Antologia degli esserini improbabili — Ghiro pietroso dalla coda perenne

Laura Lalune Décroche
Sotto il Tavolo
Published in
4 min readJun 18, 2018

Ghiro s. m. [lat. glīs glīris] e pietróso agg. [da petroso] fatto di pietra — per contrasto con il ghiro comune, conosciuto per la morbidezza del pelo — dalla coda perenne [dal lat. perennis, comp. di per e annus «anno», propr. «che dura tutto l’anno»].

Questa specie di marsupiale di altezza inferiore a quella delle ginocchia di un umano adulto ha due particolarità: la prima è la capacità mimetica avanzata che lo rende praticamente invisibile, la seconda è la crescita della coda, simile a quella dei gatti ma un po’ più cicciottella, che cresce perennemente, senza raggiungere mai un limite massimo.

La velocità di crescita della coda di un ghiro pietroso è stimata in circa un centimetro ogni anno: questo potrebbe far pensare che il fenomeno sia abbastanza ininfluente nella vita dell’esserino, tuttavia gli esemplari maschi di questa specie sono incredibilmente longevi e una coda, nell’aspettativa media di vita di circa duecento anni, può arrivare a misurare due metri. Come se non bastasse i ghiri non possono muovere la coda se non trascinandosela dietro, non avendo muscoli appositi. Possono solo cercare di arrotolarla e portarla appresso come un elettricista farebbe con un fascio di cavi. Sussiste comunque il problema delle zampette anteriori del ghiro che, per quanto potenti, sono molto corte, somiglianti a quelle di un orsetto lavatore: non è facile per loro, dopo una certa età, portarsi “a spalla” tutta la coda.

La caratteristica coda del ghiro pietroso è responsabile della maggior parte dei problemi della specie. I singoli individui, non avendo sensibilità sull’arto (l’aggettivo “pietroso” è di fatto riferito proprio alla durezza della loro pelle), si trovano spesso in situazioni imbarazzanti: corazzati al pari di un comune pangolino, questi ghiri possono trovarsi incastrati in una porta chiusa, bloccati da un’auto parcheggiata su un marciapiede o, nelle città di mare, vittime dei bagnanti che cercano di piantare l’ombrellone sulla spiaggia. Un ghiro pietroso in vacanza al mare viene colpito nel settanta percento dei casi dall’ombrellone di un bagnante: il palo acuminato non riesce ovviamente a scalfire la superficie della coda, rimanendo solo appoggiato alla ruvida pelle del ghiro, che appena muove un passo per accingersi a una lentissima passeggiata sui fondali marini (per il loro peso, i ghiri pietrosi non possono galleggiare), fa cadere l’ombrellone. In alcuni casi i ghiri, per non far prendere un’insolazione ai bimbi sotto l’ombrellone, hanno resistito muovendosi solo fino alla lunghezza massima della coda, nonostante situazioni di disagio, la più comune delle quali è l’urgenza di fare la pipì. Alle volte può capitare che un ghiro non ce la facesse proprio più e abbia fatto pipì in un punto casuale della spiaggia.

Illustrazione di Diego Gabriele

Nel centro delle città, tra gli incidenti più comuni, la coda rappresenta un pericolo per i passanti, che inciampano laddove non avevano notato nessuna sporgenza.
Vi possiamo lasciar immaginare la difficoltà di questi esserini nel prendere mezzi di trasporto pubblici: le porte si chiudono sempre troppo velocemente e il malcapitato ghiro è costretto a spostarsi per far sì che la porta si chiuda correttamente e il mezzo possa partire. Ma la cosa in assoluto più temuta dalla specie tutta sono i girelli alle entrate di centri commerciali, alberghi, ospedali e uffici pubblici: in alcuni casi, la coda blocca il girello e l’esserino, per sbloccare la situazione è costretto a mozzarsi la coda, operazione peraltro non facile soprattutto in caso di presenza di umani colti dal panico o dalla claustrofobia.

Un ghiro con la coda mozzata è perdipiù destinato ad essere discriminato dai suoi simili. Non preoccupatevi però: un ghiro pietroso vive quasi tutta la sua esistenza in totale solitudine, cercando un luogo speciale da eleggere come suo osservatorio sul mondo, dal quale poter meditare, contemplare e riposare.

Sulla morte del ghiro pietroso esiste una leggenda: nel momento del trapasso l’esserino diventerebbe visibile, come una piccola statua di pietra, per sgretolarsi quasi immediatamente in una leggerissima polvere luccicante, a partire dalla coda.

La diffusione di questa leggenda ha avuto i suoi effetti anche in letteratura: il ghiro pietroso viene citato nella “Canzone del Porto dei destini”, di Servilio Beccafichi, in cui la bella Giovona paragona il fugace amore col marinaio Antelio alla morte di un ghiro pietroso.

Sei arrivato all’improvviso
e mi hai fatto innamorare.
Poi è sparito il tuo bel viso
come polvere nel mare,
come il ghiro della pietra
quando muor.
Ohi, muoio anch’io!

[In questa pagina del diario, la Décroche ringrazia la studiosa di improPoetica Serena Ciriello che ha contribuito con la citazione dell’opera del Beccafichi]

Antologia Improbabili IlGhiro pietroso dalla coda perenne illustrato da Diego Gabriele
Illustrazione di Diego Gabriele

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Laura Lalune Décroche
Sotto il Tavolo

Deals with Experiences and Design as a job. Archer with astonishing cooking skills, writer for fun, got a physical chemistry degree.