La salute dei Migranti in Europa

Casa della carità
SOUQuaderni
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8 min readMar 31, 2017

Paper 2

di Santino Severoni e Palmira Immordino

Immagine di Marco Garofalo - 2016

Il 2017 segna il sesto anno della crisi migratoria. Finora sono stati registrati circa 10.991 arrivi, principalmente dal mare e 256 tra persone morte oppure scomparse. Più di 370.000 persone sono entrate in Europa e oltre 5000 sono state ritrovate in mare morte oppure sono scomparse, facendo dell’anno 2016 il più significativo per le morti nel Mediterraneo.

Nel 2011 mi hanno chiesto di occuparmi delle implicazioni del fenomeno migratorio sulla salute pubblica, di collaborare attivamente con organizzazioni internazionali quali IOM, UNHCR, EC e altre agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni non governative e con governi europei per contrastare, in modo integrato, le emergenti sfide di salute pubblica che la regione stava affrontando.

La necessità di azioni urgenti per proteggere e promuovere la salute delle popolazioni in movimento ha sempre di più raggiunto l’attenzione della comunità internazionale, includendo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i policy makers, i professionisti della salute, gli accademici, e la società civile a più ampio raggio, così come dimostrato dalle discussioni e le aspettative della 71ima sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite tenutasi a New York lo scorso settembre, nella quale è stata adottata la dichiarazione di New York per i Rifugiati e i Migranti.

Oggi giorno la “crisi europea” è percepita come la sfida più complessa che stiamo affrontando. Ma è davvero una crisi reale? Nel mondo, più di 40.000 persone sono obbligate a lasciare le loro case ogni giorno, e quasi 60 milioni di persone al mondo sono rifugiati. Se ci fosse un paese per loro, sarebbe il ventunesimo per numerosità. La crisi europea, invece, raggiungerebbe il posto di ottava municipalità italiana, come Firenze. I 28 stati membri dell’Unione Europea avevano più di 1.200.000 richieste di asilo pendenti alla fine del 2016, con una stima di un anno per la procedura di attesa per l’asilo.
La Siria ora ha il numero maggiore di rifugiati. Ma quanto è grande questa popolazione? I migranti siriani che hanno avanzato una richiesta di asilo all’interno della Unione Europea sono meno del 2% del totale dei rifugiati che hanno abbandonato le loro case. A livello globale, invece, l’86% dei rifugiati sono ospitati da paesi in via di sviluppo. Questo dato molto semplicemente evidenzia la realtà dietro la crisi dei rifugiati, che è solo un esempio dei movimenti dei rifugiati nel mondo.

La migrazione non è un fenomeno nuovo. La mobilità umana è rilevante per tutti i paesi, ed è costantemente aumentata e si stima che ci saranno oltre 200 milioni di migranti ambientali entro il 2050. Le dinamiche della popolazione hanno contribuito ad aumentare il numero delle persone che vivono in estrema povertà in molte regioni e hanno reso l’obiettivo dello Sviluppo Sostenibile di superare l’estrema povertà un obiettivo difficile da realizzare, avendo importanti implicazioni sia per lo sviluppo sostenibile sia per I diritti umani, per mettere fine alle discriminazioni e assicurare qualità e raggiungere risultati attraverso gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (SDG): non lasciare indietro nessuno.

La questione dei rifugiati interni, dei rifugiati e dei migranti, la migrazione e i flussi migratori sono strettamente collegate agli obiettivi di Buona Salute e Benessere; eguaglianza di genere; crescita economica inclusiva e sostenibile; costruzione di infrastrutture resistenti; comunità sicure, resilienti e sostenibili; e ancora, società inclusive e pacifiche. I movimenti dei rifugiati e dei migranti chiedono di costruire la resilienza dei paesi in termini di una questione di sviluppo sostenibile.

Dal momento che migrare è innato all’essere umano, potrebbe essere che questa crisi migratoria sia invece una crisi di valori etici? Fornire una adeguata cura ai rifugiati, migranti e agli altri gruppi di popolazione in condizione di vulnerabilità non può essere indirizzata unicamente al sistema sanitario. C’è la necessità di adottare e adattare il concetto di etico al campo della salute, così da indirizzare le determinanti sociali di salute relative a queste popolazioni. La salute etica non può esistere senza un lavoro congiunto assieme ad altri settori quali l’educazione, il lavoro, la sicurezza sociale e l’ambiente.

Assumendo che ogni etica sia basata sul primato dell’individuo come membro di una comunità di parti interdipendenti e, applicando questo principio alla salute, assumendo ancora che la salute di ogni individuo sia connessa alla salute globale di tutti gli altri, il primo passo da compiere verso un approccio etico alla cura dei migranti è la promozione di comunità inclusive, intendendo cioè inclusione sociale, economica e politica per tutti, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla disabilità, dalla razza, dall’etnia, dall’origine, la religione, lo stato economico e qualsiasi altro parametro, così da avere una “salute senza confini” in un mondo “senza confini” come quello che stiamo sperimentando ai nostri giorni. Considerando l’approccio di salute globale per affrontare la crisi migratoria, assieme alle figure dei richiedenti asilo, la lunghezza dello stare nel “limbo” prima di ottenere lo stato di rifugiati, e la situazione attuale all’interno della regione Europea, è facile comprendere il motivo per cui dovremmo gestire la migrazione come un fenomeno strutturale che dovrebbe includere anche la prospettiva di sanità pubblica.

La migrazione ha implicazioni importanti sulla salute pubblica e la salute è influenzata da molti fattori e dalle politiche governate da istituzioni esterne al settore sanitario. Le statistiche generalmente indicano che rifugiati, richiedenti asilo e e migranti possono essere a rischio di conseguenze peggiori per la salute, comprendendo, in molti casi, anche l’aumento delle mortalità infantile.

La sanità pubblica sta alla base delle decisioni politiche che possono fornire servizi quali le vaccinazioni, la cura prenatale, così come il trattamento delle malattie trasmissibili e non trasmissibili, servizi questi di cui beneficiano sia i migranti sia l’ intera popolazione. Una questione chiave non ancora risolta rimane la copertura legale dell’accesso alla salute per i migranti senza doocumenti. Nella maggior parte dei paesi europei membri dell’OMS, i migranti non sono titolati ad accedere al sistema sanitario (con specifiche regolamentazioni rispetto al loro stato legale in qualità di residenti permanenti, lavoratori temporanei, rifugiati o richiedenti asilo, etc). Il flusso dei rifugiati e del loro stare in paesi ospitanti impatta in modo importante sui servizi accessibili e sulle risorse. Da una parte l’integrazione dei rifugiati e dei migrant all’interno del sistema sanitario di un paese ospitante senza dubbi non paga nell’immediato, dall’altra parte però, dovrebbe essere visto come un investimento in futuro in termini di integrazione, educazione, e acquisizione di capacità.

La migrazione e le crisi economiche finanziarie interessano alcune aree del mondo, e hanno scatenato nuovi dibattiti rispetto alle conseguenze stesse in ogni nazione.

In termini di spesa pubblica, mentre per esempio il controllo delle frontiere in Europa costa 20 volte di più rispetto all’assistenza per i richedenti asilo, il collocamento dei rifugiati e dei migranti hanno sollevato preoccupazioni in quanto tendono ad abusare del sistema welfare: come documentato da un ricerca condotta dal prof. Tito Michele Boeri , presidente dell’INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale), non ci sono evidenze dell’abuso di welfare a nessun tipo di livello significativo.

Inoltre, mentre i migranti non sono rappresentati tra i pensionati, tra i riceventi delle coperture per malattia, tra i beneficiari degli assegni di disoccupazione, al contrario sono molto rappresentati come contribuenti diretti ed indiretti del sistema nazionale di welfare, con contributi netti fiscali positivi verso i loro paesi di destinazione, essendo quei fondi potenzialmente investiti in politiche di integrazione per i migranti.
Prima della crisi globale, esisteva un grande interesse verso i paesi coinvolti nei processi di migrazione internazionale nell’esplorare i benefici della migrazione per lo sviluppo e nello sviluppo e l’istituzionalizzazione dei migliori modi della cooperazione benefica reciproca tra le nazioni donatori (paesi di origine) e le nazioni riceventi (paesi di destinazione): la migrazione era vista come una risorsa per lo sviluppo.

La crisi ha cambiato la geografia della migrazione, ha influenzato il volume delle rimesse e degli standard di vita dei migranti e delle loro famiglie, e ha scatenato xenophobia.

Di conseguenza, o come conseguenza, i paesi ospitanti hanno emesso misure per ridurre l’influsso dei migranti, restringendo le condizioni di ingresso e tagliando i numeri di migranti così da aumentare la migrazione illegale e l’occupazione dei non registrati, le violazioni dei diritti per i migranti, sentimenti di espropriazione e anti migranti all’interno della società e dei governi. Restringere l’accesso al welfare, riduce la mobilità lavorativa e il netto del valore attuale dell’immigrazione per il paese ospitante, rendendo la mobilità lavorativa una benedizione per l’unione monetaria i cui mercati del lavoro hanno preso tendenze divergenti negli ultimi anni. Il migrante paga in anticipo i costi della mobilità e investe in flussi d’entrate future, mentre assorbe il rischio di non trovare un lavoro nell’immediato.

Essendo considerati i migranti e il loro accesso al sistema welfare la principale fonte di malessere per l’opinione pubblica, i paesi hanno incominciato ad escludere gli immigrati dai benefici del welfare al loro arrivo se sono in cerca di lavoro, aumentando sentimenti anti- immigrazione: come conseguenza, più è difficile l’inclusione sociale, più è lungo il periodo in cui il migrante è un onere fiscale.
In aggiunta, ritardare l’accesso al sistema di welfare, alla salute e all’ alloggio pubblico alimenta l’immigrazione illegale, aumentando progressivamente i ranghi dell’economia nascosta, e ritardando anche la crescita dei contributi sociali.
Mentre la crisi migratoria nel Mediterraneo ha messo in risalto i bisogni immediati, questa ha anche rivelato molto rispetto ai limiti strutturali delle attuali politiche migratorie e degli strumenti a disposizione: le misure protezioniste intente a fare da scudo ai problemi globali possono in realtà condurre ad una ampia instabilità. La sfida che ne risulta per i sistemi sanitari è principalmente rappresentata dallo spostamento da un approccio di sicurezza comprensivo di controllo delle malattie e misure di quarantena con una visione nazionale, a politiche di salute migratoria basate su di un approccio multi -dimensionale di inclusione, avente lo scopo di ridurre le inequità e assicurare protezione sociale, salute, determinanti di salute e malattie non trasmissibili, all’interno di un approccio di più paesi, intrasettoriale, di tutti i governi e di tutte le società, ossia di sviluppo e di aree politiche quali la salute e l’educazione.
L’inclusione di queste politiche nelle strategie di sviluppo locale, nazionale, regionale e globale, contribuirà a raggiungere la visione dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile.

E’ ben risaputo che le crisi possono essere un periodo di opportunità per le riforme in sanità. Sotto quest’ottica potrebbe essere un’opprtunità oer i paesi di centrare il giusto equilibrio tra le politiche migratorie e la comunicazione con le comunità che accolgono, diffondendo il messaggio che la migrazione può essere gestita meglio collettivamente da parte di tutti gli attori. Come esempio, l’agenda europea sulla Migrazione definisce un nuovo approccio strategico per gestire la migrazione nel medio e lungo periodo in un modo migliore, basato su quattro pilastri: 1) ridurre gli incentivi per la migrazione irregolare; 2) salvare vite e mettere in sicurezza i confini esterni; 3) una solida e comune politica di asilo; 4) una nuova politica della migrazione legale.

Questo nuovo approccio è stato indirizzato dall’ufficio regionale dell’OMS per l’Europa con l’adozione del primo Piano di Strategia ed Azione per i rifugiati e la salute dei migranti nella regione europea dell’OMS, seguito poi dalla decisione presa durante il 140 imo Consiglio esecutivo dell’OMS tenutosi lo scorso gennaio, di preparare, in pieno accordo e cooperazione con gli stati membri, e con la collaborazione dell’organizzazione internazionale dei migranti OIM e l’agenzia della Nazioni Unite per i Rifugiati UNHC, una bozza di struttura per le priorità da affrontare e i principi guida per promuovere la salute dei rifugiati e dei migranti, da essere presa in considerazione nel Maggio 2017 dai 70 paesi della Assemblea della salute mondiale dell’OMS e per assicurare che gli aspetti sanitari siano presi in considerazione nello sviluppo del Global Compact delle Nazioni Unite sui rifugiati e sulla migrazione sicura, ordinaria e regolare.

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