Respingere la Ferocia, non i Migranti

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9 min readMar 31, 2017

Editoriale

di Benedetto Saraceno
Direttore scientifico SOUQ — Centro Studi Sofferenza Urbana

Un murales a Lampedusa — Immagine di Marco Molino tratta da Flickr in CC

Qualche dato fornito dalle agenzie delle Nazioni Unite

Vi sono oggi nel mondo 65 milioni di persone che hanno lasciato le loro comunità di origine: fra essi 21 milioni di rifugiati, 3 milioni di richiedenti asilo e 40 milioni di persone profughi all’interno del proprio paese. Il numero di rifugiati e migranti che dall’inizio dell’anno hanno raggiunto le coste europee ha superato la soglia delle 300.000 persone, secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) : meno rispetto ai 520.000 arrivi via mare registrati nei primi nove mesi del 2015, ma di piú dei 216.054 arrivi registrati durante tutto il 2014.
Questi numeri ci dicono che la codiddetta “emergenza migranti” è numericamente meno drammatica di quanto i media (almeni certimedia) e i governi vorrebbero far credere.
Gli arrivi in Italia di quest’anno seguono lo stesso andamento dell’anno scorso, con l’arrivo di 130.411 rifugiati e migranti nel corso del 2016, e 132.071 nel corso dei primi nove mesi dello scorso anno. Tuttavia, sono sempre di più le persone che arrivano in Italia e che rimangono nel paese: ad oggi, le richieste di asilo sono più che raddoppiate in Italia, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Oltre 158.000 persone sono attualmente ospitate in strutture di accoglienza in Italia.I paesi di origine degli arrivi in Italia sono la Nigeria che da sola rappresenta il 20% seguita dalla Eritrea (12%);
Nei paesi del Mediterraneo sono cinque le nazionalità piú rappresentate: Siria, 30%; Afghanistan, 16%; Iraq, 10%; Nigeria, 7%; Eritrea, 5%.
Su 520.000 arrivi via mare del 2015 vi furono 3.711 morti mentre su 300.000 arrivi del 2016 i morti sono stati 3.211: dunque gli arrivi diminuiscono mai i morti aumentano.
Questa situazione difficile da aggettivare (“scandalosa” “inaccettabile” “inumana”) sottolinea l’urgente necessità che gli Stati aumentino i canali di ammissione dei rifugiati, tra cui il reinsediamento, la sponsorizzazione privata, il ricongiungimento familiare e schemi di borse di studio per studenti, in modo da fornire alternative ai viaggi pericolosi nelle mani dei trafficanti.
Invece avviene il contrario: un anno fa l’Unione Europea (UE) e gli Stati membri concordarono di accogliere 160.000 richiedenti asilo arrivati in Grecia e in Italia in altri paesi europei ma, finora, meno di 5.000 richiedenti asilo sono stati trasferiti dalla Grecia (3.791) e dall’Italia (1.156), ossia solamente il 3% del target fissato.

Una emergenza manipolata

Ecco dei dati che non raccontano tanto di una epocale emergenza migranti in Europa ma piuttosto di un epocale tradimento da parte dell’Europa dei piú basilari valori di umanità, tolleranza, solidarietà. Un flusso migratorio che ha precedenti storici ben piú significativi e che è ampiamente giustificato dalle condizioni drammatiche in cui versano milioni di abitanti dell’Africa e del Medio Oriente ha trovato o risposte drammaticamente inadeguate, o non- risposte o anche e troppo spesso risposte violente e xenofobe.
Possiamo dunque affermare:

1. Che l’Europa riceve un numero relativamente modesto di migranti se confrontato con i numeri riscontrabili in paesi extra europei. Gli Stati più poveri ospitano più rifugiati. La direttrice di Oxfam International (una confederazione di 18 organizzazioni che operano in 90 paesi), Winnie Byanyima, sottolinea come l’86 per cento dei rifugiati sia oggi ospitato in paesi a basso reddito, come il Libano o la Giordania e molti stati africani. “Almeno un terzo dei 24.5 milioni di rifugiati nel mondo, è ospitato nei paesi dell’Unione Africana”, sottolinea la Byanyma, “un’area che conta per appena il 2,9 per cento dell’economia globale”

2. Che l’Italia non accoglie un numero specialmente grande di migranti anche se deve confrontarsi con la resistenza e spesso la chiusura di alcuni paesi confinanti.

3. Che i tentativi timidi di promuovere una accoglienza equa sul piano geografico ha trovato resistenze e sabotaggi gravissimi non solo in troppi amministratori locali ma anche in comunità locali conquistate dalla chiamata all’allarme identitario e dalla deliranti paure connesse (basti pensari ai “nuovi eroi della Resistenza contro la dittatura dell’accoglienza” come sono stati definiti dalla Lega Nord i 4000 cittadini di Goro che hanno fatto barricate per bloccare l’invasione di 11 ragazze straniere).

4. Che l’informazione sulla questione dei migranti è insufficiente e spesso manipolata e mistificante: non vengono quasi mai forniti dati precisi e documentati ma piuttosto si forniscono statistiche imprecise, inventate, incongrue. La informazione sulle vigenti leggi della Repubblica è ignorata cosí come qualunque riferimento alle Convenzioni Internazionali.

5. Che si è promosso, ahimè con un discreto successo, un “allarme immigrazione” basato su paure e fantasmi e non su informazioni affidabili: si allude di continuoa ad un aumento della criminalità causato dai migranti che tuttavia è ben lungi dall’essere dimostrato, si paventa un rischio malattie, si agita lo spettro della competizione fra italiani e migranti nell’accesso al lavoro, si racconta di costi faranoici per la accoglienza ai migranti che nell’immaginario xenófobo si trastullano sul bordo di piscine holliwodiane bevendo costosi vini pagati dal povero contribuente italiano. Interessante osservare che piú le comunità locali sono state a contatto reale con fgruppi di migranti piú la tolleranza, la solidarietà e l’accoglienza sono aumentate e piú le comunità sono distanti dal problema piú fanno breccia paure e paranoie xenofobe.
I noti casi di generosa accoglienza di Lampedusa e di Riace in Calabria sono “casi” interessanti che mostrano che le comunità locali quando non invitate a esercitare la ferocia sono invece disponibili a esercitare la solidarietà.

6. Che le esperienze e le pratiche di accoglienza messe in atto da amministrazioni locali, da organizzazioni non governative senza fini di lucro, da singole comunità o famiglie sono molte di piú di quanto si crede e di quanto non si voglia far credere. La informazione prodiga di dettagli quando un migrante commette un reato è scarsamente interessata a raccontare di quando una famiglia di italiani o un piccolo comune o una organizzazione privata “commettono” un gesto di accoglienza e di solidarietà.

Valori e Diritti

Tuttavia non si tratta solamente di fare riferimento a “valori” comuni di umanità e solidarietà (termini forse un po’ vaghi e soprattutto a significato flessibile a seconda delle convenienze) ma si deve anche fare riferimento a elementi di diritto internazionale o derivati da molti accordi internazionali ratificati sotto l’egida delle Nazioni Unite. I “valori” infatti sono spesso relegati fra le virtù astratte che debbono essere enunciate ma possono essere tranquillamente ignorate. Gli accordi e le convenzioni realizzate sotto l’egida delle Nazioni Unite hanno, rispetto alla enunciazione retorica dei “valori” umanitari , almeno il vantaggio di essere più cogenti per i Governi dei paesi che li hanno ratificati: ad esempio la Convenzione sui rifugiati del 1951, le numerosi Convenzioni sui diritti umani e in generale il cosiddetto diritto umanitario.
Il 19 settembre 2016 tutti i rappresentanti dei governi che costituiscono le Nazioni Unite hanno approvato la Dichiarazione di New York sui Rifugiati e i Migranti. La Dichiarazione riconosce che migranti e rifugiati sfuggono alla guerra, la violenza, le persecuzioni, le violazioni sistematiche dei diritti umani, gli effetti avversi dei cambiamenti climatici, i disastri naturali, la povertà. Dunque la Dichiarazione di New York non “classifica” rifugiati e migranti creando pericolose categorie che “relativizzano” i diritti di accoglienza ma riconosce che qualunque siano i motivi che hanno originato la migrazione e la fuga, tutte queste persone godono di alcuni diritti fondamentali. Malgrado le numerose e giuste critiche alla Dichiarazione di New York ritenuta da molte organizzazioni non governative (Amnesty International, Médecins sans Frontières, Oxfam) come troppo vaga e troppo poco “costringente” e impegnativa per i governi (la Dichiarazione non è vincolante per nessuno degli stati firmatari). Tuttavia essa puó servire come testo di riferimento per comprendere la distanza abissale fra quanto i governi hanno accordato a New York e quanto in realtà fanno quando confrontati con i flussi di migranti e rifugiati: non dimentichiamo la vergognosa chiusura degli spazi europei realizzata grazie all’accordo UE-Turchia del marzo 2016. Nella Dichiarazione di New York gli Stati si assumono impegni quali la lotta contro lo sfruttamento, il razzismo e la xenofobia (ma questi impegni sono quotidianamente violati da molti Governi, come ad esempio l’Ungheria, o irrisi e disprezzati da molti politici con ambizioni di leadership nazionali come è il caso di Marine Le Pen in Francia e di Matteo Salvini in Italia. La Dichiarazione prevede inoltre il salvataggio delle persone in fuga; la garanzia di procedure di frontiera eque e in linea con il diritto internazionale. Altri impegni riguardano la promozione dell’istruzione per la prima infanzia, oltre che quella primaria e secondaria, e la creazione di sistemi per favorire l’accesso al reddito per i rifugiati e le comunità ospitanti. L’enfasi viene posta anche sull’aumento delle opportunità di reinsediamento o di altre forme di ammissione in paesi terzi.
L’ “allarme sulla emergenza migranti” non solo ha promosso e diffonde un linguaggio sempre piú feroce e violento nei social networks, nei media e nella política ma distorce i dati reali, enfatizza i problemi, semplifica le soluzioni populiste e nasconde le soluzioni sensate, ragionevoli, civili, umane.

Respingere la Ferocia, non i Migranti

Tutti coloro, e sono tantissimi, che non ci stanno ad accettare passivamente questa cultura della emergenza e della paura non sono uniti da una appartenenza a un partito politico o una ideologia o a una fede ma sono disuniti, dispersi e frammentati da motivazioni spesso eterogenee e comunque che non hanno trovato ancora slogan o bandiera. Le bandiere della xenofobia, della intolleranza, della paranoia sociale, dell’egoismo, della violenza verbale hanno un numero crescente di vessilliferi.
Ci aspetta un lavoro duro e un cammino lungo e periglioso se vogliamo deistituzionalizzare la cultura della emergenza e promuovere la cultura della accoglienza e della solidarietà.
Si tratta di compiere, come diceva Franco Basaglia, una « lunga marcia » attraverso le istituzioni, le legislazioni, le statistiche, le normative, le opportunità pubbliche e private.
Si tratta di contarsi e di organizzarsi per tornare a fare Politica.

Primo

Combattere la disinformazione. Raccogliere in forma sistematica e massiccia dati e informazioni :
• sui numeri reali della immigrazione
• sulle conseguenze, piú positive che negative, della immigrazione sul mercato della occupazione e sulle economie locali
• sui costi di reali della ospitalità e delle diverse tipologie possibili di accoglienza
• sui rischi reali di riapparizione di certe malattie (come la Tubercolosi) e sui rischi immaginari di un generico allarme di sanità pubblica,
• sui comportamenti, i bisogni , le difficoltà di integrazione sociale dei gruppi di migranti e rifugiati
• sulla relazione fra migrazione e criminalità
• sui diritti enunciati nelle legislazioni nazionali e internazionali esistenti

Abbiamo dunque urgente bisogno di creare un potente Centro di Contro-Informazione.

Secondo

Dobbiamo censire le buone pratiche di accoglienza per dimostrare che “si puó”, per descrivere “chi lo fa” (pubblico e/o privato), “quanto costa”, quali sono le “ricadute ricadute sul social capital” delle comunità locali, per intercettare, comprenderee denunciare i rischi di “mercantilizzazione” inerenti a ogni pratica di accoglienza.

Abbiamo dunque bisogno di creare un Osservatorio Sociale capace di leggere i fenomeni connessi alla immigrazione in chiave antropológica e psico-sociale.

Terzo

Dobbiamo promuovere un tavolo politico istituzionale che ci consenta di parlare con le istituzioni nazionali, regionali, provinciali, comunali e del territorio, con le organizzazioni sindacali, con le chiese, con il mondo del non profit, con le comunità locali.
Dobbiamo peró creare un nostro gruppo di portavoce di alto profilo, dotato di credibilità tecnica ed etica capace di interagire alla pari con la politica e con la società civile.

Abbiamo dunque bisogno di creare un Segretariato Nazionale per i Migranti e i Rifugiati.

Quarto

Dobbiamo “tornare nelle strade e nelle piazze”. Accomunati dalla parola d’ordine : “Accogliere Migranti e Rifugiati. Respingere Intolleranza e Ferocia”
dobbiamo fino da ora costruire un coordinamento nazionale per una iniziativa pubblica nazionale che porti in piazza un milione di cittadini non piú tardi di un anno da oggi che scrivo questo Editoriale (Novembre 2016) anche se esso sarà pubblicato solo nell’Aprile 2017. Dobbiamo costruire alleanze strategiche ma anche tattiche per dare forza a questo movimento nazionale da cui fare ripartire l’impegno politico di molti cittadini progressisti da troppo tempo silenziati e silenziosi.
Dunque nel Novembre del 2017 torneremo a fare Politica anche nelle piazze oramai disertate dalla sinistra e invece occupate dalle destre populiste e dalla compagine governativa.

Abbiamo dunque bisogno di creare un Coordinamento Nazionale “Accogliere Migranti e Rifugiati. Respingere Intolleranza e Ferocia”.

BIBLIOGRAFIA

  1. CESTIM — Centro Studi Immigrazione. Migranti e immigrati nel mondo a livello internazionale, nazionale e locale.Dati aggiornati CESTIM (a cura di Gloria Albertini). Verona, 2016.
    2. UNHCR. Global Trends. Forced displacement in 2015. UNHCR, Geneva 2016.
    3. Cortinovis R. Reshaping the External Dimension of EU Asylum Policy: the Difficult Quest for a Comprehensive Approach. Fondazione ISMU. Milano, 2017.
    4. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Pontificio Consiglio Cor Unum. Accogliere Cristo nei Rifugiati e nelle Persone Forzatamente Sradicate. Orientamenti Pastorali. Città del Vaticano, 2013.
    5. Centro Sociale Autogestito Pací Paciana. La Lega di Salvini e i Profughi. Fra populismo e strane alleanze. c.s.a. Pací Paciana.

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