Nuvola Italiana

Luca Silenzi
spacelab
Published in
4 min readJan 14, 2014
Nuvola

La nuvola, non la sente più sua.

Fuksas, dico. Avete presente, no? La Nuvola di Fuksas: una nuvoletta sbarazzina nata così, di getto. Un tratto di pennarello su un vetro, ad inseguire l’effimero contorno di una massa di vapore acqueo sospesa nel blu. Ricordate la pubblicità di quell’auto francese, qualche anno fa? Co-protagonista insieme all’architetto e all’auto era la Nuvola, la Nuvola di Fuksas: sì, immortalata sul parabrezza dal nostro, mentre guidava. Provate a farlo voi, se non siete Fuksas. Vediamo cosa riuscite ad immortalare sul parabrezza con un pennarello, abbandonando con le mani il volante, in preda all’Ispirazione.

Una nuvola ormai orfana, lasciata così: un coito interrotto ai preliminari, al centro del’Eur. Colpa del destino, cinico e baro come da copione. Anzi, peggio: colpa dell’Italia, di un Paese intero ingrato con i suoi Figli più meritevoli. Colpa della Politica Italiana, della Ka$ta che non capisce il Bello. Che non merita nulla (ah, i costi sconsiderati della Politica!), figuriamoci l’Assoluto.

Una nuvola. Anzi, di più: una Nuvola in una Teca di cristallo. L’Effimero sospeso, fissato, imprigionato in un attimo infinito. Nella Città Eterna. Che bellezza.

Di Bellezza si tratta, indubbiamente. Infatti l’aveva vinto, il concorso, Fuksas. Diamine, se lo aveva vinto. E che progetto! Un’intera giuria — presidente tal Norman Foster… — con la mascella slogata, a bocca aperta di fronte allo spettacolo dell’Architettura di Qualità. Wow…. La Nuvola. La Teca. La Lama.

E invece.

“Impossibile lavorare in Italia”. Certo, come dargli torto.
Uno dei problemi insormontabili di questo Paese è quella cosa ambigua, insidiosa e sottilmente invadente con cui tutti dobbiamo convivere. No, non sto citando Lunardi, per chi se lo ricorda. Che avete capito. Parlo della forza di gravità. Perché qua in Italia non puoi disegnare una Nuvola di 3.500mq sospesa all’interno di una Teca trasparente di 10.000mq senza incorrere nei lacci e lacciuoli della Tecnica delle Costruzioni e della Normativa Antisismica, discipline infide che soverchiano il progetto e ti costringono a rispettare parametri di sicurezza e sezioni resistenti assolutamente fuori luogo. Per cui, in Italia, per sostenere dei carichi (carichi? ma quanto può pesare una Nuvola?) ti vedi costretto ad aggiungere — dio ci perdoni — antiestetici sostegni con l’ingrato compito di scaricare i pesi al terreno. E così — orrore! — dell’etereo tratto del concept iniziale non resta che un vago ricordo, costretto e imprigionato nelle armature metalliche di spesse travi calandrate a disegno, obbligate a seguire strutturalmente gli arabeschi della free-form. Che ormai è una patata opaca, irriconoscibile, pesantemente seduta su pilotis sghembi. Dentro una scatola — pardon, Teca — anonima e greve.

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L’altro problema, tutto italiano certo, è quello della — noiosissima, non vi dico! — sostenibilità economica dei progetti, e della loro coerenza rispetto alle premesse con le quali si è vinta una gara. I materiali costano, e in Italia costano ancor di più, vedi poi quando non erano minimamente previsti nel progetto preliminare, da cui l’estenuante aggiustamento — al rialzo, per cui ancor più faticoso per un architetto-artista-poeta poco incline alle fredde logiche dei numeri — degli importi d’opera. Meglio andare all’Estero, piuttosto. Meglio lasciare l’opera a metà. Provate a finirla voi, se ne siete capaci, Italici Politici Ignoranti che nel frattempo siete cambiati — ehi, dove sono queglialtri? — e che non Credete Più nel Sogno dell’Architettura, che è anche Arte, o Poesia. O almeno non ci avete creduto abbastanza da coprire per intero la voragine residua per completare la costruzione (170 milioni di Euro, magari bastassero), ma soltanto una parte (100 milioni tondi) con la Legge di Stabilità, pagata da tutti i 60 milioni di Italiani. Che non capiscono nulla di Architettura. E che si limitano a finanziare l’Arte solo con un palliativo, una toppa irricevibile. Ahi, Italia.

E che nessuno, Nessuno si sogni di insinuare che non si aveva la più pallida idea, fin da subito, di come tenere in piedi questa Cosa. O peggio che i costi non siano sottocontrollo. No. E poi l’Arte, la Poesia non badano a spese. Sono incommensurabili. Corteggiano l’Infinito, per cui trovatevi contenti se siamo riusciti a chiudere il tetto della Teca.

Ma ora Basta. Siamo stanchi. All’Estero è tutta un’altra cosa. All’Estero si riesce a lavorare, che diamine. Mentre qua, ahiNoi, in questo misero Paese che non Ci merita, è la politica — La Brutta Politica, brutta brutta — che non vuole, non sa apprezzare, anzi non capisce proprio la Bellezza.

“Non c’è più Poesia”. Per cui au revoir. Anzi, adieu. Sipario. Dissolvenza in nero.

(fermatelo, vi prego. Che non lasci l’Italia. E magari, chi può, gli faccia qualche domanda un poco più precisa la prossima volta. A lui e a chi gli ha permesso di fare questa cosa senza senso da 300 milioni di euro)

(Ah, a proposito di Nuvola e di Leggerezza, questa è più o meno coeva — 2002 — è costata 7,5mln €, è stata realizzata perfettamente in budget e in molti sensi dà una grande lezione di stile al nostro: )

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Luca Silenzi
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