Goffredo Pelicioti

[Sogni sulle sedie]

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Sogni sulle sedie

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Goffredo Pelicioti

La notte del tre di aprile di un anno abbastanza lontano — ma l’anno è poco importante, perché Goffredo Pelicioti, un signore di ora circa settantaquattro anni, per molti anni bidello nell’Istituto Tecnico delle Arti Artigianali e Regionali, la scuola dove anche sua figlia Margherita prima studiò e poi insegnò, con molti anni di sacrifici del padre, perché Goffredo Pelicioti non solo portava in casa l’unico stipendio da bidello, ma anche molti debiti che lo assillavano per via di acquisti che ora non interessano, in ogni caso acquisti che gli procurarono debiti e debiti, tipo mutuo e forse anche usurai, chi lo sa, e quelle erano spese che l’avevano indotto al gioco, prima solo il lotto e la schedina, poi l’azzardo e le carte, e nel gioco aveva più perso che guadagnato e così, arrivata Margherita a diciannove anni, anche lei voleva studiare Lettere antiche e Lettere di oggi, Letteratura e Analisi, per quattro anni e un anno di tesi quindi cinque lunghi anni che Goffredo Pelicioti si sgobbò mangiando poco e lavorando la notte come portinaio d’hotel, e aveva lavorato fino a quella notte del tre di aprile che lo trovarono da poco morto ma seduto sui gradini della Chiesa Madre del paese. Morto e basta, non ammazzato. Seduto come a dormire — per darvi l’idea — ma dormiva nell’altro mondo.

Poi la sedia fu spostata.

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