Sicilia, 22 Settembre 2014

Rima Mangiat
Solotur
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2 min readJan 18, 2020

Ho conosciuto il signor Antonio su questo molo di una piccola e sperduta borgata del nord della Sicilia, una mattina di settembre in cui ho preso una autobus da Palermo e sono scesa a caso nel primo posto bello che ho visto dai finestrini; ero alla ricerca di un buon posto dove fare il bagno e di un bello scenario da fotografare, e mi sono per caso ritrovata a chiacchierare con lui.

Quest’uomo, fino a qualche anno fa, lavorava sulle navi mercantili, ha girato il mondo intero, è stato in Canada, in Australia, a Honolulu, a Buenos Aires, in Brasile -dove a Rio è salito sul Pan di Zucchero e ha visto da vicino il Cristo Redentore che sovrasta la città-, ha circumnavigato due volte l’Isola di Pasqua e mi ha detto di aver visto le grandi statue monolitiche che gli antichissimi abitanti costruirono sull’isola che nella mia mente è il posto più lontano ed irragiungibile che io possa immaginare. Una volta è stato in mare quarantadue giorni di fila. Quarantadue.

Mentre mi raccontava queste cose -con un forte accento siciliano, talvolta difficile da decifrare- a me sembrava di vedere tutti quei posti scorrere davanti ai miei occhi, su quella spiaggia semidesetra, davanti ad un mare tranquillo e cristallino.

Antonio mi ha accompagnato lì vicino, dove una volta, fino a cinquant’anni fa, c’era la Tonnara (o la mattanza). Non resta quasi nulla di quella tradizione cruda e bellissima, solo i muri perimetrali della struttura, parte del tetto e delle vasche, e il corridoio di entrata dei tonni. Mi ha spiegato come funzionava tutto.

Poi mi ha chiesto quanti anni avevano i miei genitori e mi ha detto di stare attenta perché la gente poi se ne approfitta se mi vede da sola, che ok che le donne del nord sono più libere, ma che comunque devo fare attenzione alla borsa.

Il signor Antonio ha viaggiato ovunque, ha visto probabilmente ogni porto commerciale del mondo, ha vissuto una vita pazzesca, e poi è tornato nel suo paesino fatto di poche case, di silenzio, di arsura l’estate, delle lunghe attese della pesca, in una terra così meravigliosa e difficile.

Non so cosa avrei dato per passare una settimana intera a parlare con lui… non so per quale motivo, forse per la vita pazzesca di viaggi che ha avuto, ma mi ha toccato il cuore come pochi incontri hanno fatto nella vita. Quando l’ho salutato gli ho scattato una foto (non questa, una in cui si vede bene il suo viso) gli ho detto “così non mi dimentico di lei”, ma quella la tengo solo per me e per i miei ricordi.

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