BLABLACAR

Roberto Becattini
Sotto il Tavolo
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9 min readJun 1, 2018

Omen Nomen, dicevano i Latini. In effetti in alcuni casi il nome o il cognome presagiscono caratteristiche fondamentali della persona, comportamenti o percorsi di vita o professionali. Così Emilio Fede è stato sempre molto riconoscente verso il suo ultimo datore di lavoro, Vittorio Sgarbi non si è mai dimostrato gentile con nessuno almeno in pubblico, Antonio Manganelli è stato il capo della polizia durante il G8 di Genova, il senatore Antonio Razzi era diventato amico intimo del dittatore nordcoreano Kim Jong Un. Io però non ho né un nome né un cognome che evochino un destino in particolare. Ci ho messo molto tempo a capire qual era il mio karma.

2015 D.C., primavera inoltrata. Dovevo recarmi a Perugia per un corso di formazione all’Università per Stranieri. Decisi di cercare un passaggio su Blablacar. C’era solo un’auto che partiva la mattina presto e che mi avrebbe consentito di iniziare il corso in orario. Il conducente si chiamava Alberto, le referenze erano buone, e il prezzo onesto.

Mi presentai quindi puntuale alle 7:15 davanti all’Obi Hall.
Alberto era già lì, appoggiato a una Wolkswagen Lupo blu scura. Un tipo elegante, di un’eleganza un po’ cheap, capelli sale e pepe q.b. (quanto basta) di bella presenza, tra i quaranta e i cinquanta, con uno sguardo tranquillo, sereno. Avrebbe potuto fare la pubblicità a un brandy o a un amaro.

Mi strinse vigorosamente la mano “Carlo, buongiorno!”

“Buongiorno Alberto. Aspettiamo qualcun altro?”

“No no, possiamo partire.”

Aveva una R un po’ arrotata, tipica degli ispanofoni.

Mi scrutò per un attimo poi mi disse “Ma noi ci conosciamo? Ho l’impressione di averla già vista…”

Ricambiai lo scrutinio “Non mi sembra, magari lo scopriremo più avanti.”

Imboccammo la Firenze-Certosa. Da lì avremmo preso il raccordo di Bettolle. Nonostante l’umore mattutino, il mio istinto di conversazione ruppe il silenzio

“Di dov’è, Alberto?”

“Sono cubano.”

“Ah, però! Sono stato a Cuba nel 2007, l’ho girata. Forse ci siamo visti là?”

“No ho lasciato Cuba molto prima.”

“E’ un paese unico, là il tempo non passa, si accumula.”

“In che senso?”

“Bah, per esempio ci sono auto di tutte le epoche e tutte bene o male funzionanti. E questo vale anche per molte altre cose: accendini, vestiti, macchine fotografiche, elettrodomestici. Non esistono rifiuti ingombranti. Si ripara tutto e non si butta via niente.”

“Ah ah, ha ragione: a Cuba ognuno è il meccanico di se stesso.”

“E’ da molto in Italia?”

“Ho vissuto prima a Madrid, dove mi sono laureato in psicologia. Poi mi sono trasferito nel vostro paese da 7 anni ormai.”

“Per amore?” Domandai con un sorrisino.

“Sì”

“Che cosa fa nella vita?”

“Sono un prete.”

Se fossi stato io a guidare avrei inchiodato sull’autostrada. Facevo fatica ad assimilare la risposta. Dovevo condividere per due ore uno spazio già ai limiti della mia prossemica con un rappresentante del clero! Avrei preferito giocare allo schiaffo del soldato con Freddy Kruger, Wolverine ed Edward Mani di forbice! Non sapevo cosa dire.

“Ma non vedo crocifissi.”

“E’ un’auto, non una chiesa.”

“Ma sul profilo Blablacar lei ha scritto consulente.”

“E cos’è un prete se non un consulente di anime?”

Alberto rise, aveva una bella risata, rilassata e contagiosa al tempo stesso. Era quasi simpatico… un prete cubano laureato in psicologia… più facile incontrare un carabiniere biondo!

Intanto lui si fece più serio “Sa, se scrivessi che sono un prete non troverei facilmente passeggeri.”

“Ma è una bugia, non è peccato? Non è peccato vergognarsi di essere un prete?”

“Non è questo. Mi sono adeguato. Mi sposto sempre per lavoro e ho bisogno di dividere le spese. Quando ho aperto il profilo non mi vergognavo, ma in sei mesi ho dato un passaggio solo a una suora.” Rise ancora.

“E perché viaggia così tanto?”

“Bè, non posso rispondere a questa domanda.”

Elucubrai: era un prete che evidentemente non era assegnato a una parrocchia, ma girava l’Italia. Per fare qualcosa di cui non poteva parlare…l’auto nella mia testa inchiodò nuovamente “ma.. è un esorcista!?” pensai fissandolo.

Il suo sguardo sembrava confermare la mia ipotesi. Era imbarazzato. Ci fu un lungo silenzio durante il quale abbassò il finestrino dal suo lato e guidò in stato di brezza. Poi, di sottecchi, mi chiese “Lei è credente?”

“Sono battezzato e ho fatto i sacramenti che potevo fare, ma non vado a messa dal 1988. Credo in Dio ma non…”

“Ma non nell’organigramma della Chiesa… si, siete tutti così oggi” cominciava ad irritarsi. Gongolai al pensiero di avergli fatto perdere quella finta cordialità da gesuita, ma cercai di cambiare argomento. Dall’inizio del viaggio stavamo ascoltando il cd postumo di Elliott Smith, “From a basement on the hill”.

“Curioso che lei ascolti la musica di un suicida.”

“Ah, si è suicidato? Non lo sapevo. Se vuole può cambiare cd. Apra il portaoggetti di fronte a lei e scelga quello che le piace, per me va bene.”

Aprii ed esaminai i nomi degli artisti: Nirvana, INXS, Dalida, Keith Emerson, Jeff Buckley, Amy Winehouse, Whitney Houston. “Che accozzaglia!” pensai “ma una cosa in comune ce l’hanno.”

“Ammazza…Ma sono tutti più o meno suicidi!”

“Ah si? Anche i gruppi? Ma le assicuro che è una coincidenza. Per esempio quello dei Nirvana l’ho comprato prima che Kurt Cobain si sparasse.”

“E cosa legge? Mishima, Pavese, Salgari, Hemingway?” Ironizzai.

“No. però ho letto l’ultimo di David Foster Wallace, Questa è l’acqua.”

Non sapevo cosa pensare.

“Da quanto tempo non si confessa, Carlo?”

“Sempre dall’ottantotto.”

“Allora ne avrà di peccati da raccontare.”

In effetti il sacramento della confessione era quello che più mi piaceva da ragazzo. Mi sembrava di togliermi un peso dalla coscienza, cosa che mi permetteva di tornare allegramente a peccare. Era una specie di condono fiscale…

“Ma scusi, se volessi confessarmi dovrei andare in chiesa.”

“Ah ah ma no, ci si può confessare dovunque, basta che non ci sia nessun altro vicino che ascolta”

“Ah, non lo sapevo… ma non saprei nemmeno cosa dirle… se penso ai 10 comandamenti mi sa che li ho infranti tutti.” Quel maledetto prete aveva acceso in me la voglia di vuotare il sacco e di avere l’assoluzione; certo, in questo modo gli avrei riconosciuto quel potere che combattevo, anche se solo a parole. Non ero nemmeno sicuro che fosse un sacerdote, poteva essere un mitomane. Ma che importanza aveva? Cominciai a sfogarmi.

“Eh padre, vede, non sono una bella persona, ho augurato tante volte la morte a mammà e ho desiderato le donne degli altri, solo quelle degli altri, commettendo spesso adulterio e facendo l’amante per non impegnarmi veramente; una volta un mio amico dopo avermi salutato ha attraversato la strada mentre leggeva “Famiglia Cristiana” ed è stato investito sotto i miei occhi; potevo gridargli “Attento!”, forse evitargli l’incidente, ma non lo feci, forse in quel momento pensavo che chi legge “Famiglia Cristiana” non merita di vivere ? Ma per fortuna se l’è cavata. Da bambino ho fatto a pezzi un gattino per vedere com’era dentro… o forse per vedere com’ero dentro io. Ho defecato nella lavatrice di una mia ex per vendetta, d’estate al mare, in pubblico, ho pisciato sulla schiena di mia cognata che non ho mai sopportato, ma avevo già 31 anni; ancora oggi ogni tanto, quando mi masturbo pensando a Charlotte Gainsbourg, eiaculo sugli degli ovetti Kinder che poi ingerisco; mi sono presentato ubriaco a un funerale e per tutto il tempo ho parlato come il Diego Abatantuono di Ecceziunale Veramente. Ho dato il mio contributo al mercato delle droghe… una volta ho fatto un calendario dell’Avvento con l’MDMA. Ho rubato spesso, nei pub, nei ristoranti, nei cinema, nei teatri, negli alberghi, a scuola, ai miei, negli uffici dove ho lavorato, alle feste a casa di gente che non conoscevo bene, quei piccoli furti vigliacchi, ma soprattutto bestemmio, bestemmio spesso, ma sa perché? Perché non vedo tutta questa presenza di Dio in questo Mondo, proprio non la vedo…c’è poco Dio qua in Terra, c’è poco Dio, capisce? Poco Dio… insomma sono un tipico italiano superficiale, volgare, mediocre, vile, bugiardo, non ho neanche le palle di affondare veramente nella merda!”

Alberto ascoltò senza fiatare. Io ero sudato ma non mi sentivo meglio. Volevo una penitenza, una punizione degna, non le solite Ave Maria o Padre Nostro. Fui soddisfatto.

“Ego te absolvo in nomine patris et filiis… Da domani e per 30 giorni Carlo, lei deve portare un anello. Ogni giorno alla stessa ora, dovrà sfilarsi l’anello da una mano e infilarlo nell’anulare della mano opposta. Se un giorno se lo dimentica, deve ricominciare daccapo.”

“Tutto qui? Che razza di penitenza è?”

“Non è una penitenza, è un esercissio per rafforzare la volontà. Lei ne ha veramente poca. Si accorgerà che non è così facile.”

Aveva ragione sulla mia forza di volontà. La mia volontà era un vento, che ogni tanto passava e mi chiedeva “Dove si va?” ma io non sapevo mai cosa rispondere, e il vento alla fine non era più ripassato.

Eravamo arrivati a Passignano sul Trasimeno e decidemmo di fare una pausa per la colazione. Erano quasi le nove. Alberto parcheggiò e ci avviammo al bar. Mi accorsi che non avevo il portafogli; doveva essere fuoriuscito dalla tasca dei miei pantaloni thailandesi, succedeva spesso. Lui mi diede le chiavi dell’auto e proseguì verso il bar. Trovai il mio portafogli di fianco al sedile, ma nel vano per le lattine davanti al cambio vidi il suo smartphone che stava in piedi da solo e sembrava il monolite di 2001 Odissea nello spazio. Diedi un’occhiata al bar, lui era appena entrato; non c’era PIN a bloccare lo schermo… guardai le foto, sì, era un prete, c’era pure un’immagine di lui sorridente con dei richiedenti asilo in piscina. Intuivo però un certo narcisismo, un esorcista narcisista? Forse aveva fatto anche dei video. Infatti ne trovai uno promettente, nel fermo immagine c’era una donna obesa che stava roteando gli occhi mentre lui le faceva una linguaccia alla Mick Jagger, sembrava più posseduto lui! Immerso com’ero nella ricerca però, non mi ero accorto dei suoi passi furenti, era già di ritorno dal bar.

- Io a colazione prendo solo un cafféeeeeeeee — urlò estraendomi con veemenza dalla Lupo. Mi guardò con odio misto a delusione profonda, poi sorridendo mi lasciò andare, dandomi una pacca sulla spalla. Un attimo dopo non ero più a Passignano ma nell’aula H dell’Università degli Stranieri di Perugia, piena di colleghi. Il mio zaino apparve dal nulla pochi secondi dopo, appoggiato su una sedia alla mia destra. Controllai l’ora, erano le 10:05, il corso era appena iniziato. Cos’era successo? Con quella pacca mi aveva spedito avanti di un’ora nel tempo e di qualche chilometro nello spazio? Ma chi cazzo era costui?

Nei giorni successivi non dormii molto, e seguire il corso risultò parecchio faticoso. Comprai un anello a un mercatino e iniziai a cambiarlo di mano ogni mattina alle 9 ma ero distratto e spesso me ne dimenticavo, dovendo ricominciare da zero. Tornai a Firenze e riacquistai i miei ritmi circadiani, anche se per un po’ la figura di Don Alberto ricorse nei miei sogni più assurdi. Lo cercai senza fortuna: al cellulare non rispondeva e il profilo su Blablacar era sparito. Non sapevo il suo cognome!

Prima di Perugia pensavo che quel giorno era un giorno come tanti altri, che avrebbe cambiato la mia vita come la può cambiare il Ramadan a un vampiro musulmano… ma mi stavo ricredendo su tante cose.

Poi, una mattina di settembre, al bar del cinese lurido a Prato, durante una pausa, udii alle mie spalle quella voce da Antonio Banderas che parla alle galline “Carlo!” mi andò di traverso il cappuccino.

Mi girai; questa volta era in abito talare; spaventato tentai la fuga ma lui mi tranquillizzò offrendomi la mano, che strinsi con riluttanza.

“Che coincidenza ritrovarsi qui, padre!”

Le sue palpebre formarono due fessure “Infatti…” poi notò che portavo l’anello-

“Eh si, oggi è il trentesimo giorno di fila che lo cambio. La mia forza di volontà ne ha beneficiato. Sono diventato pure vegano, adesso non mangerei neanche una pianta carnivora!”

Anch’io scorsi qualcosa: aveva un cd nella tasca della giacca. “Che cosa ascolta di bello?”

“Questo” tirò fuori Higher Truth di Chris Cornell, ancora vivo all’epoca. Deglutii a vuoto, provavo un misto di sollievo per non essere un artista famoso e preoccupazione per Chris. Ma non poteva comprare qualcosa dei Modá?

Per scusarmi di aver curiosato sul suo smartphone gli offrii la colazione, ovvero un caffè. Mentre girava il cucchiaio nella tazzina bollente mi chiese a freddo “Lei dov’era durante le Crociate?”

Il barista ci guardava perplesso. Decisi di assecondarlo “Quale crociata?”

“La seconda…”

“Ero con i Cristiani” improvvisai.

“Io con gli Arabi, ma poi ho tradito e sono passato dalla vostra parte. Eravamo amici. Adesso ho capito dove ci siamo già visti. La mia VolksWagen era un cavallo.”

“Bè, ma i cavalli non si reincarnano nelle auto.”

“Non in quel senso… erano più di 800 anni che la cercavo. Io le devo un cavallo. E’ giunto il momento di sdebitarmi. Prenda la mia auto, gliela regalo.”

Accettai. Sentivo di potermi fidare di un prete cubano esorcista laureato in psicologia che crede nella reincarnazione. Ci demmo così appuntamento all’ACI per il passaggio di proprietà. Dopo non l’ho più rivisto, è sparito nuovamente e anche se stavolta sapevo il cognome non sono riuscito a rintracciarlo; se non fosse per il regalo che mi ha fatto dubiterei che tutta questa storia sia vera. La Lupo va che è una meraviglia. Tanto che ho trovato il mio destino: ho deciso di viaggiare per il Mondo in auto offrendo passaggi su Blablacar, che mi ha sponsorizzato l’idea per due anni; i miei occasionali compagni di viaggio hanno sempre storie super-interessanti da raccontare, le quali finiscono tutte nel mio blog, ormai popolarissimo. L’unica nota stonata è quando accendo il navigatore: la voce sembra sempre quella di una posseduta e i miei tentativi di impostarne altre sono inutili.

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