La fabbrica delle velleità

unvoltonellafolla
spagliati
Published in
3 min readDec 12, 2021

Sai, temo di essere una persona patetica.

Mi accorgo di passare ore a fantasticare sul grande romanzo che scriverò: alle risposte che darò al Times, a come i drammi della mia vita diverranno imbellettamenti drammatici del quale sorridere con superficialità.

Passo ore e ore a girare attorno alla stanza; vado in cucina, mi faccio un drink: dicevi? Ah, sì! Alle medie la mia professoressa disse che non avevo alcuna immaginazione.

Eheh immagino si sbagliasse.

Il primo libro fu rifiutato da ogni singola casa editrice, non c’è mercato, troppo sperimentale dissero. E due anni dopo il Pulitzer! Nah, non lo avrei mai detto: a quei tempi tutto ciò che volevo era qualcuno disposto a leggere ciò che scrivevo e a perdersi con me (e riuscire a pagare le bollette senza dovermi spaccare ogni giorno in friggitoria).

È ancora così.

Sì, è ancora così. Simulo intere discussioni che non avrò mai e non capisco se questo sia un palliativo, una droga che sazi la mia ambizione salvaguardandomi da ogni pericolo. Ho creato, all’interno di me, una versione della mia vita nella quale ho il controllo della sceneggiatura – alacremente lavoro a questa produzione.

Mi chiedo se questo segreto sia comune.

Se il tipo davanti a me alla cassa sogna di ricevere il Pulitzer… la fabbrica delle velleità è di mia esclusiva proprietà? Forse saperlo mi farebbe sentire meno patetico. Più comune – e di nuovo sentirei il bisogno di dissociarmi e trasformare la mia vita in una tappa “simpatica” (e breve) d’un percorso costellato di successi.

Il primo film? Sai, il fatto è questo. È molto semplice. Sai ho sempre pensato che un film non sia altro che narrazione.

Quindi mi sono detto, perché no? E allora l’ho fatto.

Il montaggio è tutto, è dove si costruscire la storia. La gente pensa sia nella recitazione ma la recitazione non è questione di narrativa. È più… effimera! È riuscire a non sembrare idioti per il tempo di un ciak…ma la storia ed il senso, vuoi il montaggio per quelli, è lì il linguaggio.

Cosa intendo per linguaggio?

È la mia teoria, solitamente non ne parlo… sai è roba da college, a chi interessa alla fine? Ma diciamo che per me esistono tre linguaggi: strutturale, descrittivo ed estetico. Vedi, l’editing è il linguaggio strutturale, l’architettura della storia. La recitazione e la regia quello descrittivo, infine, la fotografia quello estetico. Il rapporto tra questi è di stretta connessione e questo vale nel cinema come nella scrittura… come ti ho detto Bobby, roba da college!

Mi sento meglio dopo aver dato interviste a tutti i giornali più importanti della Nazione. Mi rilassa. Una mia amica brillante una volta mi ha suggerito di darmi alla radio, che avrei dovuto dire tutto questo in radio, che è fenomenale.

Ma non lo capisci? È riuscire a dirlo la cosa incredibile. Tu te ne entri in una sala buia con un paio di microfoni e racconti di quanto la tua vita sia un fallimento e della realtà virtuale che hai costruito dentro. È un successo garantito ti dico. Non si può non amare una cosa del genere.

Devi solo parlare e dire la verità. Nessuno dice la verità. Dire la verità lacera e tu sei già a brandelli, quindi puoi dirla senza temere ritorsioni e senza essere una lagna.

Domani alle 18 ho la prima puntata, il pilot. Questo successo mi nausea già.

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