Disuguaglianze e il progetto della Gelateria Sociale

Casa della carità
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7 min readJan 31, 2017

di Ambrogio Manenti

Aumento delle disuguaglianze globali

Le disuguaglianze sono vecchie come il mondo. L’Indice Gini, una misura della disuguaglianza comunemente utilizzata, mostra come le disuguaglianze mondiali siano costantemente aumentate nel tempo: per esempio dal 1820 (Gini = 50) al 1910 ( Gini = 60) e dal 1950 (Gini = 64) al 1992 (Gini 66). (Milanovic, 2011).
La tendenza che ha portato a un’accelerazione dell’aumento delle disuguaglianze è anche parte della storia recente. Negli ultimi 20 anni, una redistribuzione della ricchezza dal pubblico al privato, dal lavoro al capitale e dai poveri ai ricchi, ha contribuito ad ampliare “l’equity gap”. Questo fenomeno si è diffuso in tutto il mondo.
Nel 2016 più della metà della ricchezza globale sarà in mano all’1% della popolazione del mondo (Oxfam, 2015).

Limiti del “folle razionale”

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’equità dipende dal potere degli individui e dalla loro capacita’ di combattere e cambiare l’ingiusta distribuzione delle risorse verso la quale ciascuno dovrebbe avere uguali diritti. Lo squilibrio nel potere si articola — secondo l’OMS — attraverso 4 principali dimensioni (politica, economica, sociale e culturale) insieme costituendo un continuum lungo il quale i gruppi, in misura diversa, risultano inclusi o esclusi nella società.
Se si considera la sfera economica, Amartya Sen sottolinea come la disuguaglianza sia anche la conseguenza della dottrina economica standard, basata unicamente su parametri matematici ed economici. Molti economisti e politici, “folli razionali” o “idioti sociali”, hanno promosso un modello unico di capitalismo ispirato all’iper-utilitarismo, all’iper-individualismo e all’iper-razionalismo. Secondo questo modello solo ciò che è orientato al raggiungimento di specifici interessi personali, e non prevede obiettivi di diversa natura, è considerato razionale. L’interesse personale è razionale. Coscienza civica, solidarietà e generosità non lo sono (Sen, 1977, 2009).
In modo particolare negli ultimi decenni, seguendo questo approccio stigmatizzato da Sen le politiche di sviluppo globale sono state dominate da orientamenti macroeconomici e sociali neo-liberali.
La globalizzazione e la deregolamentazione dei flussi e del commercio dei capitali internazionali ha considerevolmente ridimensionato il ruolo dei governi nello sviluppo di politiche di sviluppo e redistributive, forzando tutti i governi a tagliare le spese sociali e pubbliche e deregolamentare il mercato del lavoro per rendere più competitivi i rispettivi paesi (Navarro, 2009). Inoltre, le difficoltà nel mantenere un sistema di welfare state sono aumentate in tutto il mondo anche come risultato dell’attuale crisi finanziaria ed economica.

Un esiguo spazio di cambiamento per l’iniziativa personale

Se politiche economiche neoliberiste hanno contribuito all’aumento della disuguaglianza, e ciò è chiaramente dimostrato dalle differenze di reddito tra e all’interno di diversi paesi, purtroppo la possibilità per un singolo individuo di cambiare la situazione è alquanto limitata.
Infatti la cittadinanza e il reddito dei genitori sono due fattori che spiegano più dell’80% del reddito di un individuo. Solo il restante 20% risulta da altri fattori, la maggior parte dei quali non sono sotto il suo controllo come il genere, l’età, il colore della pelle e la fortuna, mentre al contrario, i fattori che sono sotto il suo potere, come la forza del carattere e l’iniziativa personale, contano in misura minima (Milanovic, 2011) .

Sembrerebbe quindi che poche speranze rimangano per un cambio verso un mondo piu’ giusto in un contesto generale marcato da neoliberismo e differenze strutturali tra individui. C’è infatti un antropologia riassunta da Hobbes (1642) che bene descrive le principali caratteristiche umane, come individualismo e la ricerca del proprio esclusivo interesse, che portano inevitabilmente verso una condizione di disegualianza. Secondo Hobbes noi non cerchiamo per natura amici, ma ci avviciniamo a persone da cui ci vengano onore e vantaggi. L’essere umano sarebbe infatti mosso soltanto da spinte alla competizione, alla diffidenza e alla gloria, spinte che lo portanoa condurrecome homo homini lupus, una vita “solitaria, misera, sgradevole’.
Tuttavia, c’è un’altra antropologia, risalente a Platone e Aristotele che è basata su “motivazioni superiori”. L’essere umano sarebbe dotato di una naturale socievolezza e la sua costituzione morale e’ considerata una combinazione di ragione e sentimenti. La natura umana sarebbe orientata alla simpatia, sensibile al dolore e all’umiliazione del prossimo, aperta alla libertà, capace di ragionare, argomentare, disapprovare, convenire (Laura Pennacchi, 2012).

Lo sviluppo umano

Per esempio il concetto di sviluppo umano, che si riferisce a questa seconda antropologia, sfida gli approcci strettamente economici che considerano il denaro e il possesso di beni come fini invece che mezzi. Inoltre il paradigma dello sviluppo umano è che non è stato provato che il di più (in benessere e reddito) sia necessariamente il meglio.
L’approccio dello sviluppo umano da importanza alla libertà, all’equità e alla fraternità. La libertà è descritta non solo come un attributo individuale ma come un impegno sociale, un’idea di uguaglianza intesa come uguaglianza delle capacità essenziali, un’idea di solidarietà non come carità ma come responsabilità di tutti gli uomini e le donne verso altri esseri umani e nei confronti della società.
Lo sviluppo umano con diritti, lavoro e cittadinanza come aspetti centrali dello sviluppo (UNDP, 2010, 2016).

Promuovere l’uguaglianza

Ed e’ seguendo principi ispirati allo sviluppo umano che lo stato sociale o welfare state si e’ sviluppato in una parte del mondo, prevalentemente quella più sviluppata, ma non solo. Lo stato sociale è stato “la più straordinaria invenzione dell’ingegneria sociale dei ultimi 150 anni” (Pennacchi, 2008). Attraverso di esso, la protezione sociale, precedentemente distribuita da istituzioni religiose, estensione delle tradizioni familiari e feudali, è stata gradualmente istituzionalizzata come principale responsabilità dello stato.
Gli stati sociali hanno perciò contribuito allo sviluppo e al benessere di milioni di persone in tutto il mondo ridistribuendo ricchezza e promuovendo i diritti sociali.
Tuttavia la crisi dello stato sociale degli ultimi decenni è al centro dell’attuale dibattito economico e politico. Il Welfare state è stato spesso ridimensionato e in altri casi ripensato e ridisegnato in modo pluralistico con un quadro combinato di responsabilità tra il settore pubblico, le organizzazioni non-profit e altri stakeholders. Una visione quest’ultima che mira a estendere la responsabilita’ della redistribuzione della ricchezza dallo stato — che comunque e’ chiamato a mantenere un ruolo essenziale — alla societa’, coinvolgendo le associazioni non-profit e i singoli individui.
“Solo un pianeta sociale può ottenere l’eredità dello stato sociale”. I veicoli del pianeta sociale potrebbero essere le organizzazioni non governative e le associazioni, che sono entità extra-territoriali e cosmopolite e che possono indirizzarsi direttamente alle persone bisognose che saranno beneficiarie delle loro iniziative. Il principio di solidarietà collettiva e sicurezza collettiva contro la miseria e la sfortuna (legati alle teorie utopista degli ultimi due secoli) dovrebbero essere estesi su scala globale, a beneficio dell’umanità nel suo insieme (Bauman, 2011).

Una gelateria sociale al Cairo

Probabilmente il salto intellettuale è troppo ardito, ad ogni modo, l’esperienza del progetto della Gelateria Sociale al Cairo, iniziato recentemente, sta seguendo il modello sopra suggerito: un’antropologia ispirata a solidarietà ed equità attraverso uno specifico ruolo di associazioni e individui.
In un paese povero come l’Egitto, tanti non si possono permettere un gelato di qualità, quindi la Gelateria Sociale, che produce un gelato di qualità, ha approntato un metodo per garantirne l’accessibilità a tutti con un costo differente applicando un vecchio principio “da ciascuno secondo le proprie possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni”.
Nel negozio — in un quartiere benestante del Cairo — il gelato viene venduto a 14 pound egiziani, circa un euro e mezzo. Ma contemporaneamente un carretto vende lo stesso gelato, a circa 2 chilometri di distanza in un quartiere povero, a 1 pound egiziano pari circa a 10 centesimi di euro. E chi non si può permettere di spendere neppure quei 10 centesimi, può avere il gelato gratis nel negozio . La gelateria, privilegiando prodotti locali mescolati secondo ricette artigianali italiane, garantisce un gelato di qualità e promuove gusti che si rifanno creativamente alla tradizione egiziana e mediorientale. La gelateria è diventata anche uno spazio di incontro e socializzazione soprattutto per i giovani.
I principi base dell’iniziativa sono:
- Gelato di qualità per tutti;
- Chi ha di più, da di più, per garantire a tutti lo stesso prodotto;
- Da ciascuno a seconda delle sua capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.

Sito web: www.gelateriasociale.com
Pagina Facebook:
Gelateria Sociale — Social ice-cream shop in Cairo

Bibliografia

Milanovic, B. 2011. The Haves and the Have-Nots. A brief idyisincratic history of global inequality. New York, basic Books (Versione italiana: Chi ha e chi no ha. Il Mulino, 2012).
Navarro, V. 2009. Neoliberalism and its Consequences. The World Health Situation Since Alma Ata. Global Social Policy 2009.
OXFAM 2015. www.oxfam.org.uk/blogs/2015/01/richest-1-per-cent-will-own-more-than-all-the-rest-by-2016
Pennacchi L. 2008. La moralita’ del Welfare. Donzelli Editore. Roma.
Pennacchi L. 2012. Filosofia dei beni comuni. Donzelli Editore. Roma.
Sen, A. 1977. Rational Fools: A critique of the behavioural foundation of economic theory, Philosophy and public Affairs, 6
Sen, A. 1984. Rights and Capabilities. in Resources, Values and Development, Cambridge, MA: Harvard University Press.
Sen, A. 2009. The idea of justice. Penguin Book. London.
UNDP. 2011. Human Development Report 2010. UNDP.
UNDP. 2016. http://hdr.undp.org/en/content/what-human-development
WHO. 2008. Commission on Social Determinants of Health. Closing the gap in a generation, WHO
WHO. www.who.int/social_determinants/thecommission/en/

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