Il sessagesimale e il duodecimale nei misteri caldei — Parte seconda
La mattina si svegliò pimpante, si sentiva bella carica, aveva riposato bene, forse troppo. Cominciò infatti col rompere il bicchiere d’acqua sul comodino. Aveva allungato la mano per prenderlo, col risultato di mandarlo a sbattere contro la parete opposta, riducendolo in frantumi. I quali però, cadevano lentamente a terra, in slow motion. La sveglia sul comodino segnava le 8:00, ma dov’era Harold? Non era venuto a leccarla. Preoccupata si alzò di scatto e trovò il suo cane imbalsamato nella cuccia in giardino. Era morto? Lo guardò attentamente per cinque minuti e vide che gli occhi si muovevano in modo quasi impercettibile, sembrava spaventato però. Mise la mano davanti al suo muso e sentì comunque il calore del suo fiato. Gli mostrò la foto dei dadi per un minuto ma non sembrava fare effetto su di lui. Si recò in cucina, dove l’orologio alla parete segnava le otto:zerozero, ma la lancetta dei secondi non si muoveva. Forse la batteria era scarica? Ma anche l’ora sul display del telefono sembrava ferma. Accese il pc ma sembrava che non funzionasse.
Forse la foto dei sei dadi provocava allucinazioni? Stava ancora sognando? Ci voleva una doccia fredda per schiarirsi le idee.
Anche la doccia non funzionava. O meglio: funzionava, ma l’acqua scendeva piano piano, sembrava uno sciroppo trasparente sospeso nell’aria in assenza di gravità. Poteva contare le gocce facendole poi esplodere in mille piccoli globi col tocco delle dita. Dopo trenta secondi l’acqua, calda e piacevole, raggiunse le sue spalle. Dopo aver distrutto l’asciugamano Martina capì che era meglio toccare le cose con una certa cautela. Nel frattempo il computer si era acceso, ma anch’esso segnava le otto:zerozero. La lancetta dei secondi dell’orologio alla parete invece si era mossa. Ormai era chiaro che per scaldare qualcosa per la colazione avrebbe dovuto smillenizzare, decise di uscire senza portare Harold fuori a fare pipì; qualcosa le diceva che al suo rientro l’avrebbe ritrovato più o meno nella stessa posizione. Quando scese in strada doveva essere passata almeno mezz’ora.
Tutto infatti era apparentemente immobile: dai pedoni alle bici ai motorini agli autobus ai cani ai semafori ai gelati che non si scioglievano più alle palpebre spalancate, chiuse o semichiuse che fossero. I rumori, dilatati all’inverosimile, si mescolavano in modo inquietante. Martina tornò a casa per prendere un paio di tappi per le orecchie. Pur avendo intuito cosa stava succedendo aveva un dubbio. Era il Mondo a essere rallentato o era lei ad andare più veloce? A cosa corrispondeva un minuto del suo tempo? A un’ora nel tempo ordinario? In tal caso, un’ora era percepita da lei come sessanta ore! E ancora, gli altri, le statue, la vedevano, la sentivano?
Forse poteva trovare qualche risposta nel saggio di Cherubin. Si mise a correre verso la libreria più vicina, pur sapendo che mai come in quel caso non avrebbe fatto molta differenza.
Il libro di Raffaele fu una profonda delusione. Sosteneva unicamente una tesi: la relazione stretta tra genio ed esadattilia. Non diceva niente su quello che le stava accadendo e perché. Citava innumerevoli casi, a cominciare dall’Arte, dove il Perugino aveva raffigurato San Giuseppe con sei dita a un piede, Raffaello aveva dipinto Gesù bambino con sei dita a un piedino, Leonardo aveva aggiunto un dito a San Giovanni nell’ultima cena, ma un restauro “chirurgico” l’aveva rimosso. Si alludeva poi a un noto condottiero còrso che nascondeva sempre una mano nel panciotto, ma non era il solo. Anche Karl Marx, Mozart, George Washington, Rotschild, Simon Bolivar, Stalin, Camillo Benso di Cavour, Mazzini, furono ritratti nella stessa posa, un gesto codificato che indicava l’appartenenza alla stessa loggia Massonica, un’associazione senza nome di eletti accomunati da una caratteristica genetica ben precisa. E andando indietro nel tempo, pur diminuendo gli indizi, aumentavano le ipotesi: Sant’Agostino, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Maometto, in un festival di mignoli in eccesso. Perfino Sesto Fiorentino era stata fondata da un extradigitale… L’indice analitico alla fine riportava ottomila nominativi. Un testo pieno di forzature, sensazionalista, raffazzonato. Roba da dilettanti.
“No via, mi è scesa la libidine, non posso pigiare un complottista” pensò amareggiata. Proprio in quel momento qualcuno le sfilò i tappi dalle orecchie facendola trasalire
“Hai mai letto Il Sessagesimale e il duodecimale nei Misteri Caldei di John Aloisi?”
“No, e scommetto che tu sei anche John Aloisi” disse Martina girandosi verso il suo misterioso amico “Ma tu chi sei? Io comincio a sentire puzza di Abisso…”
Raffaele la ignorò “Fu Aristotele il primo a dire che il sistema numerico decimale in fin dei conti è la naturale conseguenza di un fatto anatomico, le dieci dita con cui terminano gli arti inferiori e superiori del corpo umano. In Iran ancora oggi qualcuno conta fino a venti guardandosi anche i piedi. Ma il sistema sessagesimale su base sessanta e i numeri babilonesi, sono ancora più antichi; e siccome Aristotele ci ha visto giusto, ne puoi dedurre solo una cosa.”
“Ti ringrazio Raffaele, o John, o chiunque tu sia. Mi hai risparmiato la tortura di leggere un altro tuo libro. Senza offesa, ma non sei un gran divulgatore.”
Lui le sorrise imperterrito “Poi c’è il sistema numerico duodecimale o dozzinale, aggettivo che non a caso ha assunto una connotazione dispregiativa. La base è dodici, la somma delle dita delle NOSTRE mani. Dodici sono i mesi dell’anno, gli Apostoli, i segni zodiacali, le ore del giorno babilonese, ventiquattro le ore del giorno, trecentosessanta i gradi del cerchio, di multipli di dodici ne trovi a bizzeffe anche oggi. Abbiamo perso molte battaglie ma non siamo ancora stati sconfitti, anche se siamo una minoranza. Siamo stati costretti a mescolarci con loro per non scomparire, ma il sistema operativo su cui si regge il nostro dna resta, e viene trasmesso attraverso le madri. Alla fine vinceremo noi, perché l’invenzione più importante e geniale di tutte è nostra e solo noi la possiamo controllare e usare a nostro favore.
“Il Tempo…” chiosò Martina “Ma come posso uscire da questo stato? Il mio corpo invecchia 60 ore invece di una, il che significa che ogni 24 ore per me passano in realtà 2 mesi, e un anno così è molto più di quanto possa pensare di vivere.”
Aloisi annuì.
“Il Segreto ha un segreto, Martina. L’immagine ormai è dentro di te, e per il momento non sei tu a decidere quando entrare nello stato accelerato né quando uscirne. Certo, stai rischiando un invecchiamento precoce, adesso inizia davvero la tua lotta contro il Tempo, è una bestia da domare. Perché come dice l’Uomo Cinghiale Per dipingere una parete grande, ci vuole un pennello grande. Ma non preoccuparti, sarò al tuo fianco e ti insegnerò come fare.”
Martina gli sorrise “A proposito di pennelli, dopo questa bella notizia che mi hai dato, che ne diresti se andassimo a casa mia a scopare? A velocità normale mi raccomando. Ad Harold piace guardarmi mentre lo faccio.”
L’uomo scosse la testa “Si, ma senza protezione, il Mondo ha bisogno di più gente come noi.”
Martina era già innamorata.