Molti volevano usare i siti di meno per risparmiare tempo, ma in modo più produttivo, con migliori filtri di lettura, e un migliore posting; una notevole percentuale di essi volevano un posting maggiore, specialmente quelli di Facebook per ragioni di contatti relazionali. I partecipanti hanno anche descritto i benefici che si attendevano mediante il raggiungimento degli obiettivi proposti, hanno graduato per importanza e difficoltà il raggiungimento dei loro obiettivi, hanno infine definito i tempi e descritto i fattori che a loro giudizio potevano ostacolare o facilitare l’acquisizione dei loro obiettivi. I risultati della ricerca possono essere utili per progettare i meccanismi di cambiamento del comportamento nei diversi SNS.

Molti ricercatori di psicologia sociale si sono occupati della natura degli stereotipi e dei pregiudizi. I risultati delle ricerche hanno confermato la forte presa degli stereotipi e dei pregiudizi nella nostra società e di conseguenza la difficoltà di impedire tensioni e conflitti tra gruppi. Gli autori dell’articolo esplorano possibilità di intervento che possano ridurre la presenza di stereotipi e pregiudizi. In particolare presentano i dati sperimentali ottenuti mediante un apparato che permette l’immersione in una realtà virtuale (virtual reality, VR); i risultati dell’analisi di questi dati sono incoraggianti in relazione alla riduzione dell’impatto sociale degli stereotipi. Il metodo di intervento applicato deriva dal concetto di “perspective-taking”, sintetizzabile nel fatto che una persona, a cui viene richiesto di “prendere la prospettiva” della persona che sta osservando, tende a giudicarla sulla base di fattori “situazionali” piuttosto che “disposizionali”; ad esempio: se la persona che stiamo giudicando ha ottenuto un voto basso in un test, tendiamo ad ipotizzare che il risultato negativo sia dovuto a un problema fisico contingente piuttosto che a una scarsa preparazione. Galinsky e Moskowitz nel 2000 hanno esteso il perspective-taking al dominio degli stereotipi e dei pregiudizi, proponendo l’ipotesi che, spingendo le persone a focalizzarsi su fattori situazionali anziché disposizionali mediante la perspective-taking, esse possano dipendere meno dagli stereotipi nel giudicare e nell’interagire con membri di gruppi minoritari. Gli autori si sono occupati in questa ricerca della categoria degli anziani e hanno avanzato l’ipotesi che, se fosse possibile collocare una persona nel corpo di un anziano, si verificherebbe un più forte effetto della perspective-taking. La tecnologia attuale, mediante i Collaborative Virtual Environments (CVE), sistemi di comunicazione che registrano movimenti e comportamenti e li interpretano mediante “avatar”, rende possibile immergere virtualmente un giovane nel corpo di un anziano. Gli autori si sono proposti di studiare se l’alterazione dell’autorappresentazione di una persona può contribuire a ridurre gli stereotipi negativi su particolari gruppi sociali; in particolare, hanno collocato 24 studenti universitari maschi e 24 femmine in avatar anziani, per testare se la perspective-taking aumentasse la valutazione positiva delle persone anziane. I partecipanti, a cui veniva dato un avatar di un giovane o di un anziano, erano costretti a interagire con un’altra persona mentre vestivano l’avatar vecchio o giovane. Venivano quindi effettuate tre misure: associazione di parole (word association), attitudini indirette (indirect attitudes), racconto ambiguo (ambiguous story). L’analisi dei risultati non ha mostrato un effetto consistente attraverso le tre misure, tuttavia è incoraggiante l’aver registrato che l’immersione nell’avatar di un anziano ha prodotto un effetto significativo sull’atteggiamento verso le persone anziane in generale.

Con “user-generated content” (UGC) ci si riferisce ai contenuti creati o prodotti da un pubblico generico non professionista, distribuiti sui media e soprattutto su Internet. Attualmente il mainstream della ricerca sugli UGC è focalizzato sulla prospettiva di risultati, ma pochi ricercatori si sono interessati della prospettiva dei produttori, per esempio come un blogger influenza le opinioni dei suoi follower. Puntando l’attenzione sugli aspetti sociali, gli autori studiano il comportamento sui siti UGC dal punto di vista della produzione; essi sostengono che i fattori sociali sono elementi critici che influenzano la produttività degli utenti, e che gli utenti sono maggiormente motivati a produrre contenuti quando ricevono stimoli sociali attraverso i processi di interazione. In particolare, gli autori sostengono che il “confronto sociale”, la “identità sociale”, e la “forza del legame sociale” sono i principali fattori che incidono sulla produzione di contenuti. Gli autori cercano di dare risposta alla domanda: se la percezione da parte dell’utente del confronto sociale e dell’identità sociale, e se la forza dei legami sociali tra gli utenti influenzano la loro produzione di contenuti. Il confronto sociale spiega che le persone tendono a valutare le proprie opinioni e abilità confrontandole con quelle di altre persone percepite come simili. In questo studio gli autori sostengono che i singoli individui produrranno la percezione del confronto sociale attraverso l’esperienza delle piattaforme UGC, e che mediante i processi di confronto sociale le persone modificheranno i loro obiettivi per migliorare se stesse. Gli autori fanno l’ipotesi che sia il confronto sociale, sia l’identità sociale, cioè il senso di appartenenza a specifici gruppi legati da medesimi interessi, sia l’intensità dei legami sociali, sono positivamente correlati alla produzione degli UGC. Per testare l’ipotesi, gli autori hanno misurato la produttività degli UGC, utilizzando un campione focalizzato sugli utenti di comunità virtuali selezionate su Flickr.com. L’analisi dei risultati ha dato risultati che implementano la conoscenza attuale circa le applicazioni dei social media e, in particolare, forniscono un utile contributo alla ricerca che riguarda gli UGC. Più in generale, i risultati di questa ricerca incoraggiano i social media provider a sviluppare le loro funzioni e servizi.

L’autore dell’articolo punta la sua attenzione sul fenomeno ampiamente diffuso della ri-creazione di contenuti su You Tube, basandosi sul concetto di “meme” come strumento di analisi, dove per meme si intende una piccola unità culturale di trasmissione che viene diffusa tramite emulazione o imitazione. Solo i meme che si adattano all’ambiente socio-culturale si diffondono con successo. I meme, che possono essere idee, simboli, melodie, slogan, mode, stili di architettura, ecc., sono entità elementari dinamiche che si propagano in risposta a scelte tecnologiche, culturali e sociali delle persone e sono come mattoncini di complesse culture che interagiscono tra loro. Internet, You Tube in particolare, è l’ambiente ideale per la diffusione su larga scala dei meme, sia per la velocità che assicura, sia perché la sua flessibilità, la sua accessibilità e la sua ubiquità permettono agli utenti la riedizione di meme esistenti e la creazione di nuovi meme. You Tube è la piattaforma-simbolo della contemporanea cultura dei media partecipativi, aggregando e presentando punti di vista, scelte e risposte generate dagli utenti. L’autore parte dalla distinzione tra video “virali” e video “memetici”: i primi sono clip che si diffondono con un passa-parola digitale senza cambiamenti significativi; i secondi sono clip popolari che stimolano il coinvolgimento estensivo di utenti creativi mediante i meccanismi di imitazione e di manipolazione. L’autore cerca di rispondere alla domanda se esistono caratteristiche comuni ai video memetici su You Tube che generano grandi masse di video derivati. Per questo, ha operato una selezione preliminare di video memetici utilizzando sia le misure di popolarità dello stesso You Tube, sia le playlist compilate dagli utenti spesso intorno a un tema comune. Le 30 clip selezionate sono state poi catalogate in base al format, al tema, alla sorgente (chi ha creato i video), al livello di semplicità. La successiva analisi ha evidenziato sei aspetti comuni ai video del campione: attenzione alla gente comune, predominante presenza maschile, humor, semplicità, ripetitività, e il contenuto “whimsical” (cioè l’assenza di un tema concreto). Il primo aspetto riflette un attributo tipico di You Tube; il secondo sembra riflettere una rappresentazione degli uomini piuttosto diffusa nei mass media, la cosiddetta “crisi di mascolinità” nella società occidentale; il terzo aspetto attesta la tendenza all’intrattenimento divertente; il carattere della semplicità (degli schemi, dei setting, dell’interpretazione) e quello della ripetitività ad essa connessa, si spiegano facilmente, perché video semplici e ripetitivi, realizzati con poche risorse e con basso livello di cultura digitale, ampliano la possibilità di creazione di versioni generate dall’utente; infine per quanto riguarda il contenuto, sembra che l’unico aspetto che accomuna i video memetici, oltre al riferimento alla cultura popolare, sia l’assenza di un tema concreto, ovvero la tendenza al cosiddetto “whimsical content”. L’autore ha poi puntato la sua attenzione su un gruppo di video memetici che hanno generato una grande massa di video derivati e ha osservato che i “video blog” (vlog), cioè quelli realizzati da persone comuni, con basso livello tecnologico, con scarsa cura della forma e dell’estetica, e che tipicamente si occupano della vita quotidiana, in una parola i cosiddetti “bad video”, sono quelli che producono grandi quantità di video derivati, e quindi sono “buoni meme” nella contemporanea cultura partecipativa. L’autore osserva che gli aspetti che caratterizzano i video memetici ampiamente diffusi si collegano più facilmente alla tendenza all’imitazione che a quella della condivisione dei contenuti. Infine l’autore al la domanda del perché sia così diffusa la pratica di creare video facilmente replicabili risponde facendo riferimento a tre logiche: quella economica, per cui un video facilmente replicabile ha maggiori possibilità di successo nell’economia dell’attenzione di You Tube; la logica sociale, per cui le persone che producono video derivati da un medesimo video memetico riscoprono un senso di socialità; e infine la logica culturale ed estetica, per cui i video memetici da You Tube sconfinano in un più ampio e complesso panorama di produzione culturale.

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